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 2002  marzo 07 Giovedì calendario

VENIER

VENIER Mara Venezia 20 ottobre 1952. Conduttrice tv • «Arrivata a Roma [...] conobbi persone introdotte nel mondo della moda, tra le quali Roberto Capucci, che mi volle come modella [...] Lavoravo come una pazza. Foto e sfilate, sfilate e foto. [...] A me del cinema non importava niente [...] avevo aperto un negozio di abiti usati a Campo de’ Fiori, e quello era per me il vero lavoro [...] Dopo aver fatto film con un’emozione in più, film poveri, non pagati, ma ”di ricerca”, girati tra amici, ma che poi venivano premiati ai Festival, e a me si attribuiva un po’ la parte di ”eroina” di questo tipo di film, Nanny Loy mi propose un film leggero, una commedia con Nino Manfredi, in cui io avevo il ruolo di una procace signorina, insomma, una ”bonazza”. Il titolo del film era Testa o Croce [...] grandi ambizioni professionali non ne ho mai avute. Ho sempre lavorato per guadagnarmi la vita [...] Una mattina lessi sul ”Corriere della Sera” che Giurato diceva: ”Mi piacerebbe avere anche Mara Venier nella trasmissione” [...] fu Monica Vitti che caldeggiò di più la mia partecipazione alla mia prima Domenica in [...] finii per essere un po’ il filo conduttore della trasmissione. Mi pagavano quattro milioni a puntata [...]» (Elsa Martinelli, ”Chi” 5/9/2001). «Io non so fare ”la conduttrice”. Sono una persona curiosa dotata di ironia, che fa qualche gaffe. In certi casi ho esagerato, la maglietta, le battutacce… Quando faccio le interviste e ho una curiosità non la tengo per me, ma non metterei mai in difficoltà un ospite. Quelli che scavano nella vita degli altri senza pudore e li mettono in imbarazzo, io li odio […] Ho trovato il mio equilibrio. Sono sempre stata un’inquieta, quando hai successo pensi di conquistare il mondo. Ma sto meglio oggi di quando avevo quarant’anni» (Silvia Fumarola, ”la Repubblica” 26/8/2002). «Ho commesso errori. Negli anni del successo di Domenica in mi sono ubriacata di lavoro [...] Sono figlia di un ferroviere, di soldi fino a 40 anni non ne ho mai avuti, per tirare avanti con i miei figli vendevo abiti usati [...]» (Maria Latella, ”Sette” n. 15/1999).