Varie, 7 marzo 2002
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Young Neil
• Toronto (Canada) 12 novembre 1945. Cantante. Chitarrista. La musica è fin dall’infanzia la sua passione, a 15 anni suona la chitarra elettrica. Dopo le superiori, approda negli Squires, una formazione beat. Frequenta il circuito folk canadese e conosce Rick James oltre a Joni Mitchell. Poi, tenta la strada della California. Lì fonda i Buffalo Springfield, che diverranno uno dei gruppi di riferimento del country-rock. Nel 1968 è solista con l’omonimo album Neil Young. All’inizio del 1969 esce Everybody Knows This Is Nowhere, prima collaborazione di Young con i Crazy Horse. «Uno dei più grandi narratori musicali del nostro tempo, l’uomo che scappò dalle montagne del suo Canada portandosi dietro per sempre la sensazione ”di aver tradito qualcuno o qualcosa, ma non ho mai scoperto né chi né cosa”. E che poi, nella California in fermento di metà anni Sessanta, cominciò ad esprimere quel misto di malinconia e di aggressività che in poco tempo (in realtà già al terzo disco, After the goldrush, era un mito) è diventata la sua inconfondibile cifra stilistica. […] Se Nash è solare, Crosby pacioso e Stills pittoresco, Young è diffidente e mal sopporta le intrusioni» (e.s., ”la Repubblica” 6/8/2002). «Artista mito e uomo dai grandi dolori privati, una voce dal timbro inconfondibile, fragile, acuta, cupa, comunque appassionata, e un tocco di chitarra che è vero marchio di fabbrica e non delude mai. […] La capacità di reinventarsi pur rimanendo sempre se stesso è una delle qualità che contribuiscono a renderlo speciale fin dagli esordi negli anni Sessanta: ha esplorato i colori di folk, rockabilly, country, rock, persino del soul e del R& B […] riuscendo peraltro a far puntualmente riconoscere al volo il suo personale sound» (Gloria Pozzi, ”Corriere della Sera” 4/5/2003). «Irriducibile menestrello della vecchia guardia che per nessuna ragione al mondo vuole mollare la presa, e rinunciare a esprimere quello che pensa del mondo. [...] Tra i pochi a essere rispettato anche dai duri e puri del rock militante di oggi (alcuni come i Mercury Rev lo imitano spudoratamente), ha inciso non molti anni fa con i Pearl Jam, lo hanno definito di volta in volta padre del punk, poi del grunge, oggi soprattutto di se stesso, di questa oscura poetica che scava nelle viscere dell´America» (Gino Castaldo, ”la Repubblica” 27/8/2003).