Francesco Sisci, "La Stampa" 11/3/2002., 11 marzo 2002
Secondo alcuni studiosi dell’Organizzazione mondiale della Sanità, la cura (forse definitiva) per la malaria potrebbe trovarsi nelle molecole estratte da un medicamento tradizionale cinese, il "quinghaosu", cioè l’artemisina
Secondo alcuni studiosi dell’Organizzazione mondiale della Sanità, la cura (forse definitiva) per la malaria potrebbe trovarsi nelle molecole estratte da un medicamento tradizionale cinese, il "quinghaosu", cioè l’artemisina. All’epoca della guerra del Vietnam, i cinesi si accorsero che i loro soldati venivano decimati dalla malaria e ricorsero a questo farmaco, un’erba nota fin dall’antichità. La sua efficacia, tuttavia, era ancora insufficiente e così, nel ’71, alcuni scienziati di Pechino estrassero l’artemisina, che si rivelò mortale per i parassiti della malaria. Ora l’Onu ha riconosciuto che si tratta della cura migliore per debellare una malattia che colpisce 500 milioni di persone in tutto il mondo. In Occidente, la sperimentazione ha finora provato che il suo uso è sicuro, ma devono essere ancora indagati gli eventuali effetti collaterali (nei test sugli animali, ad esempio, si è visto che il prodotto, somministrato in dosi massicce, può provocare danni alle cellule cerebrali). Un’altra serie di esperimenti, invece, non ha evidenziato effetti collaterali e quindi, a febbraio, l’organizzazione "Médicins sans frontiers" ha richiesto l’uso esteso del prodotto contro la malaria (l’Oms preferirebbe invece ricorrere a un cocktail di farmaci, perché il "quinghaosu" combatte la malattia nel 99 per cento dei casi entro 48 ore, ma nell’1 per cento residuo potrebbero svilupparsi nuovi ceppi di malaria resistenti all’artemisina).