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 2002  marzo 07 Giovedì calendario

VANZINA

VANZINA Carlo Roma 13 marzo 1951. Regista e sceneggiatore • «[...] scuola francese: ”Mia madre Maria Teresa ci teneva. Era figlia di un ferroviere, lavorava al ministero degli Esteri, era affascinata dai diplomatici: d’estate ci mandava a studiare inglese in Svizzera, sperava che Enrico ed io diventassimo dei grandi ambasciatori. Ci proponeva tutte fidanzatine col filo di perle e sognava che sposassimo una contessina o, ancora meglio, una principessina. E invece, mi sono sempre piaciute quelle vistose, biondissime, appariscenti, proprio come le attrici”. Papà Steno, grandissimo imitatore di Mussolini, autore di satira sul Marc’Aurelio, la rivista che faceva la fronda al regime e fu la palestra di tutti i grandi autori del dopoguerra, era stato antifascista e fu costretto a scappare a Napoli, insieme a Dino De Laurentiis, per sfuggire all’arresto (la sua storia, raccontata in un diario pubblicato postumo, è stata pubblicata nella raccolta Sotto le stelle del ”44). Steno, diversamente da tutti i suoi colleghi, ha fatto il padre sul serio: adorava i figli e li portava con sé ovunque. ” stata la nostra fortuna, siamo venuti su in fretta, ascoltavamo a bocca aperta i discorsi dei grandi, frequentavamo il set, incontravamo Sergio Corbucci e Sergio Leone, ricordo la via Veneto di Flaiano, De Feo e Talarico, pensa che dopocena anche noi piccoli eravamo ammessi alle chiacchiere al bar Doney, il mio soprannome era ”il Patti del Duemila’, avevano fatto i conti che avrei avuto l’età dello scrittore Ercole Patti, allora quarantanovenne, alla fine del millennio. Forse, siamo diventati come dei vecchi giovani, sempre a cena con Mario Camerini, Mario Monicelli, Suso Cecchi D’Amico, Alberto Sordi. Papà era un superantifascista, anticomunista, un mangiapreti, detestava e ridicolizzava i democristiani. Il suo leader politico era Giovanni Malagodi: ha sempre votato per i liberali. Uno dei pochi, gli altri erano socialisti, tutti per Nenni: da Carlo Ponti a Monicelli, da Scarpelli a Scola, a Camerini… Anche io, come primi partiti avevo scelto il Pri e il Psi. Quando arrivò Bettino Craxi, gli amici di papà si spostarono a sinistra e io cominciai a votare per Pannella e la Bonino: mi piaceva la loro battaglia per gli spinelli liber”. Carlo debutta come aiuto regista di Monicelli nel secondo Brancaleone, poi lo segue in Romanzo popolare e in Amici miei. Intanto, scrive soggetti per divertimento. ”Il mio primo, mai realizzato, era ambientato a Cortina, dove andavamo in vacanza un mese d’estate e a Natale. La storia era prima divertente, poi tragica. Per sbaglio, mentre erano diretti negli Stati Uniti, i russi invadono l’Italia – era la grande paura degli anni Sessanta – e tutti i beceroni in vacanza sulle Dolomiti fuggono di corsa su un treno. La destinazione era ignota, loro salgono con le pellicce, le valigie, i gioielli, le tate, i pupi. Dopo poco, iniziano a litigare: alla fine, si uccidono tutti fra di loro”. Un cinema severo con la borghesia, durissimo con le mode e con le debolezze dei Vip veri o presunti, può essere anche un cinema politico? Secondo Carlo Vanzina, ”assolutamente sì. Ci hanno confinati in serie B per anni, ne abbiamo sofferto, poi finalmente siamo stati sdoganati: abbiamo contribuito a fissare per sempre l’immagine di una certa società italiana, lo capì per primo il critico di ”Repubblica’ Paolo D’Agostini. Ma chi ha ridicolizzato gli yuppies, quei quattro zozzoni che litigavano al ristorante al momento del conto? E i nobili, le finte bionde, la mania della palestra, i circoli come sedi di affari? Per un lunghissimo periodo, è stata dura: più i nostri film guadagnavano miliardi, più ci confinavano nel trash, nella volgarità. Adesso che è finita, ora che tutti ci celebrano, devo ringraziare un innamorato del cinema, l’unico comunista di cui mi fido e per il quale ho votato: Walter Veltroni. Anche lui ci ha sempre apprezzato, rideva alle nostre battute, ai nostri giochi di parole sui cognomi romani, come ha fatto sempre anche il sindaco di prima, Rutelli, quasi un figlio mancato del nostro adorato Alberto Sordi. E, naturalmente, Berlusconi: un nostro grande ammiratore. E un sostenitore, grazie ai diritti d’antenna, di tutto il cinema italiano. Vedi, mi fa rabbia vedere che i registi che lo disprezzano, come Ettore Scola e tanti altri, poi si fanno produrre dalla sua Medusa. Che ipocriti”. Anche il presidente Carlo Azeglio Ciampi ride alle vanzinate: ”Andai al Quirinale alla proiezione de Il pranzo della domenica, perfetta storia in par condicio fra il comunista e il fascista. Fu molto affettuoso, si divertì. Ciampi è un italiano solido, che merita fiducia, rispetto. [...] Ho due problemi, speriamo che Dio mi capisca: non sopporto le suore e faccio fatica a confessarmi. Una volta, un sacerdote mi chiese in che posizione facevo l’amore, mi alzai e me ne andai subito. Che dici? ora che riprovi?” [...]» (Barbara Palombelli, ”Corriere della Sera” 11/6/2005).