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 2002  marzo 07 Giovedì calendario

VIRZ Paolo Livorno 4 marzo 1964. Regista. Film: La Bella Vita, Ferie d’Agosto, Ovosodo, Baci e Abbracci, Caterina va in città ecc

VIRZ Paolo Livorno 4 marzo 1964. Regista. Film: La Bella Vita, Ferie d’Agosto, Ovosodo, Baci e Abbracci, Caterina va in città ecc. • «[...] è figlio di Francesco, carabiniere siciliano, e di Franca Antongiovanni, ex cantante di musica leggera, che si esibiva in coppia con Teddy Reno negli anni Cinquanta. ”Mio padre era un conservatore, mamma invece di famiglia socialista, comunista, un po’ stalinista, la nonna materna era un’ebrea di Praga. Sono cresciuto contestando mio padre, con cui ci prendevamo a seggiolate mentre mi urlava ”sono un servitore dello Stato, un apolitico!’, e ascoltando i discorsi dei vecchi al bar della Federazione Anarchici, dove noi ginnasiali capelloni venivamo conquistati dalle canzoni di Fabrizio de Andrè e dalle storie di zio Aldo Rosner, operaio in cantiere. Nella Livorno rossa, i comunisti erano al governo, avevano al collo la falce e martello dorata e la Mercedes in garage, i portuali erano tutti buoni e tutti baffuti, ben rappresentati da Italo Piccini, detto ”Polverina’, ex partigiano, famoso per aver issato una bandiera vietnamita su una portaerei americana. Il Pci era dolce e moderato: apriva biblioteche, cineclub, ma per noi ragazzi non andava, era troppo paterno. Molto meglio le follie anarchiche”. La prima volta di Paolo Virzì a Roma è una data storica. I funerali di Enrico Berlinguer, estate 1984. Intanto, vince il concorso per il centro sperimentale di cinematografia: i suoi maestri sono Gianni Amelio per la regia, Furio Scarpelli e Suso Cecchi d’Amico per la sceneggiatura. I film più amati, I compagni di Mario Monicelli e La classe operaia va in paradiso di Elio Petri. A metà degli anni Ottanta, il cinema italiano entra nella sua prima, grande, crisi: sono gli anni del riflusso, l’impegno è fuori moda, i kolossal americani conquistano anche gli spettatori che un tempo andavano nelle cantine e al cineforum. Il militante Virzì vota Pci, Pds, chiacchiera volentieri con Achille e Aureliana Occhetto, vota sì alla svolta della Bolognina, ascolta a cena da amici Massimo D’Alema, ”che nel privato è divertentissimo, molto simpatico” ma con la macchina da presa vuole restare neutrale, anzi. Costruisce i suoi grandi successi sulle contraddizioni e i vizi dei suoi simili, dei suoi compagni, prima con La bella vita e Ferie d’Agosto, fino a Caterina va in città, piccolo capolavoro sulla confusione sociale e su certe diffuse ipocrisie delle sinistre romane. [...]» (Barbara Palombelli, ”Corriere della Sera” 3/6/2005). «A me piace la commedia intesa come divertimento [...] Amo moltissimo il cinema di Emir Kusturica. Io racconto un’umanità che somiglia alla sua [...] Credo di essere l’unico regista italiano che ha lavorato in fabbrica. Be’, quando facevo il liceo classico, d’estate, per mantenermi» (Manuela Grassi, ”Panorama” 17/12/1998). «Faccio filmetti, ma spero di servire a qualcosa. Spesso il cinema italiano è stato una medicina per certe malattie del carattere nazionale: siamo considerati un popolo ironico e spiritoso, ma siamo gli stessi che hanno indossato l’orbace salutando romanamente per vent’anni, senza sentirsi ridicoli. Il senso dell’ironia l’abbiamo conquistato grazie ai nostri attori e ai film, che sono serviti come psicoterapia collettiva. Penso a Sordi, Gassman o a Fellini e Monicelli, che non hanno fatto altro che mettere in scena criticamente e ironicamente i malesseri di una nazione [...] Ho lavorato con tanti bravissimi attori, da Orlando a Sabrina Ferilli, da Margherita Buj a Castellito, da Massimo Ghini a Laura Morante; e poi molti ragazzi e ragazze chiamati per la prima volta a fare i protagonisti, non avendo mai recitato prima. Abbiamo grandi talenti, anche tra i giovanissimi. Ma al contrario degli statunitensi noi non abbiamo star che da sole facciano accorrere il pubblico. Il nostro è più un lavoro di squadra; regista, attori, storia e produttore ogni volta mettono in piedi un film che è come un piccolo prototipo. Non vi sono strategie di marketing dietro. Meglio così, io non vorrei fare Matrix 1, 2 o 3» (Alain Elkann, ”La Stampa” 7/12/2003).