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 2002  marzo 07 Giovedì calendario

VISSANI

VISSANI Gianfranco Baschi (Terni) 13 gennaio 1951. Cuoco • «L’esplosione è arrivata quando è stato nominato ”cuoco di corte” (la definizione è di Michele Serra sull’’Unità”) di Massimo D’Alema. La cosnacrazione grazie al suo clone in video a Striscia la notizia [...] In realtà, questo gigante della pentola (è alto più di un metro e novanta per 120 kili) in cucina non ha mai fatto distinzione di bandiera. [...] Uno dei più grandi estimatori di Vissani resta l’ex ministro socialista Gianni De Michelis [...] che lo scoprì verso la fine degli anni Ottanta [...] Ma la prima segnalazione in assoluto del maestro di Baschi la fece il giornalista Edoardo Raspelli [...] su ”Gente motori”: ”Era il 1981: andai a trovarlo con mia madre e mi stupì con dei cannoncini farciti di coda di scampo, adagiati su una crema di piselli” [...] Quella del caratteracio di Viassni è più di una leggenda. Già alle elementari, grande e grosso com’era, raccontano gli amici, faceva a botte con i compagni più grandi. Neppure la scuola alberghiera e gli stage nei grandi alberghi gli ammorbidirono il carattere [...] Anche con i clienti non è mansueto. Un giorno rimandò a casa Ugo Tognazzi che si era presentato in tuta [...] ”ho mandato affanculo un architetto perché per rinnovare il ristorante mi aveva fatto un preventivo di 400 milioni. Gli ho spiegato che, cucina compresa, ci volevano almeno 3 miliardi” [...]» (Giacomo Amadori, ”Panorama” 1/4/1999). «[...] il cuoco più osannato - ma, da qualche tempo, anche più punzecchiato - d’Italia. Un marcantonio di uno e novanta, con due mani che sembrano badili [...] non si sottrae alla celebrità: prima il famoso risotto in tandem con Massimo D’Alema nel salotto tv di Bruno Vespa, poi - tra le tante performance televisive - l’apparizione al Maurizio Costanzo Show infine i fascicoli e le cassette tv per insegnare le sue complicate e discutibili ricette. C’è dell’altro. L’amicizia con D’Alema gli attira strali a ripetizione, e la sua disinvoltura con la lingua italiana fa scrivere al ”Corriere”: ”Al suo presenzialismo, purtroppo, non fa seguito una facondia felice, un’eloquenza tornita...”: vero, le sue battaglie con i congiuntivi fanno inorridire, ma sovviene con passione in sua difesa Edoardo Raspelli, che mena fendenti proprio contro l’intellighenzia di sinistra. [...] ”Se la prendono con le sue sgrammaticature? Ma che vogliono da uno che non ha studiato, che ha lavorato fin da ragazzo? Mi sembrano rilievi ingenerosi, persino razzisti, tipici dei salottieri o terrazzieri petulanti” [...]» (Daniele Protti, ”Sette” n. 21/1999). «Si chiama ”paradosso Meazza” ma non riguarda lo stadio di San Siro, che pur si dovrebbe chiamare ”Meazza” anche se nessuno lo chiama così. No, riguarda proprio lui, Giuseppe Meazza, detto Peppino, l’indimenticabile centravanti dell’Inter e di quella Nazionale azzurra che vinse i campionati mondiali del 34 e del 38. Si racconta che Meazza fosse molto bravo coi piedi, ma piuttosto sempliciotto, inarticolato quando dava un’intervista (allora molto rare), quando tentava di esprimere un’opinione. Sì da far pensare persino ai suoi tifosi – così ha raccontato Beniamino Placido – che non fosse particolarmente intelligente (ma a loro bastava che segnasse). Il ”paradosso Meazza” ha due versioni. La prima, di stampo filologico, sostiene che un giorno intervenne Gianni Brera e sentenziò: ”Vi sbagliate, Peppino non sembra intelligente quando parla italiano, non è la sua lingua, ma quando si esprime in dialetto milanese è intelligentissimo”. La seconda, di scuola patafisica, sostiene che un giorno intervenne un Professore e sentenziò: ”Vi sbagliate, Peppino non sembra intelligente quando parla, non è la sua lingua, ma quando si esprime coi piedi è un genio”. Il ”paradosso Meazza” mi è tornato in mente vedendo Gianfranco Vissani insegnare a quattro smandrappate come riciclare la pastasciutta avanzata per farne una frittata: Unomattina estate (Raiuno, lunedì, ore 9.39). Vissani, che è sempre in tv, ha grossi problemi con la lingua italiana tanto che, a sentirlo parlare, ricorda Peppino Meazza. Nella foga dice ”i spaghetti”, ”noi italiani abbiamo sempre dell’abbondanza”, ”Rita ti devi ricordare che ti devi sempre girare i spaghetti”, ”Giuliana devi essere più impegnativa” (forse voleva dire ”impegnata”). Qualcuno potrebbe saggiamente dire: ma Vissani non sembra intelligente quando parla, non è la sua lingua, ma quando si esprime in cucina, coi piatti, è un genio. Sarà così. Così la pensano Massimo D’Alema (cui il grande e grosso cuoco ha insegnato come si cucina il risotto) e Bruno Vespa, che lo invita sempre. Già, ma in tv noi non abbiamo la possibilità di verificare se davvero Vissani sia un genio. Per aver la controprova bisognerebbe poter visitare il suo ristorante dove si entra, così riferiscono, con la carta di credito in bocca. Insomma, da semplici spettatori, non riusciamo a sciogliere il ”paradosso Vissani”. A vederlo in video il Grande Cuciniere di Baschi è soltanto una furia verbale, un mastro pasticcione, un improvvisatore della lingua (salmistrata). ”Mannaggia! Mannaggia!”, come ama dire il Grande Spignattatore. Dal ”paradosso Meazza” (la padella) siamo caduti nel ”paradosso Vissani” (la brace). In tv Vissani non fa cucina ma la rappresenta, la mostra, ne parla. Vissani ha scarsa confidenza con l’italiano. E per uno che va continuamente in video a spiegare i segreti dei fornelli non è un handicap da poco. Risposta: sì, ma Vissani parla coi piatti. (Ma se è sempre in tv come fa a curare i celebrati piatti del suo ristorante?)» (Aldo Grasso, ”Corriere della Sera” 30/8/2005).