Varie, 7 marzo 2002
VIDOZ
VIDOZ Paolo Lucinico (Gorizia) 21 agosto 1970. Pugile. Medaglia di bronzo nei supermassimi alle Olimpiadi di Sydney 2000. Nel giugno 2005, ormai quasi trentacinquenne, conquistò a sorpresa il titolo europeo • « Si definisce ”campione per caso, ma non per scherzo”, lui Paolone Vidoz, the gladiator di Lucinico (Gorizia), il pugile operaio - ben prima che Berlusconi gli rubasse maldestramente l’idea - l’araba fenice del pugilato nostrano che risorge sempre dalle sue ceneri [...] campione europeo dei massimi, versione Ebu. L’ha conquistato [...] a Kempten, in Baviera, battendo l’idolo di casa, il tedesco Timo Hoffmann, un bestione di 118 chili, 14/o nella graduatoria mondiale. E lo ha fatto sulle dodici riprese, una distanza mai affrontata prima da Paolone ma sulla quale [...] mentre il suo mito Tyson finiva amaramente una grande carriera, ha buttato ”se non una perfetta preparazione il cuore e anche le palle ma queste - dice ridendo - me le ha censurate la Tv tedesca durante la conferenza stampa”. [...] ”Lo sfidante prescelto, l’inglese Michael Sprott aveva problemi intestinali così hanno chiamato me, perché avevo proposto la borsa più bassa degli altri sfidanti. Ho accettato subito. Gli organizzatori tedeschi non potevano far saltare un evento di questo tipo tanto che per il titolo si era anche mobilitata la prima rete della Tv con una diretta in prima serata. Mi son detto: se perdo non cambia niente, se vinco mi rilancio alla grande e vista la ”ricchezza’ della borsa, mi cambio i materassi, ridipingo la facciata di casa e se ci arrivo faccio riparare il condizionatore dell’auto. A Kempten l’entourage di Timo pensava che sarebbe stata una passeggiata per il loro pupillo e che io avessi solo cinque giorni per allenarmi, quando per un europeo non bastano due mesi. Ma i poverini - racconta Vidoz - non sapevano che io ero sotto pressione già da tempo per il mondialino che avevo fatto organizzare a fine luglio a Grado per poter rientare nel giro mondiale e sperare di raggranellare qualche buon incontro e una manciata di euro”. E così è stato. Il pugile operaio, la gloria di Lucinico, Gorizia e di tutto l’isontino - al suo rientro è stato accolto in pompa magna, sindaco e presidente della provincia in testa - non solo è durato le dodici riprese canoniche, ma ha finito in crescendo dopo aver cacciato al tappeto Timo al sesto round. ”Roba da non crederci - sorride - sentivo le vocine dentro come in Shining che mi spronavano ad andare avanti. E mentre io vincevo, Tyson, il re, quello che ha rilanciato la boxe mondiale dopo Mohamed Ali, il mio idolo, cadeva in frantumi, spezzato dalla sua incapacità di destreggiarsi tra la muta di approfittatori e mangia ufo che lo hanno circondato per anni. Nel bene e nel male - continua - è stato un grande, e adesso era diventato un cane del ring - titolo di un libro che Vidoz ha scritto con l’amico giornalista Ivan Malfatto del ”Gazzettino” - spremuto come un uovo e gettato via, con il concorso della solita stampa che quando crolli non ti risparmia niente, nessun insulto e va a scavarti dentro fino alle budella per trovarci qualcosa che non va”. [...]» (Matteo Moder, ”il manifesto” 16/6/2005). «La nonna Berta, che aveva fatto la balia in Egitto. Un vero bestion. Il lavoro nei campi. ”Tanta fatica per caricare sul trattore casse d’uva e balle di fieno per le mucche. Il montante destro lo devo al peso del forcone”. La prima volta in palestra, all’unione Pugilistica Goriziana, con