Varie, 7 marzo 2002
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Williams Robbie
• Stoke on Trent (Gran Bretagna) 13 febbraio 1974. Cantante. Ex membro dei ”Take That” • «Gay, omofobico, tossicodipendente, incapace di amare, misogino, solo come un cane, depresso, in preda agli psicofarmaci. Tutto vero? Quasi tutto, ma omosessuale proprio no. Anzi, il nonno Jack, quando il papà di Robbie abbandonò la famiglia, cominciò a impartire al nipotino lezioni di pugilato, convinto che uno sport virile l’avrebbe tenuto lontano dalle tentazioni gay in cui la mancanza di un genitore potrebbe indurre. [...] Dopo un periodo di riabilitazione fortemente sollecitato anche da Elton John (che gli fece piombare in casa mentre dormiva uno staff di esperti in tossicodipendenza), Williams ora si aiuta ”solo” con gli psicofarmaci e non riesce ad avere una relazione stabile che vada al di là di una notte con una ragazza rimorchiata in anonimato in un bar per single di West Hollywood. Il giorno della verità [...] arrivò nel novembre del 2000, quando Robbie non riuscì a esibirsi nell’ultimo dei sei concerti londinesi. [...] ”Ero a pezzi, sul punto di crollare, terrorizzato dal palco e dalla folla. Era come se ogni persona che mi avvicinava portasse via un pezzo di me”. Fu a quel punto che gli antidepressivi cominciarono lentamente a prendere il posto di alcol e cocaina. ”Sono le pillole che mi fanno ingrassare”, esclama Robbie per giustificare il suo ventre non proprio piatto. Dice di non trovare attraente Cameron Diaz, che non gli fa piacere rivangare l’amicizia bruscamente interrotta con i fratelli Gallagher degli Oasis, ma ricorda chiaramente in numero di stanza e il nome dell´albergo ”in cui io e Liam ci drogavamo cantando All around the world”. Infine, un barlume di saggezza: ”Se nel mondo ci fosse giustizia, non sarei certo una popstar. Starei a Stoke-on-Trent (il suo paese natale, ndr) a raccontare in un pub come cantavo quando ero ragazzino. Ma grazie a Dio a questo mondo non c’è giustizia”» (Giuseppe Videtti, ”la Repubblica” 9/9/2004). Nell’ottobre 2002 firmò con la Emi un contratto da 80 milioni di sterline. «’Mia madre diceva che sarei stato davvero volgare se avessi parlato di soldi, ma ora posso dire che sono ricco al di là dei miei sogni più sfrenati”. il contratto più alto mai siglato nella storia della discografia britannica. In assoluto, soltanto Michael Jackson è stato capace di strappare di più a una casa discografica […] Il contratto prevede quattro album e soprattutto l’impegno a cercare di far diventare Williams una star anche negli Stati Uniti, l’unico mercato nel quale ancora non ha fatto breccia. Nel 2001 il disco Swing When Yoùre Winning vendette 5,4 milioni di copie nonostante non fosse uscito negli Usa e nel suo Paese ha piazzato in totale 10 milioni di album, scalando sistematicamente la hit parade. Ha poi vinto 13 Brit Awards, 9 dei quali come solista» (’Corriere della Sera” 3/10/2002). «Anello di congiunzione fra la nuova e la vecchia musica popolare. Faccia simpatica da mascalzone e da attore di film Anni Cinquanta, sculettatore che neanche la più consumata lapdancer, egli accende l’immaginario giovanile ma non viene disdegnato dai più agés per il robusto versante melodico della sua produzione, che ne fa un curioso incrocio fra Elton John, Eros Ramazzotti e i fratelli Gallagher. [...] l’assoluta devozione di cui è oggetto nel proprio paese, al punto che è dovuto scappare perché la vita privata non era più vivibile: ora vive in un villone di Bel Air in Los Angeles, poverino, in quegli Stati Uniti dove invece non è ancora riuscito a sfondare. Ha confessato che lì si annoia e si sente così solo, che spesso va al bar per attaccare discorso con il primo che passa a bere una pinta al bancone e questo non è bello, da quelle parti (però lo invitano anche ai parties, visto che gira voce non smentita di una recente simpatia con una tipa della dinastia Trump). [...] uno che ha avuto il coraggio di ricantare anche Frank Sinatra (e bene), nel cd Swing When You’re Winning: magari lo rifarebbe live, se non ci fosse rischio di far scappare l’incolta clientela adolescenziale. Robbie è performer di razza, ancorché bisognoso di ulteriore esercizio» (Marinella Venegoni, ”La Stampa” 21/10/2003).