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 2002  marzo 07 Giovedì calendario

VERGASSOLA Dario

VERGASSOLA Dario La Spezia 3 maggio 1957. Comico • «Impiegato depresso all’Arsenale Militare di La Spezia (“Da quando ho l’età per capire che è un posto di merda, vivo qui, una delle tre città italiane con l’articolo, insieme a L’Aquila e La Tina. La Spezia, in realtà, non è poi così male, se sei una vongola o un esistenzialista tedesco con tendenze al suicidio”), piuttosto che confessare i suoi crucci a pagamento da un analista, decide che è meglio salire su un palco e raccontarli agli altri. “Quando si è depressi, meglio sciorinare le proprie vicissitudini davanti al pubblico ed essere pagato che sdraiarsi sul lettino di uno psicanalista e poi pagarlo”. Una sorta di “cabaret transnazionale” che vede la luce nel 1989 alla manifestazione veneziana “Professione comico” organizzata da Giorgio Gaber. Da lì in poi la sua carriera è tutto un crescendo: dallo Zelig a Non me la danno mai su Rete 4 dove si costruisce la fama, lui che dice di aver problemi con le donne, di “tombeur de femmes“ completo di pizzetto e capello rado. Dai diversi spettacoli di buon successo (Manovale gentiluomo, La vita è un lampo, Recital per due, Comici) a cd e film (Dio vede e provvede, Nuda proprietà, Affetti smarriti). Le sue storie hanno origine “da tante cazzate sparate con gli amici al bar” con il tipico gusto “di chi è nato sfigato”. È il protagonista della sfortuna dolce, Vergassola, presa a dosi massicce come se fosse il sale della vita per esorcizzare un’esistenza in cui non si riesce mai a trovare la giusta strada. Maschio arrapato e un po’ represso, di natali comunisti, con un vero e proprio amore per l’ipocondria interpreta l’uomo medio italiano, in continuo combattimento tra fantasiose aspirazioni e cruda realtà» (Raffaella Silipo, “La Stampa” 6/8/2004) • «[...] ricorda bene la vita che faceva prima di essere pescato da Costanzo. “Avevo 33 anni, facevo l’operaio a La Spezia. E lì sarei rimasto se non fossi andato al festival satirico di San Scemo. Quando mi invitarono al Costanzo Show non ci volevo credere. Era il 1992. Una serata pazzesca. Maurizio, l’unico psicologo dal quale andrei in analisi, mi fece fare due volte la passerella”. Con quell’aria da sfigato di provincia, tenero e rassegnato, Vergassola riuscì a imporsi nel giro di poche puntate. “Mi creda. Non recito, sono proprio così. Simpatizzo per Rifondazione comunista, mi piace la vita da bar e non credo alle donne belle quando dicono: vorrei un uomo brutto ma intelligente” [...]» (Michele Anselmi, “Capital” dicembre 2001).