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 2002  marzo 07 Giovedì calendario

Biografia di Carlo Verdone

VERDONE Carlo Roma 17 novembre 1950. Attore. Regista. Film: Bianco, rosso e verdone; Maledetto il giorno che t’ho incontrato, Compagni di scuola, Un sacco bello, Acqua e sapone ecc. • «Venerato da almeno un ventennio per aver dato vita a personaggi fantastici e tremendamente reali […] Ipocondriaco come tutti i grandi comici, gira in moto nascosto sotto un casco, frequenta la gelateria in via della Seggiola, sorride pochissimo. Chama spesso al telefono il cognato Christian De Sica» (Pietrangelo Buttafuoco, ”Dizionario dei nuovi italiani illustri e meschini”, 31/10/1998). «Le prime cose le ho fatte con mio fratello Luca nel teatro dell’Università. Poi, più o meno nel ”72, ho continuato in una cantina nei pressi di Piazza Cavour dove faceva un freddo cane, c’erano al massimo 5 o 6 gradi, così gli attori si ammalavano uno dopo l’altro, e a me toccava sostituirli, interpretando tutti i ruoli. Il pubblico, davanti a questi cambi, si divertiva un sacco, molto di più che con lo spettacolo normale. [...] Il primo film fu Un sacco bello, con me c’era Sergio Leone. Dovevo fare una scena in cui rispondevo al telefono affannato, ma l’affanno non veniva mai bene. Leone mi disse che la cosa migliore era scendere in strada e fare tre giri di corsa intorno al palazzo dove stavamo girando. Faceva un caldo tremendo, di mettermi a correre non mi andava per niente, così scesi giù e feci solo un po’ di saltelli sui piedi. Rifacemmo la scena, mentre stavo dicendo la battuta dell’affanno mi arrivò un sonoro ceffone sulla guancia: ”Tu il giro del palazzo non l’hai fatto”. Leone si era affacciato e mi aveva visto fermo. Pretese che scendessi di nuovo, si rimise a guardarmi dall’alto e quella volta, con le cinque dita ancora stampate sulla faccia, i tre giri li feci davvero. [...] Non esiste una tecnica precisa, nel mio caso la comicità deriva da una timidezza di fondo. Penso di essere un ”pedinatore’ di italiani, li guardo, ne osservo i tic, e poi li ripropongo attraverso una lente un po’ deformata. Finchè resta la curiosità, lo stupore per tutto questo, la voglia di uscire per strada e scoprire il disagio e le nevrosi della gente, allora questo lavoro può andare avanti. Naturalmente nei film contano molto anche gli attori con cui si lavora. Io, per esempio, ho voluto Mario Brega e Sora Lella, tutti e due bravissimi, Sora Lella andava spesso a braccio. Con loro una battuta si ”chiudeva’ sempre bene. [...] Attori come Gassman e Sordi hanno sempre interpretato ruoli di uomini che ”rimorchiano’, che hanno successo con le donne. Il mio personaggio, invece, è sempre un po’ succube rispetto all’universo femminile. Ma questo deriva da una ragione precisa: noi abbiamo vissuto il femminismo, loro no. L’uomo della mia generazione è uno che ha perso potere, che è smarrito, costretto a rincorrere una donna sempre molto più intelligente di lui. Insomma, io mi sono trovato a raccontare un maschio in crisi. [...] L’uscita di un film è un esame che si ripete, il patema d’animo è sempre forte. Ogni volta c’è una commissione che ti giudica e tu stai lì che aspetti. Spesso, quando sei sicuro di aver fatto un lavoro a tutto tondo, non è così. E spesso è esattamente il contrario. Io sono sempre stato molto nervoso, quando esce un nuovo film cerco di farmi forza stringendomi agli attori e ricordando di aver fatto il mio lavoro con sincerità. Ricordo la prima proiezione di Un sacco bello, sudavo come un pazzo, ero agitatissimo. Sergio Leone, invece, era tranquillo, salutava tutti, a un certo punto ho avuto quasi un mancamento e lui mi ha fatto un gesto: ”guarda che il film ce l’ho qui’, stringeva il pugno, ”è mio’. Quel gesto della mano che si chiudeva mi dette un po’ di serenità. [...] Loro, i grandi, Sordi, Tognazzi, Gassman, Manfredi, hanno vissuto eventi come la guerra, il dopoguerra, la rinascita, la crisi. Noi, invece, abbiamo attraversato una specie di dopoguerra senza orizzonti, le nostre sono storie di persone fragili, storie piccole, ma non per questo meno importanti. Certo, siamo un po’ depressi, e un po’ bombardati dalla tv, però i bravi attori ci sono. Il problema è che quelli di prima erano un’altra cosa, erano mattatori» (Fulvia Caprara, ”La Stampa” 26/2/2004). «’Se io faccio 5 miliardi non sono andato bene” […] Dopo i primi exploit di Un sacco bello e Bianco rosso e verdone, ha avuto paura? ”Francamente non ho capito niente di quello che mi stava succedendo: sentivo che le mie battute diventavano patrimonio pubblico. Per fortuna c’è stato subito dopo Borotalco, dove mi lascio alle spalle gli sketch, una bella commedia. E’ stata la chiave di volta. Con Io e mia sorella e Compagni di scuola ho iniziato ad essere più compatto come stile. Dopo un’altra transizione, Stasera a casa di Alice, un’altra rigenerazione: Maledetto il giorno che ti ho incontrato. Infine mi sono accorto non dico che mi stavo smarrendo ma che avevo bisogno di fare chiarezza, e Gallo cedrone rappresenta questo momento: un quarantenne, pessimo e non splendido come Moretti, che è spia del disorientamento di fine millennio. E arriviamo a C’era un cinese in coma dove il pubblico non ha trovato più niente di Verdone. Ecco perché tre anni di sosta: crisi o non crisi Cecchi Gori (doveva essere il produttore) mi sarei fermato. Era necessario […] Mio padre è stato fondamentale nell’educarmi ad essere il primo critico di me stesso. E nell’essere il mio giudice più severo. Poi, c’è poco da essere protetti: se non funzioni non c’è niente da fare […] Se domani dovessi affrontare un ruolo drammatico vorrei che il regista fosse un altro […] Le attrici le ho sempre valorizzate al massimo. Altri miei colleghi hanno preferito sparare la macchina su se stessi […] Mi piacerebbe cimentarmi a un livello finalmente internazionale, dimostrare qualcosa che ancora non sono riuscito a dimostrare”» (Paolo D’Agostini, ”la Repubblica” 29/11/2002). Vedi anche: ”Sette” n. 21/1999;