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 2002  marzo 07 Giovedì calendario

VASSALLI

VASSALLI Sebastiano Genova 25 ottobre 1941. Scrittore • «[...] vive nel silenzio di una ex canonica della pianura padana, a non molti chilometri da Casale Monferrato [...] ”Nella prima pagina di Chimera sostenevo che il presente non si può più raccontare perché questo significa per un narratore di oggi sfidare i ”media” sul loro stesso terreno. Il presente, in altri termini, si racconta da solo attraverso i giornali e la televisione. Ecco perché [...] ho cercato di capire il qui e ora, di testimoniarlo attraverso grandi storie del passato. Adesso ho modificato questo mio giudizio [...] Il presente lo si può raccontare a una sola condizione: trattandolo cioè come se fosse defunto e facendogli l’autopsia. Ci si deve lavorare, insomma, come ho lavorato, a suo tempo, sulla Roma di Augusto”» (Antonio Debenedetti, ”Sette” n. 43/2000) • «[...] ”Il compito dello scrittore sarebbe quello di riflettere su tempi lunghi, già ben sapendo che nessuno lo ascolterà, come accadde a Leopardi. Il fatto è che la filosofia del Settecento ha prodotto la grande narrativa dell’Ottocento, che è entrata in crisi nel secolo scorso e ora sta diventando afasia o ripetizione. Ci manca il carburante, che sono le mitologie alternative. Certo, concentrarsi su Berlusconi è una faccenda da condominio” [...] Nella biografia di Vassalli c’è un fulmineo contatto con la politica-politica. Siamo nel ”92 e il Pci di Novara, ridotto a poca cosa, decide di allearsi con repubblicani e Rete: ”Era difficile trovare un candidato al di sopra, o al di sotto, di ogni sospetto e proposero a me. Ci pensai e risposi no grazie. Un mestiere ce l’avevo già e ce l’ho ancora adesso: raccontare storie. Sono più attratto dal raccontarle che dal viverle”. C’è chi le ha vissute e le ha raccontate: ”Gli ultimi scrittori importanti sono quelli che hanno vissuto lo straordinario evento della guerra, che hanno avuto l’illusione di qualcosa di fondamentale di cui parlare. Il Calvino davvero interessante è il primo, fino alla Giornata di uno scrutatore. La grande letteratura nasce dallo scontro violento tra bene e male che si era materializzato in modo così corposo con la guerra: Levi, Fenoglio, Calvino... Dopo, come è arrivato tardi il miserello sviluppo industriale italiano è arrivato tardi anche chi ha pensato di raccontarlo e alla fine non è rimasto nulla che meriti di essere ricordato. Sciascia ha narrato la dimensione sommersa della Sicilia, però all’epoca del processo Notarbartolo tutto ciò che poteva essere raccontato sulla mafia era già stato detto. Sciascia l’ha solo riportato a galla [...] Il fatto è che siamo nati e vissuti in un’epoca sbagliata per la letteratura. L’avamposto della modernità sono ancora Joyce, Proust, Kafka, Musil, Gadda. Arbasino non ha tutti i torti. Siamo ancora qui a rimpiangere quei grandi scrittori del secolo scorso, non siamo riusciti a creare un’altra modernità. Forse è stata la realtà a impedircelo [...] Certo, Pasolini ci ha creduto. Fu portatore di una sua disperata vitalità che buttò in faccia al mondo con posizioni umorali e personalissime. Ma a quale prezzo e con che risultati?” [...] Che cosa resta da fare allo scrittore oggi? ”Può fare come il giapponese sull’atollo del Pacifico che non sa che la guerra è finita oppure cercare di interpretare questa realtà, rivisitando le storie del passato per andare a cercarne le radici. A me è capitato di farlo”» (Paolo Di Stefano, ”Corriere della Sera” 3/8/2005).