Varie, 7 marzo 2002
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WANG ZHIZHI Pechino (Cina) 8 luglio 1977. Giocatore di pallacanestro. Il primo cinese chiamato nella Nba
WANG ZHIZHI Pechino (Cina) 8 luglio 1977. Giocatore di pallacanestro. Il primo cinese chiamato nella Nba. «Il compagno che sbagliò sotto canestro è tornato a casa e ha chiesto scusa. Wang Zhizhi, il primo cestista cinese ad aver giocato tra i professionisti americani dell’Nba, ha rimesso piede a Pechino quattro anni dopo la sua clamorosa fuga negli States e ha pronunciato una pubblica abiura per i suoi errori. “All’epoca ero giovane e immaturo - ha spiegato l’ex pivot di Miami Heat, Los Angeles Clippers e Dallas Mavericks - per questo ho preso una decisione profondamente sbagliata. Chiedo scusa a tutti”. Approdato in America nel 2001, Wang Zhizhi rifiutò di partecipare con la Cina ai Giochi Asiatici dell’anno successivo e fu espulso dalla nazionale. Temendo che le autorità cinesi gli impedissero di ripartire per gli Stati Uniti, il giocatore decise di non tornare più in patria. [...]» (“il manifesto” 11/4/2006). «Due metri e quindici centimetri […] non può nemmeno rivendicare di essere un ambasciatore prestato allo sport. Se si vuole leggere il suo tesseramento in modo trasversale, ebbene, una trentina d’anni fa fu preceduto dai pongisti, interpreti del disgelo Usa-Cina con la benedizione di Nixon e Mao. Che ci fa allora in Texas, l’ormai ex luogotenente dell’esercito del Popolo? Be’, è comunque il primo asiatico nella pallacanestro “pro”. Ed è là per giocare. Non rischia il duro legno della panchina […] è un talento puro (chiedere all’Italia, che a Sydney le buscò dalla Cina) e ha solo bisogno di ambientarsi. Poi, probabilmente, spianerà la strada al compatriota Yao Ming, ancora più alto (2,27) e secondo parecchi scout perfino più bravo. Infine, reclamizzerà la candidatura olimpica di Pechino 2008: “Vorrei essere il portabandiera”. Già, perché i principi etici e pratici (dissero i generaloni dell’esercito: “Se lo lasciamo andare via e perdiamo il campionato, come minimo ci degradano”) possono ben cadere davanti agli interessi superiori. E pure agli americani questa operazione fa comodo, al punto da ritirare in un cassetto il sospetto, lanciato ai Giochi 2000, che Wang e Yao sono prodotti della biotecnologia. Intanto, Wang si gusta l’acconto sui trecentomila dollari d’ingaggio (il minimo salariale) e i primi giorni in quel Bengodi vietato fino ad alcuni mesi fa. Frasi celebri? “Voglio mangiare le bistecche texane: sono squisite”; “Spero che la Cina diventi meno misteriosa: non siamo solo quelli della Muraglia e dei panda”; “È un sogno che si realizza: ora imparerò da avversari come Duncan e Garnett”. Alle spalle di tutto, fatta salva la bravura di Wang, pare ci sia la Nike. Ha fiutato che una nazione da 1 miliardo e mezzo di abitanti, qualche scarpa la acquisterà. Tuttavia, c’è un rischio forse sottovalutato: magari ci sono tanti Michael Jordan dagli occhi a mandorla. Ma se li scovi, hai visto mai che nella Nba comanderanno i cinesi?» (Flavio Vanetti, “Corriere della Sera” 31/3/2001).