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 2002  marzo 12 Martedì calendario

FONTANA

FONTANA Sandro Marcheno (Brescia) 15 agosto 1936. Giornalista. Storico • «Noto al grande pubblico per essere stato direttore del Popolo, vicesegretario della Dc a vicepresidente del Parlamento europeo, Sandro Fontana è anche uno storico di vaglia: docente di Storia contemporanea all’Università di Brescia, e studioso attento del movimento cattolico e della cultura contadina. Su quest’ultima, in particolare, va ricordato come negli anni Settanta da assessore alla Cultura in Lombardia promosse un prezioso programma di documentazione discografica. [...]» (’Il Foglio” 6/8/2009) • «A Bossi piace perché è nato a Brescia, anzi a Marcheno, e quando sale in cattedra fa sempre passare la storia d’Italia per le campagne della Brianza. A Berlusconi piace perché crede ancora che i comunisti siano l’incarnazione del diavolo, ed è normale che dicano le bugie e non dormano la notte, visto che ”il Maligno è al tempo stesso il re della menzogna e il principe delle tenebre”. […] un uomo della Prima Repubblica, certo. Ma è anche uno che arrivò a Roma, negli anni Ottanta, quando aveva già cinquant’anni, per fare prima il vicesegretario della Dc demitiana (nel ruolo del contrappeso di destra, in quota Donat-Cattin) e poi l’alfiere della rivincita forlaniana, come direttore del ”Popolo”. Arrivò tardi, e andò via presto. Nel giro di sette anni fece il senatore, il direttore del ”Popolo” e il ministro dell’Università. Poi si dimise dal Senato per via dell’incompatibilità, cadde con tutto il governo Amato e non tornò più in Parlamento, seguendo nel ”94 la sorte di buona parte della vecchia nomenclatura democristiana. Il suo segno, comunque, lo lasciò. Ma più che come vicesegretario, come senatore o come ministro, per tutti è rimasto ”Bertoldo”, l’autore dei corsivetti da combattimento sulla prima pagina del placido organo democristiano. Sotto le articolesse dei capicorrente sul destino dell’Europa, che gli toccava pubblicare per quieto vivere, lui piazzava ogni giorno uno schiaffo a qualcuno. La Balena bianca stava affondando, e lui sparava su Togliatti, chiedeva conto di Stalin, rinfacciava Mao. Nell’ultima battaglia democristiana, lui si era scelto il ruolo della contraerea. I giornali attaccavano il partito? Ci pensava Bertoldo: ”Vogliono condurre allo sfascio la democrazia”. Scoppiava uno scandalo? ”Subdola campagna di disinformazione” rispondeva lui. Piovevano accuse su Cossiga? E partiva subito un corsivo al laser: ”C’è un microbo che insidia il percorso democratico”. Poi le cose sono andate come sono andate. E Fontana s’è inabissato con tutta la balena, ma per riemergere prestissimo, sotto le vele del Ccd, come fondatore, eurodeputato e poi vicepresidente del Parlamento europeo. A Roma c’è tornato il meno possibile. Però s’è voluto togliere tutti i sassolini dalle scarpe, con un libro che ha il trasparente obiettivo di chiudere tutti i vecchi conti con le forze del Male che hanno affondato la Dc. Titolo: ”La grande menzogna”. La fabbrica delle bugie, è la tesi, stava alle Botteghe Oscure. Da qui, racconta il professor Fontana, partivano commandos di giornalisti che si infiltravano nei grandi giornali – lui cita ”Repubblica”, ”Corriere” e ”Stampa” – per presentare i fatti ”con gli stessi commenti e persino con gli stessi titoli”, come se i redattori fossero ”usciti tutti, salvo rare eccezioni, dalla stessa scuola di partito”, uniti dalla comune missione di far ”calare la menzogna, opaca e compatta, sulla realtà dei fatti”. Anche la Rai, rivela, subì ”un assedio condotto secondo i canoni della più rigorosa prassi leninista”, e alla fine capitolò: ”I più capaci e preparati vennero via via sostituiti dai più fedeli e trinariciuti”, permettendo ai comunisti ”di utilizzare la tv di Stato per demolire in tempo reale l’attività dei governi liberamente eletti dalla maggioranza dei cittadini”. Tutto questo, si capisce, non sarebbe bastato ad abbattere la Dc. Ci volle, ricorda il vecchio Bertoldo, un braccio armato capace di ”portare in porto il disegno egemonico che la Grande Menzogna aveva elaborato da tempo”. Ci vollero i magistrati di sinistra, ”un pugno di uomini molto determinati e dotati di un potere sproporzionato e incontrollato”. Fu così che vennero ”decapitati i partiti democratici, dispersi i quadri intermedi e abolita la proporzionale”, ricalcando – nota lo storico Fontana – ”le procedure inaugurate con successo dal fascismo negli anni Venti”. Così è andata, assicura il professore di Marcheno. Per fortuna che è arrivato Berlusconi, ”un imprenditore geniale”, l’autore di ”una iniziativa politica che aveva del miracoloso”, e soprattutto ”un uomo che non solo è riuscito a costruire un impero partendo da zero, ma ha saputo sfidare e vincere il monopolio statale in un settore importante e decisivo per le sorti della nostra libertà: l’informazione televisiva”. Uno legge Fontana, e gli sembra di sentire Berlusconi. Non ci vuole molto, a capire perché al Cavaliere piaccia tanto, questo professore con l’elmetto, questo veterano del Biancofiore che dieci anni dopo la fine dell’ultima guerra democristiana sta ancora col fucile in mano, a caccia di un diavolo che non dorme mai» (Sebastiano Messina, ”la Repubblica” 22/2/2002).