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 2002  marzo 07 Giovedì calendario

WERTMÜLLER Lina (Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braucich) Roma 14 agosto 1926

WERTMÜLLER Lina (Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braucich) Roma 14 agosto 1926. Regista. Dopo essere stata aiuto regista di Fellini per Otto e mezzo, nel 1963 fa il suo esordio dietro la macchina da presa con I basilischi. Nel 1964, per la tv, cura la regia del Giamburrasca con Rita Pavone. Dirige alcuni film di grande successo come Mimì Metallurgico ferito nell’onore (1971), Film d’amore e d’anarchia (1973), Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto (1974). Nel 1976 riceve una nomination agli Oscar come miglior regista per il suo Pasqualino settebellezze (1975). «A furia di resistere e sopravvivere a se stessa è ormai considerata una maestra, da Quarto Oggiaro a Mazara del Vallo» (Pietrangelo Buttafuoco, ”Dizionario dei nuovi italiani illustri e meschini”, 31/10/1998) • «[…] ”La politica? terribile. Ti mettono un’etichetta, ti piazzano sullo scaffale e poi ti usano. Sono sempre stata di sinistra, ma non amo le caselle, non ho mai avuto tessere e questo fa irritare. Mi hanno dato della craxiana, come fosse un insulto. Bettino Craxi era un uomo intelligente, coraggioso, è stato l’unico ad alzarsi in Parlamento e a confessare la verità sui finanziamenti ai partiti. Contro di lui sono stati usati 24 pesi e 24 misure e, finalmente, […] qualcuno ha iniziato a rivedere il giudizio. Detto questo, l’arroganza socialista esisteva, eccome. Penso a Gianni De Michelis che aveva sempre l’aria di quello che si vanta di andare a mignotte, o in discoteca: questo ha danneggiato moltissimo il senso comune degli iscritti, quelli di base. La verità è che ad unire la sinistra non sono mai state le grandi solidarietà interne, al fondo chi ci ha unito è sempre stato il nemico. Avere un odio comune tiene stretti, com’era successo in guerra. Abbiamo combattuto contro il fascismo, contro l’occupazione nazista. Mio padre Federico, che era giornalista e antifascista, fu costretto a cambiare mestiere, a diventare avvocato, dopo che si era messo contro due gerarchi. Purtroppo, anche in tempo di pace, abbiamo continuato a demonizzare per unirci. Prima il diavolo era la Dc, nella persona di Giulio Andreotti, poi il povero Craxi, adesso il Male che unisce è incarnato nella persona di Silvio Berlusconi. Mi chiedo: se non ci fosse lui, se un giorno tornasse al cinema e alla tv, come faremmo a tenere insieme la sinistra? Dovremmo trovare in fretta un altro avversario o scioglierci!”. Autrice di teatro, televisione – il suo Giamburrasca, datato 1964, è ancora un mito tv – e regista di storie a sfondo sociale, dice di sentirsi ”un lupo solitario o una scugnizza”, a seconda dei giorni. […] Per Mimì Metallurgico, 1971, ironico racconto dell’immigrazione interna, ”andavo all’alba ai cancelli della Fiat. Incontravo Giuliano Ferrara, della federazione giovanile comunista, a dare volantini”. Altri tempi. Con orgoglio, rivendica il diritto a non essere una regista ”politica”: ”Tutte le pellicole contengono un messaggio, ma il cinema politico è un’altra cosa. Il nostro unico maestro, in questo campo, è Francesco Rosi. Lui salda la curiosità da giornalista alla moralità umana, alle sue certezze. Lavora anni e costruisce capolavori, come Le mani sulla città, che hanno ispirato tutto il cinema americano. I registi giovani fanno cronaca, va bene per la tv, come gli sceneggiati su Falcone e Borsellino. Soltanto Rosi è capace di analizzare Che Guevara per dieci anni, per capire se ne sarebbe venuta fuori una sceneggiatura”. Per lei, poi, ”L’unico film veramente politico e forse profetico è Prova d’Orchestra di Fellini”. Non nominate davanti a Lina Nanni Moretti. Scatta come una molla e sbotta, ”mi fa cag... ma non lo scrivere, oppure no. Scrivi!”. Ricordate? Michele, protagonista del primo film, Io sono un autarchico , alla notizia che un’università americana aveva assegnato una cattedra alla Wertmüller, iniziava a vomitare un liquido verde, proprio come Linda Blair ne L’esorcista, allora appena uscito. ”Mi divertii alla citazione – assicura oggi lei – quando lo incontrai al festival di Berlino andai per stringergli la mano, gli dissi che il film era carino, che la battuta su di me faceva ridere, lui per tutta risposta non mi salutò, era livido e maleducato. Non mi pare un tipo spiritoso”. Anarchica da bambina, ”sono stata cacciata da undici scuole per cattiva condotta”, la regista s’infiamma alle manifestazioni politiche degli anni Quaranta, trascinata da Miriam Mafai, ”eravamo delle ragazzine, leggevamo tanto. La mia prima volta, al processo di Sasà Bentivegna, partigiano dei Gap, imputato davanti al tribunale militare, urlavamo”. Lina Wertmüller racconta di essersi allontanata dal Pci nel 1956, dopo i fatti dell’Ungheria. Essere di sinistra, dice, ”era, ed è stata per cinquant’anni, una moda culturale, ma anche una necessità per fare parte del giro giusto. Facevano eccezione Ermanno Olmi, che era ed è cattocomunista, Pupi Avati, cattolico senza etichette e Franco Zeffirelli, che è così bravo da non avere mai avuto bisogno di nessuno. Gli autentici militanti erano pochi: il produttore Nello Santi era stato eroe della Resistenza, poi dirigente del Cln, il comitato di liberazione nazionale, realizzò il grande Salvatore Giuliano; Gian Maria Volontè era un uomo vero, impegnato sul serio nelle battaglie politiche, Carlo Ponti era di famiglia socialista. Era democristiano nel cuore il grande Alberto Sordi, onesto e buono, che ha scritto nel testamento la dimostrazione della sua generosità, anche se qualcuno dice: ha lasciato tutto in beneficenza per paura dell’Inferno. Povero Alberto, e se anche fosse? Tutti gli altri, a parte Giorgio Albertazzi, votavano socialista o comunista. E pazienza se erano stati, come Dario Fo, ragazzi fascisti. In Italia si fa tutto sempre contro, siamo extraparlamentari di centro”. All’undicesima scuola, il ”Cicerone” del quartiere Prati, Lina incontra una compagna di banco che farà la sua fortuna: Flora Carabella, futura moglie di Marcello Mastroianni. Flora a portarla verso l’Accademia d’arte drammatica, è lì che si crea un gruppo allargato ai D’Amico, a Bice Valori, Paolo Panelli, Nino Manfredi. Chi li ha frequentati li ricorda quasi come fratelli e sorelle, uniti nel lavoro e nella vita, nelle vacanze al mare e nelle avventure professionali: hanno attraversato insieme la storia dello spettacolo italiano”. […]» (Barbara Palombelli, ”Corriere della Sera” 11/3/2005).