il maestro Bruno Piccotti, che assomiglia a Mondini, il personaggio descritto da Baricco in City. Macché ring, macché guantoni. Mesi di corda e di ginnastica, movimenti davanti allo specchio. ”Invece adesso ti sbattono a fare i guanti una settimana dopo. E così invece di diventare un atleta diventi uno che fa a botte”. La boxe: qualcosa che te ciàpa. ”Avevo 13 anni e suonavo la fisarmonica. Ero bravo. Suonavo per il gruppo Danzerini di Lucinico, il mio paese, cinquemila abitanti ad uno sputo da Gorizia. Siamo partiti in tournèe per l’America, ho visto New York e mi sono detto: io qui ci torno. Ci sono davvero tornato in America, da pugile. Come poi son tornà anche a casa”. Il nonno Remigio che guardando in tv Alì contro Berbick, lo fissa e gli dice: ”Te vedi cossa vol dire diventar troppo pasùt?”. Troppo pasciuto, sazio. La scelta di Vidoz. ”Meglio il pugile che l’operaio. Io ci ho lavorato in fabbrica dove le scintille del flessibile e le schegge di metallo ti bruciano le mani”. I sei derby Gorizia-Udine contro il supermassimo Zuliani. ”Aveva mani così grandi che non poteva mettere i bendaggi normali altrimenti non gli entravano i guantoni. Mia madre ne aveva paura e mi chiedeva: devi proprio batterti con quel bestione? Non puoi inventarti qualche scusa?”. I pugni che non si dimenticano. Quelli del cubano Rubalcaba. ”Se te ciàpava te stacàva la testa”. L’unico ko subito da dilettante in 12 anni di carriera. ” strano il ko, sembra di essere in un sogno. Non senti le gambe, come se ti avessero fatto un´anestesia locale. Ma non con un’iniezione, con un pugno”. La rivincita contro Rubalcaba al Madison Square Garden. ”A premiarmi è arrivato il mio vicino di casa, Valerio Brotta, con il quale avevo anche lavorato insieme nei campi. Mi sembrava strano che fosse lì a New York. Infatti non era lui, ma Jimmy Carter, l’ex presidente, ugùal spudà”. Ancora Rubalcaba ai mondiali di Houston nel ”99. ”Per resistergli ho dato fondo a tutto. Sono sceso dal ring con 18 lividi sulle braccia, li ho contati ad uno a uno: mi aveva battuto come un battipanni fa col materasso”. I guai con mamma Rita. ”Lei vede sempre il lato negativo delle cose. Della boxe mi ricorda solo le storie finite male. Come si fa ad avere autostima quanto tua madre ti mette sempre sotto gli occhi le sconfitte?”. Il bronzo di Sydney 2000, ma soprattutto la sconfitta con l’inglese Harrison. ”Mi ha rotto il naso e lo zigomo, ero una maschera di sangue. Tiravo grandi boccate d’aria e andavo avanti grondante”. La tv che ti vende come un fenomeno da baraccone. ”Giletti che intervista per telefono mia madre e io che divento famoso perché lei dice che sono un disastro; Paola Saluzzi che mi fa passare per un relitto umano tanto che subito dopo mi chiama un riccone americano”» (Emanuela Audisio, ”la Repubblica” 24/9/2004) «La fidanzata Monica si innamorò di lui vedendolo seminudo in foto su ”Cosmopolitan”. Ha un accappatoio bianco con una scritta in oro: ”The Gladiator”» (’Corriere della Sera” 27/1/2001). La madre Rita vuol convincerlo a cambiar mestiere: «Praticare la boxe è una follia, meglio essere poveri e sconosciuti che famosi e ricchi con il rischio di gravi conseguenze psicofisiche. Lo sport migliora il fisico e la mente, giova alla salute e all’estetica, dovrebbe persino allungare la vita: unicamente nella boxe succede il contrario. Rischiare la salute, l’integrità mentale e anche la vita per denaro significa prepararsi un triste futuro» (’la Repubblica” 29/1/2001).