Varie, 7 marzo 2002
VOLO
VOLO Fabio (Fabio Bonetti) Calcinate (Bergamo) 23 giugno 1972. Radiodeejay, conduttore tv, attore, scrittore ecc. • «Si definisce un dilettante, uno che non lotta per fare un programma in tv, ma soltanto per esprimere se stesso. Ex panettiere, ex Iena, faccia da ragazzaccio, è il più instancabile e trasversale tra i nuovi personaggi osannati dai giovani. Tutte le mattine e il martedì sera lo si ascolta a Radio Deejay (Il volo del mattino e Il volontario). Il suo primo romanzo, Esco a fare due passi, ha venduto la bellezza di 200 mila copie. Come attore nel film di Alessandro D’Alatri, Casomai, uscito nel 2002, ha ottenuto persino una candidatura al David di Donatello. […] ”Quando sento la parola ”studiare’ scappo. Mi piace molto di più giocare. Se entro nei professionisti non gioco più: per me il calcio è quello dell’oratorio. Non voglio che il lavoro diventi un lavoro. Di me ne dicono di tutti i colori. Qualcuno mi ha pronosticato che farò la fine di Andrea Pezzi. In radio, ricevo le e-mail più disparate: chi mi dà del comunista, chi mi accusa di essere servo del padrone perché ho lavorato per Mediaset, chi mi rimprovera di essere ignorante, chi di fare l’intellettuale. Il punto è che non sono mai nel mirino perché mi va solo e soltanto di essere me stesso. Il mio vero lavoro? La radio, certamente. Ma sono uno che cerca di fare tutto al meglio delle sue possibilità. Quando ho fatto il cinema ho sentito attorno molte perplessità, quando mi sono messo a scrivere mi hanno detto: ma come ti sei permesso? Una cosa è certa: sono onesto, e faccio solo quello che mi piace veramente, non cambio per strizzare l’occhio al pubblico”» (Paola Zonca, ”la Repubblica” 3/4/2003). «Non sono specialista di niente. Faccio tante cose insieme perché non so farne una in particolare, e mi dico che imparerò strada facendo. Ma soprattutto se ne va male una mi restano le altre [...] Il nome me lo ha dato Claudio Cecchetto, tanto tempo fa. Eravamo tre Fabi a Rete 105, io avevo scritto una canzone che si chiamava Volo e sono diventato ”il Fabio di Volo” [...] Sono un trentenne d’oggi che cerca di arrangiarsi nella vita, sapendo che non ha più molto tempo per fare le scelte definitive. La mia fortuna è poter dire quello che penso e non essere legato a un personaggio che alla lunga diventa una prigione. Che devo dire? Sono un ragazzo fortunato» (Raffaella Silipo, "La Stampa" 14/6/2003). «Indietro tutta, un vero mito, anche se era faticoso per me. Facevo il panettiere a quell’epoca, stavo al forno, dovevo alzarmi alle cinque di mattina e dunque andare a letto tardi la sera era un casino. Ma Arbore non lo perdevo […] Ho cominciato a 22 anni in discoteca come intrattenitore. Poi ho scritto canzoni, ho partecipato al Festival di Castrocaro. Ho lavorato in radio con Cecchetto. Poi la crisi: stavo diventando famoso ma mi sentivo infelice. Facevo tutto per piacere agli altri, non per me stesso. Sono andato a Londra, a fare lavori manuali. Mi sono dato alcune regole fondamentali, ho imparato a dire no. Sono tornato in Italia, ho lavorato in tv a Match Music, poi sono arrivate le Iene» (Maria Volpe, ”Corriere della Sera” 1/4/2001). «Figlio di panettiere e panettiere egli stesso dai 14 ai 20 anni, finita la terza media e l´addio alla scuola, poi cameriere a Londra, ma ”preferirei non insistere sui mestieri umili, ho già commosso troppa gente [...] Considero il lavoro come una droga, dico sempre ”l´anno prossimo lavoro meno’, poi mi offrono sempre qualcosa che accarezza il mio ego e non riesco a rifiutare. In questo momento della vita ho smesso di fumare e non ho altre droghe, se non la liquirizia. [...] Non ho il fisico per la volgarità, sono un po´ bruttino e timido. Anche quando vado nudo da Alessia Marcuzzi mi perdonano, sembra che si spogli Topolino. [...] Cantavo nel baretto vicino casa, a Brescia, scrivevo canzoni, le ho pubblicate, poi ho fatto un provino alla radio, è andato bene, ho cominciato così. Poi cinque anni fa sono arrivate Le iene, un´esperienza bellissima durata tre anni, quella che mi ha dato popolarità e con cui ho imparato un sacco di cose. Sono stato un ragazzo fortunato. Talento? Neanche uno, ma non lo diciamo altrimenti se ne accorgono. [...] Io ho qualche problema con il successo. Sarei ipocrita se dicessi che non sarei contento di diventare più ricco e più famoso, ma il piccolo successo avuto lavorando a Radio Capital con Cecchetto, mi aveva scombussolato, e proprio in quel periodo sono andato a Londra a lavare i piatti. E pelavo le patate a forma di cuore per fare colpo sulla cameriera inglese, unico modo di comunicare perché sapevo solo dire yes e sorry. Quando lavoravo al forno di mio padre facevo i panini a forma di cuore per le ragazze e qualche volta funzionava. [...] Il mio stare bene è determinato dalla possibilità di esprimere la mia creatività, allora mi passano le ansie e le paranoie. Perciò ho fatto Il volo su La 7, non c´era la follia dell´audience, mi sentivo libero, era un programma un po´ surreale, io ero stralunato per stanchezza, nello stesso periodo stavo girando Casomai. [...] Il sogno della mia vita è fare il presentatore classico, che introduce gli ospiti e fa domande su vari argomenti. [...] Non sono qualunquista, ho la mia ideologia, ma faccio il buffone non il politico, chi mi segue capisce da che parte sto. Non ho votato Berlusconi, non mi piace quella linea, non mi interessa, ma a volte mi offende anche Rutelli, pur essendo di sinistra. A me non piace Mc Donald´s, ma non vado a tirare sassi alle vetrine. Credo che con il mio lavoro l´unica cosa rivoluzionaria è fare bene quello che faccio, non voglio condizionare nessuno in nessun modo. [...] Zia Leti è la sorella di mia nonna, l´ultima di 13 fratelli, ha quasi 68 anni, vive sul lago d´Iseo, mi adora. diventata famosa, vorrebbero farle fare la pubblicità, ma non sono d´accordo, devo tutelarla. Lei è il mio rapporto umano con il mondo normale. Come Ivo, il mio amico di Verona che porto sempre con me, sarà anche nel programma di Italia 1. la mia concretezza, quella di uno cresciuto a Peppone e don Camillo, in provincia, una provincia sana, di quelle che fanno bene”» (Maria Pia Fusco, ”la Repubblica” 20/9/2003).