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 2002  marzo 08 Venerdì calendario

Beers Charlotte

• . Nata a Beaumont (Stati Uniti) il 26 luglio 1935. «La regina della pubblicità nel cuore della diplomazia americana: [...] modesto ufficio al Pentagono, dove lavora dal 2 ottobre 2001 come sottosegretario alle Relazioni esterne. Leggi: responsabile della ”public diplomacy”, cioè della ”guerra di propaganda”. E’ questa bella donna con quarant’anni di straordinaria carriera pubblicitaria alle spalle che deve ribaltare l’immagine dell’America Grande Satana, spesso predominante nel mondo musulmano. Da Madison Avenue, strada newyorkese simbolo della potente industria pubblicitaria, a Foggy Bottom, austera sede del ministero degli Esteri a Washington. ”All’inizio mi guardavano con l’aria di chiedersi: ma questa cosa c’entra con noi? E Powell spiegò: ’Se Ms Beers è riuscita a vendere qualcosa a me, vuol dire che è capace di vendere il mondo intero!’”. E’ stato proprio il Segretario di Stato a richiamare l’elegante signora texana, figlia di un petroliere e laureata in fisica e matematica, con una passione per la country music e gli occhiali alla Jacqueline Kennedy, dal suo terzo tentativo di pensionamento. ”Evidentemente la pensione non fa per me”, dice divertita, ricordando come già altre due volte aveva provato a ”ritirarsi dalle scene” per poi farsi nuovamente coinvolgere in avventure professionali che l’hanno portata a diventare la prima donna a presiedere due delle più importanti agenzie pubblicitarie del mondo: la Ogilvy&Mather e la J.Walter Thomson. E’ lei che ha cambiato l’immagine negativa della IBM all’inizio degli Anni Novanta, è lei che ha lanciato l’American Express, è lei che ha fatto diventare un marchio globale il riso Uncle Ben e le minestre Campbell, immortalate nelle tele di Andy Warhol. ”Questa è senz’altro la sfida più difficile e più importante della mia lunga carriera - afferma un po’ preoccupata - ma è anche un modo meraviglioso per chiuderla. Posso aiutare il mio paese e posso lavorare per la famiglia Bush, che conosco e stimo da tanti anni”. Quando Powell la chiamò dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre, si trovava in Florida con il terzo marito, un ricco mercante d’arte. Accettò subito, consapevole dei rischi di una sconfitta, ma anche fiduciosa nelle sue capacità. ”Non c’è grande differenza tra vendere un prodotto e vendere l’immagine di un paese: il mio lavoro è sempre lo stesso, informare e condizionare. Certo, in questo caso è molto più difficile perché dobbiamo riuscire a vendere una scala di valori, dobbiamo arrivare a comunicare l’intangibile: il comportamento e le emozioni che rendono possibili una democrazia, sapendo che i nostri ’consumatori’ sono nel migliore dei casi cinici [...] La comprensione reciproca è il primo passo verso un futuro meno pericoloso. Certo, far funzionare tutta la complessa macchina della propaganda è un progetto di lungo periodo, che durerà non meno di dieci anni” [...] Ha anche pubblicato una brochure di 24 pagine tradotta in 36 lingue sulla rete del terrorismo e su come combatterlo, corredata di drammatiche foto del crollo delle Torri Gemelle e di dichiarazioni di imam moderati, e che tramite le ambasciate americane viene distribuita nei paesi con forte influenza islamica. Ha attivato un gruppo di esperti pronti ad argomentare in arabo sui network arabi, in particolare su Al Jazira che mandò in onda Bin Laden, e ha formato un comitato di musulmani americani e di specialisti di Medio Oiente, Golfo Persico, Asia centrale. Intende anche creare un ”angolo americano” in ogni parte del mondo, magari chiedendo ospitalità nelle università più prestigiose, per aprire forum e dibattiti e coinvolgere soprattutto le giovani generazioni, ”i leader del futuro” [...] Dalla sua ex-professione ha imparato pazienza e disciplina: ”Chi viene dalla pubblicità sa bene che la prima regola è conoscere e rispettare il tuo pubblico, e che non basta vendere il tuo prodotto una sola volta. Il mio ’consumatore’ ora è molto più esigente, ha opinioni molto forti, spesso distorte e difficilmente influenzabili. E in ogni caso, l’alternativa all’operazione ’vendere l’America’ ai musulmani più ostili sarebbe stato il silenzio: Non avevamo scelta” [...] La ”creativa” più famosa degli Stati Uniti non si perderà comunque d’animo. Il progetto andrà avanti con la prospettiva del lungo periodo. Il quarto pensionamento è rimandato a data da destinarsi”» (’La Stampa”, 24/2/2002).