Varie, 7 marzo 2002
Tags : Lars Von Trier
VON TRIER Lars Copenhagen (Danimarca) 13 aprile 1956. Regista • «Fama di personaggio stravagante e plurifobico (viaggia pochissimo, solo in camper) [
VON TRIER Lars Copenhagen (Danimarca) 13 aprile 1956. Regista • «Fama di personaggio stravagante e plurifobico (viaggia pochissimo, solo in camper) [...] "Sono una persona mossa dalla voglia continua di sperimentare. [...] Imbraccio personalmente la cinepresa, la tengo a pochi centimetri dal viso degli attori per coglierne ogni espressione. Sul set ci sono altre 15 telecamere, l’inquadratura è ricomposta come in un puzzle [...] Mi vergogno un po’, ma non vado mai al cinema. L’ultima volta ho visto Magnolia: mi è piaciuto. Da ragazzo, quando sognavo di diventare regista, ho fatto indigestione di film. Poi, una volta deciso quale sarebbe stata la mia strada, ho smesso di guardare le cose degli altri [...] Sono un regista che ha un ideale e lo insegue in tutte le sue opere. Giro film per il mio piacere personale: non solo per farli, soprattutto per vederli. Adoro avere un’idea innovativa e verificare sul campo che funziona [...] Sui miei set, ogni singolo gesto richiede un atto di fede. Gli attori lo sanno e si affidano a me completamente, dopo aver provato e riprovato come a teatro"» (Gl. S., "Il Messaggero" 25/5/2003). «Non faccio film per compiacere il pubblico, faccio quelli che vorrei vedere io. Naturalmente poi verifico se i miei gusti coincidono con quelli degli altri» (Giuseppina Manin, ”Corriere della Sera” 25/5/2003). «’In questo momento vorrei avere un sosia, come Bin Laden. L´Italia mi fa un po´ paura, mi farebbe piacere conoscerla, ho visto tanto bel cinema italiano, amo Fellini, ma c´è troppo calore umano, troppa natura. [...] Barry Lindon, il mio film preferito”. A proposito delle donne così ferocemente maltrattate nei suoi film, ”è il mio cinema che le maltratta, ma non rappresenta la mia visione delle donne. Io le amo, ho lavorato benissimo con tutte le attrici, mi rapporto meglio con loro che con gli uomini, anzi la mia parte femminile si è così sviluppata che talvolta faccio fatica a recupare quella maschile. [...] Se qualcuno si addormenta pazienza, dormire fa bene. Anch´io mi sono addormentato la prima volta che ho visto Barry Lindon, poi è diventato il mio film preferito. E mi piace il cinema che delude e disturba, nel conformismo di oggi è sempre più raro. [...] La vendetta è un sentimento umano, nei miei film non ci sono eroi del Bene o eroi del Male, ci sono esseri umani, con le loro debolezze, la loro generosità, la loro cattiveria. L´individuo può essere anche spietato, è la società che non può permetterselo, la società dev´essere giusta e tollerante. [...] L´arroganza può essere anche di chi vuole imporre l´onestà o il Bene, anche Gesù potrebbe essere arrogante con la sua sicurezza di essere nel giusto. Qualunque critica denota arroganza, perché si pretende di saperne di più”» (Maria Pia Fusco, ”la Repubblica” 6/11/2003). «Poche righe, dopo dieci anni e una quarantina di film ”certificati”, pongono fine al Manifesto Dogma 95. […] Prima di sistematizzare i principi della scuola Dogma, il danese Lars von Trier, nato nel ”56, era già balzato all’attenzione internazionale come uno dei più promettenti innovatori dell’orizzonte cinematografico di fine secolo, con i film L’elemento del crimine (1984) e soprattutto Europa (1991) che fanno di lui e della sua stravaganza il chiacchierato erede ora del rigorismo di Dreyer ora dell’espressionismo tedesco. Della Nouvelle vague o delle prove più estreme del Nuovo cinema tedesco. Nel 1995 nasce la necessità (ma, il sospetto è fondato e perfino autorizzato dai continui spiazzamenti creati dal portabandiera Lars von Trier, anche il gioco provocatorio e irriverente) di teorizzare una scuola. Il principio di una nuova ”castità” e di una rifondata purezza si esprime in un decalogo che impone l’uso della camera a mano, proibisce scenografie, colonne sonore e trucchi fotografici, e ordina l’assenza dai titoli di testa del nome del regista. I risultati artistici dei comandamenti sono Festen di Vinterberg, Le onde del destino e Idioti di Lars von Trier, ma forse soprattutto dello stesso Von Trier la serie tv The Kingdom. Che al di là delle contingenze anche modaiole dei proclami avanguardistici resta - accanto a prove di Bergman, Fassbinder, Kieslowski, Reitz - come uno dei fondamentali capitoli del superamento creativo degli steccati linguistici tra cinema e televisione. In seguito lo stesso Lars von Trier comincia a dare l’esempio di quel principio d’irriverenza che voleva anzitutto affermare - le regole sono fatte per essere infrante - introducendo elementi nuovi, contraddittori o persino di ”tradimento” nelle sue opere successive. Quelle che lo hanno reso noto al pubblico più vasto: Dancer in the Dark, il musical con Björk e Catherine Deneuve, e Dogville con Nicole Kidman. ”Sono convinto che Dogma col tempo verrà considerato uno degli eventi più importanti nella cinematografia europea della fine del ventesimo secolo”: così ha sentenziato […] Wim Wenders, chissà se rendendo giustizia a un movimento rivoluzionario proprio perché non si è mai preso troppo sul serio» (p. d’a., ”la Repubblica” 21/3/2005).