Varie, 7 marzo 2002
VITTI
VITTI Monica (Maria Luisa Ceciarelli) Roma 3 novembre 1931. Attrice. Tra i suoi film più celebri: L’avventura (primo film diretto da Antonioni. realizzato nel 1959, racconta la ricerca di una donna scomparsa durante una gita in mare da parte della sua amica e del fidanzato); La tosca (a fianco di Gigi Proietti, film del 1973 diretto da Luigi Magni, adattamento in forma di commedia del dramma di Sardou. Nel cast anche Umberto Orsini, Vittorio Gassman e Aldo Fabrizi ); Amore mio aiutami (il primo film con la regia di Alberto Sordi, anche interprete nella commedia, 1969, che mette alla berlina la falsa emancipazione del matrimonio in Italia); La ragazza con... (Sedotta e abbandonata nella commedia diretta da Monicelli nel 1968, insegue a Londra l’uomo che l’ha tradita. Il film la lanciò come attrice comica) • «Musa di Antonioni, simbolo al femminile della commedia all’italiana, attrice sospesa tra dramma e commedia tanto convincente da ricevere un Leone d’oro alla carriera. Vitti, all’anagrafe Maria Luisa Ceciarelli, ha lavorato all’estero con autori come Buñuel, Losey e Vadim e ha rotto l’egemonia maschile di mattatori come Gassman, Tognazzi e Sordi nella commedia all’italiana. Una ragazza capace di suscitare riflessioni e pensieri alti e talvolta un po’ perplessi durante il bellissimo sodalizio con Antonioni e poi di scatenare allegria e buon umore reinventandosi come interprete brillante» (Maria Pia Fusco) • «Ci s’intendeva senza sforzi, una partner come lei, disponibile, intelligente e sempre attenta, è una gioia per qualunque attore, con nessuna ho raggiunto lo stesso affiatamento. Adesso gli americani preparano il remake di Io so che tu sai che io so. Gliel’ho detto all’avvocato che si occupa dei diritti: dove la trovate una coppia come la nostra? Dove sta un’altra Vitti? Quello è un film mirabile, uno che, facendo un’indagine su un’altra persona, scopre che la moglie va a letto con un altro, anzi la vede proprio nel filmato, è una cosa che non s’era mai vista [...] Mi sorprendo ancora quando qualcuno parla del carattere capriccioso di Monica. Forse con gli altri avrà fatto i capricci, magari perché avendo vissuto e lavorato con un intellettuale ritenuto di cultura superiore lei cercava di uniformarsi. Ma con me è sempre stata disponibile a ridere e a parlare di cose gaie, a confidarsi con semplicità. Sembrava una bambina felice quando le ho proposto Polvere di stelle, non aveva mai ballato e cantato, mai fatto il varietà, era entusiasta, pronta a buttarsi come in un gioco, abbiamo fatto il film con lo spirito di una scalcinata tournée teatrale» (Alberto Sordi) • «Sensibile, intraprendente, vitale, simpatica e attraente. Come Mia Farrow in Broadway Danny Rose che la imitò esplicitamente, come dichiarò l’allora compagna di Woody Allen, in un personaggio dotato di grandi occhiali e grandi cappelli, la voce roca e un’endemica capacità di coinvolgere gli altri nel casino turbolento della propria vita. Negli anni 50 Monica Vitti lottava contro un mondo cinematografico dominato dal 90-60-90 del corpo di Gina Lollobrigida, Sophia Loren, Silvana Mangano, negli anni 60 anticipava l’icona sexy della donna atletica e affusolata destinata ad affermarsi nell’immaginario mondiale da Ursula Andress a Jane Fonda. Ma, più di molte di loro, ha saputo accompagnare a una sapiente interpretazione della propria immagine divistica, un’ottima tecnica attoriale: non c’è regista del periodo, da Blasetti ad Antonioni, che non abbia fatto di tutto per lavorarci assieme. Un grande attore, ha scritto qualcuno, è sempre la soluzione di un’equazione impossibile e la Vitti ne è una dimostrazione: cosa c’entrano le sue angosce e i suoi lunghi piedi da ”esistenzialista” (come le diceva la madre) con quella fame atavica, allegra e vorace, che l’ha vista in molte scene dei suoi film divorare fettuccine, abbacchio, minestroni, pizze e intingoli. Forse nessuno più di lei e Alberto Sordi (e Totò), ha saputo rappresentare sullo schermo di un paese in via di industrializzazione, il sogno che ha perseguitato i popoli della penisola dall’era della preistoria: una folle scorpacciata di qualsiasi cosa. In realtà, ci sono film in cui non sembra aver bisogno di mangiare, anzi, in quelli più famosi che ha fatto con Antonioni (L’avventura, Deserto rosso) ci si chiede se lo abbia mai fatto. In altri, da Dramma della gelosia a Teresa la ladra, lo spontaneo e generoso erotismo dei suoi personaggi corre pari passo a un robusto appetito. Ancor più della tradizionale mitologia della ragazza, inchiodata già dal nome a un destino di casalinga che diventa prima interprete teatrale, poi la maschera dell’incomunicabilità del cinema di Antonioni e successivamente l’unica vera star comica femminile di Monicelli, Sordi, Scola, Salce, più di tutto questo colpisce oggi la contraddizione tra biografia reale e immaginaria. Difficile trovare un’attrice così autrice della propria carriera, una diva capace di esplorare la propria versatilità con la stessa lucidità. L’ironia è che nessuno più di lei ha saputo portare sullo schermo donne che sembrano il contrario di lei: donne confuse, labili, indifese, soggette a ogni forma di somatizzazione della propria fragilità e a ogni effetto indesiderato della propria passionalità» (Mario Sesti, ”L’espresso” 15/11/2001).