Varie, 7 marzo 2002
VIERI Christian
VIERI Christian Bologna 12 luglio 1973. Ex calciatore. Con la Juventus vinse lo scudetto 1996/97 e perse la finale di Champions League dello stesso anno (1-3 a Monaco di Baviera contro il Borussia Dortmund); con la Lazio, vinse la Coppa delle Coppe 1998/99 (2-1 a Birmingham contro il Maiorca, suo il gol dell’1-0); con l’Atletico Madrid vinse il titolo di capocannoniere del campionato spagnolo (1997/98), con l’Inter quello del campionato italiano (2002/2003). Giocò in serie A anche con Torino, Fiorentina, Atalanta, Milan. Con la nazionale partecipò ai mondiali del 1998 segnando cinque gol e a quelli del 2002 segnandone altri quattro (in tutto 9, miglior italiano di tutti i tempi a parimerito con Roberto Baggio e Paolo Rossi). Nel 1997 (9°) e nel 1999 (7°) fu l’italiano meglio piazzato nella classifica del Pallone d’Oro • «Figlio di un giocatore di fama, che trasmigrò in Australia per un tranquillo prolungamento di carriera, ha fama duplice: da una parte allegro sodàle di goliardi, dall’altra, ostinato, scabro difensore del proprio privato. Nato a Bologna, ma cresciuto nella terra dei canguri, ha dell’Australia lo spinto atletismo e quel pizzico di arcaico mistero che il regista autraliano Peter Weir (gli appassionati di cinema ricorderanno) ha versato a piene mani in un mitico film, Pic-nic ad Hanging Rock. [...] Il primo ingaggio: ventimila lire dal nonno per aver segnato quattro reti con la maglia di una piccola squadra del circondario di Prato. Il suo viaggio verso Itaca che ha già toccato, rispettivamente, il Torino, il Pisa, il Ravenna, il Venezia, l’Atalanta, la Juventus, l’Atletico Madrid, la Lazio. Corre i trenta metri con partenza da fermo - ricorda infine il suo esegeta statistico, Mario Mangiagalli - in 3 secondi e nove decimi. Una bestia da area di rigore» (Rita sala, “Il Messaggero” 5/1/2002). «Il gigante di cristallo del calcio italiano […] Una carriera particolarmente ricca di gol, alcuni molto belli e importanti, ma anche di infortuni, arrivati con sistematicità nel suo girovagare da squadra a squadra. Forse ha ragione chi sostiene che il frenetico spostarsi da club a club, cambiando ogni anno sistemi di allenamento, modi di vivere, compagni, allenatori e avversari, abbia contribuito a rendere particolarmente fragili i suoi muscoli. Comunque il centravanti con le stampelle ha finito per stare più in tribuna che in campo proprio quando ha smesso di girovagare ed ha messo radici a Milano, dove Moratti, per portarlo all’Inter, ha investito novanta miliardi e giocato d’azzardo con quel rischio di fragilità. Una scommessa in parte persa, a mettere in fila tutti i giorni che Vieri ha passato in infermeria, ma che ha anche dato al presidente pagatore la sensazione di aver fatto bene, come dimostrano i gol che l’ariete ha sempre segnato appena è riuscito a stare in campo» (Gianni Piva, “la Repubblica” 13/11/2001). «La sua grande forza è soprattutto nel fisico mostruoso e nella capacità di sopportare critiche e pressioni, che spesso a San Siro hanno demolito grandi campioni. Un attaccante come lui dà alla squadra la possibilità di sperare in un colpo di scena, anche in una giornata negativa o in una partita di sofferenza, quando gli avversari ti schiacciano in area per 90 minuti. Vieri è in grado di dare forza e motivazioni speciali ai compagni persino nei momenti più disperati. Uno come lui è capace di vincere la partita anche all’ultimo minuto, è un cuneo che apre la quercia più vecchia e più solida» (Aldo Serena a Fabio Monti sul “Corriere della Sera” del 6/3/2002). «È già da tempo lontano dai cuori nerazzurri. Cresciuto in Australia, Bobo-gol è giunto in Italia all’età di sedici anni. Gira per parecchie squadre, infine approda all’Inter. Da subito si trova male (ma si era trovato male anche a Madrid) e sbotta a più riprese: “L’Inter è un casino, qui non si vincerà mai niente”. Il suo contratto ha tanti zeri e l’attaccante, oltre a fare il calciatore, comincia a guardarsi un po’ in giro. Se è poco abile a curare la sua immagine con i tifosi, è abilissimo a far girare i guadagni. È un lavoratore salariato, un dipendente di una società di calcio, ma è anche un imprenditore, uno capace a investire i soldi. La celebrità che gli deriva dalla prima attività gli fornisce la visibilità necessaria a mandare avanti la seconda. Vieri poi non disdegna le belle donne, e una sua relazione con una starlet di Striscia la Notizia dà l’avvio a un binomio, quello tra veline e calciatori, che segnerà per sempre i gossip dei giornali scandalistici. A questo punto l’amore dei tifosi comincia a venire meno. Il suo ostentare la bella vita - in un mondo dove il calciatore si vorrebbe puritano, tutto casa e campo da gioco - irrita. Intanto, intorno a lui, sono tutti deficienti: lo sono alcuni compagni - plateali i suoi insulti a Guly e a Sergio Concencao, rei di non passargli bene il pallone; lo sono i dirigenti, che vendono Ronaldo, Crespo e di calcio non capiscono nulla; lo sono i tifosi, persone frustrate che fischiano i giocatori e che “non si devono stupire se poi qualcuno a fine stagione se ne vuole andare” (chi, Guly e Concencao?). [...] la rottura tra il pubblico e il bomber si compie definitivamente. Hector Cuper è cacciato dopo una partita ridicola a Brescia. I tifosi accusano la squadra di avere giocato contro l’allenatore. Vieri li prende di punta. A Chievo calcia il pallone contro la curva dopo un rigore segnato. Quindi la ripicca di non esultare ai gol: segna, si immusonisce, inarca le spalle e tira dritto verso la metà campo. I suoi continui sbalzi di umori, i suoi capricci, le fughe e i finti infortuni (per andare alle feste di Dolce & Gabbana), i suoi traffici con ultrà fascisti e calciatori milanisti (quale connubio peggiore?), la sua assenza nelle partite che contano - sommati a una plateale insofferenza per tutto ciò che gira intorno all’Inter - hanno scoraggiato i tifosi che, in verità, mai lo avevano eletto paladino della riscossa. [...] È per questo che Vieri è stato contestato. Prima dalla curva dell’Inter (“non sentiamo più ragioni, Vieri fuori dai coglioni”, recitava, aulico, uno striscione della Nord), poi dallo stadio intero, infine anche dai tifosi della Juventus, intimoriti per un suo possibile arrivo in bianconero. Solo i giocatori del Milan - che poi sono anche i soci in affari nelle molte attività collaterali che Vieri ha aperto a Milano (locali e t-shirt) - lo hanno difeso. Chiedendogli esplicitamente di andare a giocare nel Milan» (Gabriella Greison, Matteo Lunardini, “il manifesto” 5/5/2004).