Varie, 7 marzo 2002
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Venter Craig
• Salt Lake City (Stati Uniti) 14 ottobre 1946. Scienziato. Presidente della Celera Genomics. Nel 2000 annunciò di avere tracciato per primo la mappa del genoma umano studiando il Dna di molti donatori (poi si seppe che aveva studiato il suo). Il 20 maggio 2010 annunciò la creazione della prima ”vita artificiale” (un batterio composto da una cellula sola da lui battezzato Mycoplasma laboratorium) • «[...] Nato a Salt Lake City (la città dello Utah, capitale dei mormoni) [...] californiano d’azione, è stato surfista, infermiere nella guerra del Vietnam [...] suo padre, dopo una vita da mormone, è stato scomunicato per avere ignorato norme così fondamentali come la proibizione di fumare o di bere caffè. Adolescente a San Francisco, Venter ha superato gli studi preuniversitari con più difficoltà che successi. Voleva dedicarsi al nuoto e non ascoltava nessuno. Cominciò a rendersi conto della potenza dei suoi neuroni quando, presentatosi agli esami di reclutamento per la guerra del Vietnam, li superò con il miglior voto tra tutti i candidat: niente male se si tiene conto che in tutto erano 35.000, molti dei quali universitari con studi completi. Sua moglie - una stimata biologa molecolare - dice che il Vietnam ha insegnato a Craig il valore del tempo: ”Lo ha segnato soprattutto l’idea che il tempo è prezioso, che si deve approfittare di ogni singolo minuto di ogni singolo giorno”. Di ritorno dal Vietnam, nel 1968, Venter affrontò gli studi universitari come se fossero una parata militare. La sua brillantezza gli permise di venire subito reclutato al dipartimento neurologico dell’Istituo Nazionale della Salute. Lì lavorò a una ricerca mirata alla localizzazione e decodificazione di un gene apparentemente collegato alla produzione di adrenalina nel cervello. Ma Venter non sopportava la lentezza (di qui il nome Celera, dal latino ”veloce”). Nel 1988 conobbe Michael Hunkapiller, che aveva brevettato un macchinario capace di realizzare analisi genetiche attraverso la tecnologia laser. Tornò in California innamorato del prototipo, ma non riuscì convincere i suoi superiori che l’impresa valeva la spesa. Non si sa come, con quali soldi o in cambio di che cosa, Venter entrò in possesso di uno di questi macchinari prodigiosi (anche se ridicolo se messo a confronto con queli attuali). Un anno dopo aveva già scritto le prime 100.000 lettere del genoma umano, Non c’era male, ma proseguendo con questo ritmo ci avrebbe messo 81.000 anni per completare la sequenza. [...] A Venter mancavano soldi e tecnologia. I primi 70 milioni di dollari gli erano stati finanziati da un’impresa biotecnologica che si aspettava di recuperarli, a breve termine, attraverso i brevetti sulle scoperte. Li investì per comprare altri macchinari per la sua neonata impresa, The Institute for Genomic Research o TIGR, nome, quest’ultimo, che Venter preferiva perché suonava come la parola tigre [...] L’anno seguente gli servì per dimostrare che la sua compagnia era all’altezza del compito e che la sua maniera di mettere in sequenza il genoma - diversa da quella applicata dall’organizzazione pubblica - dava risultati ugualmente affidabili in tempi minori. In 12 mesi completò la sequenza dell’Hemophilus influenzas, un batterio che causa meningite e influenza. Anche se è stato il primo organismo vivo ad avere il proprio genoma messo interamente in sequenza, quel batterio aveva solo due milioni di lettere nel suo codice genetico, una piccolezza se messo a confronto con il volume del codice genetico umano. allora che arriva la tecnologia [...] Si chiamava Abi Prism 3700, ed era un apparato capace di mettere in sequenza a una velocità cinque volte maggiore e in maniera più precisa e automatizzata. Venter ne comprò 800. Per pagarle cambiò il nome della sua impresa . nacque Celera - e ottenne 300 milioni di dollari associandosi con PE Biosystem, un’enorme società biotecnologica. [...] Craig Venter viene anche chiamato ”il Bill Gates della genetica” [...]» (Javier Del Pino, ”Sette” n. 35/2000) • «Da quando fu cacciato dal liceo per scarso rendimento e fu spedito in Vietnam come infermiere militare, il dottor Venter, come diventò rientrando in patria e prendendo il massimo titolo accademico, il Ph.D., è una sorta di battitore libero della ricerca, di Don Chisciotte deciso ad abbattere la burocrazia scientifica. ”Ho visto morire centinaia di giovani americani uccisi dalla stupida crudeltà dei politici e da allora non mi fido più di nessun governo, non mi importa se di destra o di sinistra, se repubblicano o democratico”. Fremeva visibilmente, quel giugno del 2000 quando il presidente Clinton lo ricevette alla Casa Bianca per incoronarlo ”scopritore del genoma umano” ma ex aequo, insieme con Francis Collins, direttore del progetto pubblico concorrente, finanziato dal governo. ”Ma quale pari merito, senza il mio pungolo nel sedere gli scienziati del governo avrebbero impiegato un secolo per fare quello che io ho fatto in due anni”. E a tutti ricorda che la prima mappa genetica completa di un organismo vivente, il Bacterium Influentiae H, alleato e complicanza del virus influenzale, fu opera sua, nel 1994, prima di attaccare organismi più complessi, come il ”moscerino della frutta” e, nel 1998, il sacro Graal della biologia, l’uomo. I colleghi-rivali hanno sempre riso di lui, della sua scelta di affidare ai computer la catalogazione dei 35 mila geni umani (più o meno quanti ne ha un albero, giusto per tenerci umili), ”Un lavoro che avrebbero potuto fare anche le scimmie” sbuffò Collins dal fronte della ricerca pubblica. Più seriamente, molti ricercatori nel mondo sono turbati dal tentativo di ”privatizzare” i risultati di un lavoro che sta alla base della futura medicina genetica capace di attaccare finalmente alla radice ogni patologia umana, dal diabete al cancro, dall’Alzheimer al Parkinson’s. […] Craig Venter ha forse barato un po’ al gioco, per vincere la partita della pubblicità e delle pubbliche relazioni, ma fra dieci o trent’anni, se l’incurabile diverrà curabile, se il miracoloso diventerà normale, a nessuno interesserà più chi abbia fatto che cosa, nel ballo frenetico delle vanità scientifiche» (Vittorio Zucconi, ”la Repubblica” 28/4/2002).