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 2002  marzo 07 Giovedì calendario

VATTIMO

VATTIMO Gianni Torino 4 gennaio 1936. Filosofo. Dopo gli studi nella sua città e all’università di Heidelberg (con Gadamer e Loewith), ha insegnato in atenei italiani e, come visiting professor, in varie università dell’Europa, degli Stati Uniti e del Sud America. Dirige la ”Rivista di Estetica” e, con Jacques Derrida, L’annuario filosofico europeo. Autore di numerosi saggi, collabora con il quotidiano ”La Stampa”. Europarlamentare dell’Idv • «Filosofo del pensiero debole. Allievo prediletto del filosofo cattolico Luigi Pareyson, sale in cattedra nel 1968, ma abbandona giacca e cravatta per vestire casual e scoprire il beneficio del permissivismo. Da allora tenta, con alterni successi e in sedi varie, di combinare il nichilismo nicciano-heideggeriano col messaggio cristiano, e conciliare il cristianesimo creaturale, professato in gioventù, con l’universo secolarizzato della tarda modernità, dove i diritti dell’uomo, la tolleranza, la permissività, vengono secondo lui a ”trascrivere” la rivelazione cristiana, essendo ormai l’Incarnazione, secondo lui, non più il segno del mistero, la via della verità che entra nella storia, ma semplice ideologia, valori, religione universale, poesia senza drammi. Imperativo etico, non parola: norma di comportamento, non dogma: compassione, non verità rivelata. Proclive a entrare in rotta di collisione con i cattolici militanti, alterna con sagacia la polemica contro gli integralisti timorati di Dio, come Renato Farina, a quella contro i libertari dionisiaci, come Aldo Busi. Ama soprattutto Torino, il liceo D’Azeglio, il busto di Norberto Bobbio, le comparsate in tv, i gatti. Salvo poi pentirsene (non dei gatti). Augusto Del Noce nutriva dubbi: ”Questo Vattimo ci fa o ci è?”. Come dire, è socratico o è platonico?» (Pietrangelo Buttafuoco, ”Dizionario dei nuovi illustri e meschini” 31/10/1998). «’Sono cresciuto nell’Azione Cattolica. Ho fatto la campagna elettorale del ”53 per la Dc, accompagnavo le vecchiette ai seggi. Quando ci siamo ritrovati nell’Ulivo a Gargonza, con Eco e Prodi abbiamo cantato le nostre vecchie canzoni: ”Bianco Padre che da Roma/ ci sei luce, meta e guida/ su ciascun di noi confida...’. Ho sempre avuto a che fare con i preti. Ebbene: non uno, dico uno! che abbia allungato le mani. Nessuno mi voleva. Un’indecenza!”. Gianni Vattimo è una delle intelligenze più brillanti d’Italia. ”Diciamocelo: sono più intelligente di Eco. Lui però è più versatile”. Polymekanos , come Ulisse: più furbo. Forse lo pensava anche Luigi Pareyson, il loro maestro, ferreo cattolico che nonostante la dolorosa scoperta dell’omosessualità dell’allievo prediletto volle lasciargli la cattedra di Estetica a Torino, esiliando Eco a Milano. ”O forse no. Pareyson riteneva Umberto più intelligente di me. Però non lo considerava fedele, costante. Si lamentava perché non gli aveva mandato neanche un biglietto per Natale. E io gli spiegavo: non è per trascuratezza, è che Eco ritiene banale scrivere cose tipo: porgo i migliori auguri... Dev’essere andata così anche in politica”. Vattimo rimprovera a Eco, di cui parla con ironia affettuosa, una sorta di diserzione di fronte al nemico, cioè Berlusconi. ”Vorrei Umberto in campo, al mio fianco. Lui invece riduce il mondo a ironia, a calembour. A questo punto, meglio monsignor Caffarra, che almeno crede nell’esistenza di una realtà, di una causa. Io per la causa non ho esitato a sacrificare un occhio della testa”. [...] era stato conteso tra Prodi e Veltroni e, alla fine, eletto con i Ds. Poi hanno subito litigato. Non per questioni filosofiche, ”per soldi. La federazione torinese mi chiedeva 500 euro al mese. Già ne dovevo versare 1.700 al partito di Roma. Ho detto no”. Non ha giovato l’alleanza con Cofferati