varie, 7 marzo 2002
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Weir Peter
• Sydney (Australia) 8 agosto 1944. Regista. Film: Picnic ad Hanging Rock, L’attimo fuggente, Truman show, Master&Commander. «Ha detto Matisse: ”I pittori dovrebbero avere le lingue tagliate”. Questo dovrebbe valere anche per i registi. meglio lasciare parlare i film [...] I film sono come il vino, alcuni devono essere bevuti subito, altri possono invecchiare [...] Non sostengo nessuna ideologia. Sono uno che racconta storie, un ”troubadour” che si muove da una corte all’altra. Canto delle canzoni... e vado oltre. Non mi faccio coinvolgere negli affari della corte. Sarebbe troppo pericoloso. Dominare il mestiere del regista è il lavoro di una vita, richiede calma e concentrazione. Essere coinvolto nella politica inibisce il subconscio, ma è da lì che arrivano le storie [...] Sono cresciuto a Sydney, non c’era che cultura popolare: comic books e sabati pomeriggio ”flicks”, sciocchi! La maggior parte dei film erano americani – cowboy e gangster – ma io ho anche amato gli horror inglesi della Hammer Film. Non c’era un cinema australiano allora: solo un uomo, Charles Chauvel. Un giorno vidi Vite vendute di Clouzot. Ero esausto quando uscii dal cinema perché avevo dovuto leggere i sottotitoli, era la prima volta. Mi si aprirono le porte del cinema europeo[...] Il mio primo film era stato un disastro al box-office. Fu una fortuna. Mi rese più determinato. Devi fallire come persona creativa, almeno ogni tanto! Se non sbagli significa che non prendi dei rischi, non vivi pericolosamente. Girai subito dopo Picnic a Hanging Rock, e fu un successo, soprattutto in Italia. Per questo sono appassionato del vostro Paese? Tale è la vanità [...] Ho girato molti tipi di film – dagli indipendenti agli Studios – ma non c’è differenza, la domanda è sempre la stessa: ”Cosa è giusto?”. La lotta è all’interno, il resto è dettaglio. Il denaro non compra tutto [...] Non voglio sentirmi troppo a mio agio in America, preferisco essere un outsider, così penso di avere un punto di vista più acuto» (Paolo Cervon, ”Corriere della Sera” 9/6/2004). «Un anno vissuto pericolosamente, Witness-Il testimone, L’attimo fuggente, Truman show: nella carriera di Peter Weir gran parte dei film hanno protagonisti maschili. ”Qualcuno scherza su una repressa omosessualità, ma è tutto più banale, conosco meglio la psicologia maschile” [...] Weir illustra con semplicità e intelligenza il mestiere di regista, che ”quando fa il cast è come un detective alla ricerca di una persona scomparsa, ha la ”fotografia’ del personaggio, conosce le caratteristiche fisiche e psicologiche, e deve identificarlo tra le centinaia di facce che gli si presentano. A volte per un ruolo maschile si trova una donna, io ho scelto Linda Hunt per Billy Kwan in Un anno vissuto pericolosamente” [...] Ricorda la sua crisi d’autore ”quando mi sentivo prigioniero della necessità del successo, andai in Asia da un guru su una montagna, mi era concessa una sola domanda. Che devo fare? ”Devi preoccuparti e non preoccuparti nello stesso tempo’, una frase a cui penso sempre, so cosa significa. Ci sono due Peter, luce e ombra, quello solare entusiasta, che legge un copione, lo approva, gli piace il cast e l’altro, notturno come l’inconscio, che dice no quando luce e ombra non s’incontrano, quando non trova le sfumature dell’ambiguità”. Un’ambiguità che spesso crea perplessità tra gli americani. ”Con gli americani abbiamo la stessa lingua, radici culturali comuni, i nostri paesi sono colonialisti, ma non potrei viverci. Posso lavorare in America. Dove ancora mi rimproverano Picnic a Hanging Rock. Vogliono sapere dov’è finita la ragazza, loro che mandano l’uomo sulla Luna non possono pensare che non si ritrovi una persona su una montagna”» (Maria Pia Fusco, ”la Repubblica” 17/6/2004).