Varie, 8 marzo 2002
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BJRNDALEN Ole Einar Drammen (Norvegia) 27 gennaio 1974. Biathleta. Vanta 6 ori, quattro argenti e un bronzo alle Olimpiadi, 14 ori, 10 argenti e 9 bronzi ai Mondiali • «Nelle vene di Re Mida scorre sangue doc norvegese ma tre anni di convivenza con la veterana azzurra del biathlon, Nathalie Santer, hanno lasciato solchi profondi: ”Prima di ogni gara mi bevo un bel cappuccino
BJRNDALEN Ole Einar Drammen (Norvegia) 27 gennaio 1974. Biathleta. Vanta 6 ori, quattro argenti e un bronzo alle Olimpiadi, 14 ori, 10 argenti e 9 bronzi ai Mondiali • «Nelle vene di Re Mida scorre sangue doc norvegese ma tre anni di convivenza con la veterana azzurra del biathlon, Nathalie Santer, hanno lasciato solchi profondi: ”Prima di ogni gara mi bevo un bel cappuccino. Sarà un’impressione, ma poi mi sembra di andare più veloce”. Caffé e latte montato, troppo poco per considerare un po’ italiani i quattro ori di Ole Einar Bjoerndalen [...] l’uomo partito da Simostranda, un villaggio di 3500 anime a un centinaio di chilometri da Oslo, per sforacchiare la storia dell’Olimpiade. Fucile in spalla e sci stretti ai piedi, a Salt Lake City ”Bjoern” ha fatto poker, centrando le quattro gare del biathlon (10 km Sprint, 20 km, 12. 5 km a inseguimento e staffetta 4x7,5 km), impresa già riuscita in un’unica edizione dei Giochi alla speedskater russa Lydia Skoblikova. Meglio (5) seppe fare solo Eric Heden, recordman del pattinaggio veloce nell’80. Sommati all’oro di Nagano ”98 nello Sprint, quando il maltempo lo costrinse a vincere due volte la stessa gara (sospesa per bufera e ripartita il giorno dopo: ”Ero furibondo, ma dopo una buona dormita non vedevo l’ora di ricominciare a correre”) sono cinque. Abbastanza per fare di Bjoerndalen una leggenda ambulante dello sci nordico. E dei nervi saldi: ”Non mi sento un eroe, non consideratemi una persona fuori dal comune. La mia vita non cambierà. Da noi, in Norvegia, lo sci di fondo conta molto di più del biathlon”. per guadagnare ulteriore considerazione tra i connazionali, forse, che Ole Einar a Salt Lake City aveva deciso di tentare la doppietta impossibile: biathlon e fondo. Si era iscritto alla 30 km skating, ma nel tentativo di tenere il ritmo del bisonte Johann Muehleg era scoppiato, finendo sesto. Un trionfo per chiunque, non per il gigante norvegese (’Si può fare meglio”). Se questa è la disciplina che più di ogni altra riproduce i gesti antichi degli uomini del Grande Nord, inseguire la preda con il fucile in spalla per procurarsi il cibo nelle regioni più ostili, Ole Einar Bjoerndalen l’ha riletta attraverso la lente d’ingrandimento del progresso: nel suo mirino entrano medaglie, non cervi, e la sua mira è spesso infallibile. Tre grammi di piombo sparati a 325 metri al secondo contro un bersaglio di 11 centimetri di diametro, distante 50 metri. Gli occhi di lince del biathlon ci arrivano con le pulsazioni a 200 e il fiatone che toglie lucidità al tiro. Se sbagli un colpo devi avere la freddezza di dimenticarlo subito, perché mancarne due è peggio. Muscoli per il fondo e testa per il poligono, questo è il biathlon, disciplina olimpica da Squaw Valley 1960. Ole Einar ha trasportato nella vita la gelida freddezza che gli ha aperto le porte di uno sport spietato. Poca esultanza, molta sostanza. Alla fine di una staffetta terribile, corsa sotto la nevicata di Soldier Hollow e davanti a 15 mila spettatori ammirati (incluso re Harald di Norvegia), ha pensato poco a se stesso e molto ai compagni di squadra: ”Ce l’ho fatta grazie a loro”. Per la fidanzata Nathalie, che agli esordi sfiorò una Coppa assoluta nel biathlon prima che in un drammatico incidente stradale perdesse salute e fiducia, Ole Einar è una lezione di biathlon permanente: ”Trascorriamo lunghi periodi in Italia, a Dobbiaco. Ne approfittiamo per allenarci in quota, sulle Alpi, ecco perché Ole non ha patito l’altitudine di Soldier Hollow. Io da lui imparo qualcosa tutti i giorni, spero in qualche modo di essergli utile anch’io”. Re Mida sorride senza annuire, gli occhi azzurri da rettile puntati verso la prossima gara, il prossimo traguardo. La Norvegia, che non conquistava una medaglia nel biathlon (sport del quale rivendica i natali) dal 1984, con l’esplosione di Bjoerndalen si è rifatta in due Olimpiadi di un digiuno ventennale. Quando al traguardo della staffetta è comparso Bjorn Daehlie, mito norge del fondo, 12 medaglie olimpiche in carriera (otto d’oro), la storia della sci nordico si è fusa in un abbraccio commosso. Bjorn Daehlie e Bjoerndalen. Letti d’un fiato, una persona sola» (Gaia Piccardi, ”Corriere della Sera” 22/2/2002).