Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2002  marzo 07 Giovedì calendario

Zawinul Joe

• Vienna (Austria) 7 luglio 1932, Vienna (Austria) 11 settembre 2007. Musicista • «La sua è la storia di un musicista europeo che andò negli Stati Uniti e cambiò il volto del jazz americano. E’ la vicenda di un talento naturale, enfant prodige del pianoforte, che vinse una borsa di studio a Boston e fu il primo a inserire gli strumenti elettrici nel jazz, passando l’ispirazione a Miles Davis: dalla loro collaborazione sarebbero nati il jazz ”elettrico” e le diverse correnti del jazz-rock e della ”fusion music”, che stabilirono il lessico della maggior parte dei generi contemporanei. Ma è anche la storia di un contadino austriaco, nato in una famiglia numerosa e poverissima nei sobborghi di Vienna, che rimase sempre legato al suo strumento originale, la fisarmonica suonata nelle feste in campagna. Vi vedeva la possibilità di accedere, attraverso una tastiera, a vere e proprie orchestrazioni sinfoniche, preconizzando l’avvento dei sintetizzatori, di cui da oltre un quarto di secolo è considerato un mago. A partire dalla quindicennale esperienza dei suoi Weather Report, il gruppo che tra il 1971 e il 1985 creava ”film per le orecchie e colonne sonore per la mente” è, per consenso comune, l’unico poeta della muscia più disumana – nel bene e nel male – prodotta dal nostro secolo: la musica elettronica. Il suo modo di umanizzarla sta nel contaminarla coi suoni naturali, coi ritmi di tutte le civiltà musicali esistenti nel mondo. […] ”Oggi la maggior parte della musica è sentita come musica da ballo. C’è un certo beat a cui la gente reagisce: un certo tempo. Gli psicologi ci hanno fatto dei test. A centesessanta battiti al minuto, per esempio, si crea un certo groove, e tutti si muovono […] Il punto è questo: se si vuole cambiare la musica, costruendo un nuovo linguaggio, come fece Schoenberg nella prima metà del secolo, si crea appunto una muscia basata su principi diversi. Ma se lo strumento diventa lo scopo stesso della creazione, non mi sta bene. Lo strumento deve amplificare il pensiero, magnificarlo […] Ci sono tre musiche che io amo sopra ogni altra: il valzer viennese, il jazz tradizionale e le antiche canzoni italiane, come quelle napoletane”» (Gianfranco Salvatore, ”liberal” 7/5/1998).