e la frase detta a un girotondo ”dobbiamo rottamare D’Alema”. Anche del sindaco Chiamparino è grande estimatore: ”Uno stalinista”. Così, uno come Vattimo che ha scritto libri con Derrida, che compare nei dizionari francesi subito prima di Voltaire, che con Gadamer ha diviso studi (Heidelberg 1959) e una bottiglia di Calvados nel giorno del centesimo compleanno del maestro, ha dovuto cedere il seggio europeo ds a Mercedes Bresso, presidente della Provincia. [...] Respinto Di Pietro, ha detto sì ai Comunisti italiani: capolista dopo Cossutta nel Nord-Ovest. Eppure la politica gli serbava altri sfregi. Lui che nel novembre 1961 aveva tenuto la sua prima conferenza, qui in via Po, sul tema non agevole ”il Nietzsche di Heidegger”, avendo in prima fila (’Eco era in quarta o quinta”) Bobbio, Viano, Rossi, Abbagnano, Geymonat, Chiodi, Guzzo, Mazzantini, Michele Pellegrino futuro arcivescovo e Pareyson, insomma la Filosofia, deve ora affrontare la concorrenza sleale di Marco Rizzo (’I suoi manifesti sono ovunque, i miei sono sempre appena partiti o non ancora arrivati”), che in via Po è ricordato solo dalla storica scritta risalente ai giorni del Kosovo: ”Rizzo pelato/ servo della Nato”. Vattimo ha 68 anni e tutti i capelli. Mancava solo il coming-out di Cecchi Paone. ”Sto pensando di fingermi etero, circondarmi di donne. Mi vergogno di essere omosessuale come Cecchi Paone. L’altro giorno eravamo insieme a un dibattito tv. Lui è stato intellettualmente dominato da Borghezio. Non è che basta essere gay per essere intelligenti”. Vattimo cercarono di cambiarlo in tutti i modi. ”Mi mandarono dallo psichiatra, poi dalla psicanalista, che venne ad aprirmi la porta con un dobermann al guinzaglio. Poi mi presentarono una bellissima ragazza di una famiglia tra le più ricche di Torino. Le volevo bene, pensavo che una donna altoborghese avrebbe potuto sposare un gay. Ma il padre prese informazioni su di me in questura. Finì”. L’outing glielo fece nel ”76 il padre del movimento gay italiano, Angelo Pezzana, che ha la libreria a cento metri da qui: ”Scoprii dalla ”Stampa’ di essere candidato radicale in quota Fuori, Fronte unitario omosessuali rivoluzionari. Mia sorella nascose il giornale a mia madre”. Pareyson sapeva già tutto, ”gli avevo presentato Giampiero, il mio compagno, quello nel portaritratto sul comò. Morto di Aids. Poi è venuto Sergio. Ucciso dal cancro. Ho avuto una vita sentimentale tragica” dice Vattimo con un sorriso amaro. Ora vive solo. ”Ho un fidanzato cubista”. A chi gli rimprovera la conversione tardiva al comunismo risponde di aver ricevuto la tessera onoraria della Fgci da Pajetta nel 1958: ”Ero rimasto cattolico, come in fondo sono tuttora, ma mi ero già buttato a sinistra. Mi arrestarono ai cancelli di Mirafiori mentre leggevo il Vangelo al megafono: beati gli ultimi perché saranno i primi...”. Una sterzata ulteriore venne con il ”68: ”Entrai in ospedale per un’ulcera. Passai tre mesi a leggere Axelos e Marcuse. Ne uscii maoista. Per Pareyson fu un altro colpo durissimo. Eppure continuò a volere me al suo fianco, non Eco”. La campagna per le Europee è l’occasione per ritrovare la Torino popolare da cui proviene, lui figlio di un poliziotto calabrese morto prima della guerra e di una sarta. Vattimo è uno che frequenta casa Agnelli e le case Gescal di via Biglieri, dove [...] ha portato Fausto Amodei e le canzoni dei Cantacronache, testi di Calvino, Straniero, Liberovici, Fortini ed Eco (’Il più bruttarello: tuppe tuppe colonnello/ compreremo un campicello/ entro un anno sarà pronto/ un bellissimo aeroporto. Mah”). Con gli elettori parla dialetto piemontese e calabrese e distribuisce santini con una citazione di Keynes: ”La Repubblica dei miei sogni si colloca all’estrema sinistra della volta celeste” [...]» (Aldo Cazzullo, ”Corriere della Sera” 7/6/2004).