Varie, 7 marzo 2002
ZAVOLI
ZAVOLI Sergio Ravenna 21 settembre 1923. Giornalista. Politico. Eletto al Senato nel 2001, 2006, 2008 (Ds, Pd). Inizi nel 1947 al Giornale Radio diretto da Antonio Piccone Stella, prima notorietà con i documentari Scartamento ridotto, Notturno a Cnosso (premio Italia 1954), Clausura (premio Italia 1957, tradotto in sei lingue). Tra i suoi programmi più noti Processo alla tappa (1962-1969), Nascita di una dittatura (1972), La notte della Repubblica (1989). Dal 1976 all’80 fu direttore del Gr1, dall’80 all’86 presidente della Rai. Dal 2008 è presidente della Commissione di vigilanza Rai • «Racconta come nacque ”dalle mani di una levatrice, che bolliva il suo armamentario nella pentola dei cappelletti”. E racconta anche come, per festeggiarlo, suo padre ”mise a rumore mezzo quartiere sturando 23 bottiglie di Sangiovese”. Confida come imparò a vivere ”dalle piccole cose dette da mio padre, che le aveva sentite da suo padre, che le aveva sentite da suo padre”. E confida anche come suo padre lo ammonisse: ”Non diffidare del tuo talento, ma non abusarne”. E: ”Se ce l’hai, centellina questa grazia. Se non ce l’hai, non sgomitare inutilmente”. Ammette che ”la vita è lunghissima. Quante cose sono successe, quante persone ho conosciuto, quante situazioni ho vissuto”. E ammette di essere stato fortunato, perché ha fatto le cose che più amava fare: ”Ricordo padre David Maria Turoldo. Registravamo un programma, prima che morisse sapendo di morire. Disse: ’Ogni giorno che ci resta da vivere è un giorno nuovo mai vissuto da nessuno prima sulla Terra’”. Dice che le lezioni più convincenti le deve al ciclismo, ”una passione, nata non per gli aspetti tecnici né per i risvolti immaginifici, ma frutto di un’esperienza umana, reale e completa”. E dice che ”le storie più ricche e sorprendenti le ho sempre sapute dai gregari, che mi parlavano della vita in generale, e mai dai campioni, che invece mi parlavano della loro vita in particolare”. Sergio Zavoli aveva un fuoco, dentro. Da piccolo, proprio un 31 dicembre, lui e i suoi amici decisero di andare a vedere il treno più misterioso del mondo, che arrivava fino in India. ”Ne avevamo sentito parlare, ma l’ora del passaggio di quel treno lo rendeva così estraneo da indurci a credere che, forse, neppure esistesse. Ci trovammo alla ferrovia ad aspettare che dalla curva del Marecchia spuntasse ilmostro notturno. ’Le Indie’ attraversava Rimini ogni 15 giorni, alle 2.14. Si fermava un paio di minuti per rifornirsi d’acqua alle maniche nere che aspettavano la testa del convoglio dove finivano le tettoie. E poi ripartiva, per Brindisi, il mare, e l’Oriente. Quando apparve, ci sembrò un enorme bruco. Ci scivolò davanti e, quando si fermò, aggiustandosi con i mantici che univano le carrozze, parve respirare. Dopo un po’ si sollevò la tendina di un finestrino. Una lampada a vetri colorati riverberò la sua luce viola, gialla e azzurra sui profili di una donna e di un uomo. Parlavano e fumavano, con gesti morbidi. Fecero toccare l’orlo delle coppe, si guardarono a lungo, bevvero. ’Che Capodanno’, sospirò uno di noi”. E’ come se bruco nero, lampada a vetri colorati, fumo e coppe siano rimaste dentro in tutti i servizi giornalistici di Zavoli. Be’: non proprio. ”Giro d’Italia. Lucillo Lievore, gregario, vicentino di Breganze, evase dal gruppo. Fu il gruppo a lasciarlo andare. Guadagnò 17 minuti di vantaggio e allora, in moto, lo raggiungemmo, e cominciammo a dialogare. Un dialogo fra me e lui, talvolta anche fra me e la sua ombra. C’era qualcosa di irreale, quel giorno. Forse Lievore, gregario in fuga, o forse quei 17minuti, un’enormità, o forse il paesaggio, fatto di calanchi e da una terra simile alla pomice. Ogni tanto qualcuno, con gli occhi fuori dalla testa, gridava cose indecifrabili, poi come improvvisamente era apparso, così misteriosamente scompariva. Anche per questo la fuga solitaria di Lievore diventò epica, e metafisica. Aveva il terrore di essere ripreso. Io lo incoraggiavo: ’Non voltarti’, ’Tieni duro’, ’ Pensa a casa’. Quei 17 minuti mi sembravano un’eternità: ci sarebbe voluto un elicottero per