Varie, 7 marzo 2002
VIRDIS Pietro Paolo
VIRDIS Pietro Paolo Sassari 26 giugno 1957. Ex calciatore. Con la Juventus ha vinto gli scudetti 1977/78 e 1981/82, con il Milan quello del 1987/88 e la Coppa dei Campioni 1988/89. Ha giocato anche con Cagliari, Udinese, Lecce. Capocannoniere nel 1986/87 • «[...] Era un attaccante molto tecnico, furbo e intelligente. Segnava con facilità, spesso entrava in porta con la palla al piede. È esploso a Cagliari, ha giocato con la Juve (due scudetti e una coppa Italia) e nell’Udinese con Causio e Zico. Ha vinto una classifica cannonieri. [...] quel “no” alla Juventus. “Si sono dette tante cose sul rifiuto...”. Nel 1977 Giampiero Boniperti parte per la Sardegna per convincere il giovane attaccante del Cagliari ad accettare il trasferimento. “Ma no, ma no. Si è favoleggiato...”. Non è venuto in Sardegna, Boniperti? “C’era già. Era a Santa Teresa di Gallura, all’hotel Moresco, in vacanza. E io scappavo per l’Isola...”. Scappava? “Sì, il presidente Delogu mi disse: ‘Pietro, ti abbiamo ceduto alla Juve’. Io non ci volevo andare alla Juve, e il motivo era molto semplice: giocavamo in B, avevamo perso gli spareggi per la serie A, volevo rimanere nella mia squadra, nella mia città. Io sono nato per caso a Sassari, io sono di Sindia. Mio padre Pietrino era ispettore agrario a Cagliari, ero l’unico maschio della famiglia. Poi babbo è morto e io non me la sono sentita di andar via da Cagliari [...] Anche Riva aveva detto ‘no’ alla Juve. Ma quella è un’altra storia. Io volevo continuare nella mia squadra che era stata la squadra di Riva. Poi la mamma mi ha convinto: ‘Pietro, vai, vai. Altrimenti non ti fanno più giocare’. Ci sono andato, mi sono ammalato, sono tornato e poi ripartito. Ero diventato un professionista”. Con la Juve vince due scudetti. Il primo con Boninsegna e Bettega, il secondo con Paolo Rossi. “Non sono stato bene. Prima la mononucleosi, poi i reumatismi articolari. Mi allenavo poco, era tutto molto difficile. Ma a Torino mi sono trovato bene, ho conosciuto Claudia, ci siamo sposati. Siamo stati bene dappertutto: eravamo felici [...]. Ricordo l’esperienza di Udine: che bella città, Udine. Veramente a misura d’uomo. Stavi bene per l’aria, per la gente, per la qualità di vita... [...] Nel secondo anno c’era Zico. Poi il Barone, Edinho, Mauro, De Agostini. Un buon gruppo, una buona esperienza. Mi sono fatto male e il presidente Mazza ha fatto venire un elicottero che mi ha portato in Francia dal professor Bousquet. Un ambiente molto positivo. [...] Poi è arrivato il Milan, mi hanno chiamato e io non potevo dire di no. Il direttore sportivo a Udine era Ariedo Braida. Diceva: ‘Pietro, resta qui, facciamo una squadra ancora più forte’. Ero tentato, ma dall’altra parte c’era il Milan. Non potevo, ero stato alla Juve, non si poteva rinunciare” [...] Pietro Paolo va al Milan, c’è Liedholm che dice: “Virdis è molto intelligente, sa jocare al calcio. Per lui segnare è fascile”. Pietro gioca con Rossi e Hateley, ma vince con Gullit. Con il Milan di Sacchi e Berlusconi. Pardon: di Berlusconi e Sacchi. Vince lo scudetto del sorpasso sul Napoli. Storici e storiografi approssimativi scriveranno: Sacchi ha vinto lo scudetto con il Milan degli olandesi. Riduttivo: ha vinto con Gullit, un olandese. L’altro, Van Basten, era fermo per infortunio e Rijkaard non era ancora arrivato. A Napoli, primo maggio 1988, partita del contatto con il tricolore, l’uomo decisivo è ancora Virdis. Due gol. Aveva segnato anche nelle domeniche precedenti, a Roma e all’Inter. [...] “Indimenticabile. Come Van Basten, il più grande di tutti noi. Marco era entrato con l’Empoli, una partita destinata allo zero a zero. Segnò un gol strepitoso, quasi da fermo. Probabilmente quello della svolta”. Ricorda Sacchi e quella rivoluzione. “Con lui è veramente cambiato tutto. I metodi di allenamento, la gestione, persino le partitelle. Arrigo le ha fatte diventare tattiche. Non è stato facile, soprattutto per chi come me era già sui trent’anni, entrare in questa nuova concezione calcistica. Mettersi a rincorrere l’avversario, a fare pressing sui portatori di palla, sui difensori. Io ero un attaccante e l’ho fatto, ci sono riuscito e devo dire che quei metodi di preparazione mi hanno allungato la vita calcistica”. Il Milan è il suo secondo trionfo. Dopo il clamoroso scudetto, arriva anche la coppa dei Campioni. Pietro Paolo lascia Sacchi a trentadue anni e chiude al Sud, Lecce. “Una città splendida. Un po’ come Udine, anche lì eccellente qualità di vita. C’era chi mi chiamava maestro del gol. Forse perché avevo vinto una classifica dei cannonieri, o perché qualche gol mi era riuscito bene. Il vero maestro l’ho trovato io, a fine carriera: Carlo Mazzone. Una persona veramente gradevole e perbene. Mi ha insegnato molto [...]” [...]» (Germano Bovolenta, “La Gazzetta dello Sport” 15/5/2005).