11 marzo 2002
Coman Vasile, di anni 22. Rumeno, clandestino in Italia, operaio a Verona, un datore di lavoro che prometteva di metterlo in regola e intanto l’aveva soprannominato Zambrotta perché somigliava al giocatore della Juve
Coman Vasile, di anni 22. Rumeno, clandestino in Italia, operaio a Verona, un datore di lavoro che prometteva di metterlo in regola e intanto l’aveva soprannominato Zambrotta perché somigliava al giocatore della Juve. Da tempo viveva da un suo amico d’infanzia, Opris Gauril Dumitru, di anni 28, imbianchino, regolare, sposato con Maria. Intorno alle 6 e 30 di giovedì costui, ancora a letto, fu disturbato dalla sveglia che suonava dall’altra parte della casa. Imbestialito perché nessuno la spegneva, si precipitò nell’altra stanza e la scaraventò per terra. Si stupì poi del sonno profondo del Coman. Lo chiamò, lo scosse con forza, lo ribaltò a pancia in su senza ottenere reazioni. I medici del 118 spiegarono ch’era morto avvelenato da misteriose esalazioni di gas che però non provenivano dall’interno dell’appartamento. Stupiti, i vigili del fuoco bussarono al vicino. Non ottenendo risposta, sfondarono la porta. All’ingresso, il cadavere di Aldrighetti Martino, di anni 38. Nella notte costui, operaio in una ditta di manutenzione caldaie, disperato per esser stato lasciato dalla moglie, aveva staccato con cura professionale il tubo della caldaia dal muro senza curarsi d’altro. Agli interni 7 e 8, secondo piano del civico 47/c in via Centro, zona Borgo Roma, Verona.