annullare il distacco. E lui, invece, piangeva: ’Sento che mi prendono’, ripeteva, come se fosse un segno del destino. Ma la cosa più straordinaria è che lui sapeva che, davanti, c’era un altro corridore, più in fuga di lui, e io invece no, lo ignoravo. Alla fine tutto questo mi sembrò una metafora della vita. Cioè che si può lottare anche per arrivare secondi, o terzi, o ultimi, o fuori tempo massimo. Perché il mondo non è fatto di primi, vincitori e vincenti, ma di secondi, terzi, ultimi, di gente che arriva fuori tempo massimo pur sputando sangue”. E Mazzacurati. ”Italo Mazzacurati, bolognese, gregario, lo spirito allegro del gruppo, quello che con un’invenzione scompaginava la carovana. La sua specialità era navigare in fondo al plotone e imprigionare qualche campione rimasto attardato. La chiamava: la ragnatela. Se Mazzacurati fosse stato in grado di abbinare alle sue straordinarie doti strategiche e tattiche anche un po’ di talento ciclistico, sarebbe stato inarrivabile, il killer per eccellenza”. E Taccone. ”Vito Taccone, abruzzese di Avezzano, una delle mie spalle ideali, capace di resuscitare avventure sepolte nella pancia del gruppo e di raccontarle come un antico cantastorie”. Solo una volta Zavoli si sentì in imbarazzo: ”Quando Felice Gimondi, ragazzo esemplare, in bici e a piedi, un po’ come Italo Zilioli per educazione e senso del mestiere, salì sul palco e in stato di evidente concitazione, alla mia domanda ’ma cos’è successo?’, rispose: ’E’ scoppiato un gran casino’. Quasi 40 anni fa la parola ’casino’ aveva ben altro impatto: oggi la pronunciano anche i preti. Io pensai come risuonò nelle case della buona gente che seguiva il Processo alla tappa e idealizzava questi ragazzi oltre le loro virtù atletiche. E mi adoperai per parare il colpo. Dissi: ’Avete ascoltato questaparola, e l’hapronunciata uno dei nostri corridori più seri. E’ la prova di quello che scatena l’acido lattico, a sua volta prodotto dall’immane fatica di una corsa ciclistica. La perdita della misura’. Gimondi mi guardava esterrefatto”. Questi corridori. ”Mai sentito dire: ’Sono contento di essere arrivato uno’. Invece sono straordinari affabulatori. C’è da capirlo: dribbling e tunnel sono episodi fulminanti, al massimo meritano un racconto; ma tappe di cinque o sei ore, con salite che ti spogliano anche dell’anima e discese in cui le schegge delle rocce ti strappano la maglia, sono come romanzi. Il ciclismo è così ricco che sarebbe bellissima anche una tappa inventata. Per Orio Vergani il fatto era sovrano, ma il resto era un grande omaggio all’invenzione, cioè letteratura e poesia”. Zavoli ama lo sport: ”Non c’è grande torneo che non mi perda, almeno in tv. E non c’è piccola manifestazione cui, invitato, sappia dire di no. Forse perché c’è sempre da scoprire, sorprendersi e imparare. Lo sport ti insegna che si può vincere anche prima di arrivare al traguardo. E a volte il traguardo, cioè la fine, non esiste. Un giorno raccontavo a Federico Fellini un sogno in cui precipitavo. ’Forse la mia fine’. E lui: ’Perché fine? Forse è l’inizio’. E aggiungeva: ’E non sei curioso di sapere come va a finire?’”» (Marco Pastonesi, ”La Gazzetta dello Sport” 21/9/2003). «Democristiano doc, moroteo di fede e di ragione, socialista di Dio. Detto lacrima Christi o salice piangente. Tutto cominciò con Tv7, dove come il Kirk Douglas dell’Asso nella manica riuscì a far piangere in diretta una vittima non ricordiamo più se di un terremoto o di un alluvione. Antenato di Aldo Biscardi: fu lui a inaugurare la formula dei processi televisivi con il celebre Processo alla Tappa (del Giro d’Italia). Anche su questo proscenio però rideva poco. Rimase traumatizzato dagli anni di piombo e dall’assassinio del presidente della Dc Aldo Moro: da allora è diventato sempre più lunare, dedicandosi esclusivamente allo studio del crepuscolo, della lunga notte della Repubblica. Convinto sostenitore della tesi secondo cui Moro poteva essere salvato ma fu sacrificato dagli interessi convergenti di una parte della Dc e del Pci» (Pietrangelo Buttafuoco, ”Dizionario dei nuovi italiani illustri e meschini”, 31/10/1998).