Varie, 7 marzo 2002
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Vance Cyrus
• Clarksburg (Stati Uniti) 27 marzo 1917, New York (Stati Uniti) 12 gennaio 2002. Politico. Padre di Cyrus Vance jr. (vedi jr.) • «Segretario di Stato protagonista nel 1979 dei negoziati di Camp David a fianco del presidente Jimmy Carter, da cui però si allontanò volontariamente l´anno seguente dopo il fallimento del raid per il salvataggio degli ostaggi americani prigionieri dei pasdaran di Khomeini nell´ambasciata Usa di Teheran. Nato in una famiglia dell´élite bianca e anglosassone, tenente di Marina durante la Seconda Guerra Mondiale e avvocato di rango a New York, quando Carter lo chiamò al Dipartimento di Stato nel 1978 volle subito distinguersi per essere un uomo di principi, buone maniere e basso profilo, al punto da parlare a bassa voce con i propri collaboratori. ‘Siamo nati e cresciuti in famiglie dove ci hanno insegnato che eravamo stati fortunati - suoleva ripetere - e che avevamo quindi la responsabilità di restituire al prossimo ciò che avevano ricevuto in termini di educazione e conoscenza’. Durante i negoziati di Camp David, che portarono nel 1979 alla storica pace fra l´Egitto di Anwar Sadat e l´Israele di Menahem Begin, Vance fu la spalla di Carter, sviluppando un buon rapporto personale con il ministro degli Esteri israeliano, Moshe Dayan. La pace era per Vance un valore assoluto e amava ripeterlo spesso, nel desiderio di distinguersi sia dal precedessore Henry Kissinger che dal rivale Zbignew Brzezinski, capo del Consiglio di Sicurezza nazionale nell´Amministrazione Carter. Proprio quest´approccio morale alla politica estera lo portò a dimettersi in occasione del tentativo di liberare i 444 americani detenuti nell´ambasciata Usa di Teheran. Vance si era detto contrario al tentativo di blitz sin dall´inizio e all´indomani del fallimento - che causò la morte di otto militari americani in un incidente nel deserto fra un elicottero e un aereo da trasporto - divenne il secondo segretario di Stato della storia a lasciare volontariamente il proprio posto. Non è forse un caso che prima di lui l´unico a farlo fosse stato William Jennings Bryan, un altro fervente pacifista, contrario nel 1915 alle scelte del presidente Woodrow Wilson che avrebbero portato gli Stati Uniti a entrare nella Prima Guerra Mondiale. Dopo aver lasciato l´Amministrazione, Vance rincarò la dose nei confronti di Carter e dichiarò, durante una conferenza all´Asia Society di New York, che invece del raid sarebbe stato meglio ‘fare la pace’ con l´Iran dell´ayatollah Khomeini. Il giudizio che Brzezinski ha dato su Vance nel suo libro Potere e Principio è severo: ‘Un appartenente alla professione legale e all´élite anglosassone una volta dominante, costantemente mosso da principi e valori in declino non solo nella politica americana ma soprattutto nell´area internazionale’. Brzezinski rimproverava a Vance un approccio troppo conciliante con l´Unione Sovietica. ‘L´attitudine dominante era quella di accettare le posizioni dell´Urss sulle questioni internazionali - ha osservato lo storico Norman Graebner dell´Università della Virginia sul ‘New York Times’ - e di considerare genuina la genesi dei moti rivoluzionari nel Terzo Mondo, spingendo l´America a convivere con queste realtà’. Questa linea di Vance mise gli Stati Uniti sulla difensiva: l´Amministrazione Carter fu incalzata dalla caduta dello Scià in Iran e di Somoza in Nicaragua, dall´arrivo di una brigata sovietica a Cuba, dalla crisi degli ostaggi a Teheran e dall´entrata dell´Armata Rossa in Afghanistan. Lasciata Washington, Vance continuò negli anni Ottanta e Novanta a contribuire agli sforzi di pace ovunque gli fosse richiesto: dalla crisi nel Nagorno-Karabakh fra azeri ed armeni al Sud Africa, fino all´ex-Jugoslavia, dove su mandato del Segretario generale dell´Onu Perez de Cuellar riuscì a negoziare un cessate il fuoco in Croazia che consentì all´Onu di disarmare le milizie. Fallì invece nel tentativo di fermare con i negoziati la strategia del presidente serbo Slobodan Milosevic di trascinare i Balcani in guerra. Ironia della sorte ha voluto che i suoi successi diplomatici siano stati frutto dell´applicazione del metodo della ‘diplomazia della navetta’, che era stato inaugurato proprio da chi non avrebbe mai voluto imitare: Henry Kissinger» (m. mp., “La Stampa” 14/1/2002).