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 2002  marzo 12 Martedì calendario

Silva. Roma sacrificò molti boschi alle richieste di legname della città. Nel IV secolo, per far funzionare undici grandi stabilimenti termali e 656 balnea di minori dimensioni, che richiedevano ingenti quantità di combustibile, si importava legna dall’Africa, essendo ormai insufficienti i boschi cedui locali

Silva. Roma sacrificò molti boschi alle richieste di legname della città. Nel IV secolo, per far funzionare undici grandi stabilimenti termali e 656 balnea di minori dimensioni, che richiedevano ingenti quantità di combustibile, si importava legna dall’Africa, essendo ormai insufficienti i boschi cedui locali. Il legname necessario alle travature, coperture e infissi delle abitazioni provenivano anche da regioni lontane. Secondo Vitruvio (I secolo a.C.) il larice delle Alpi Retiche arrivava al Po da dove, legato in grandi zattere, navigava fino a Ravenna. Di lì, caricato su navi onerarie, approdava a Ostia e poi, risalendo il Tevere, a Roma. Testimonianza di Plinio: tra il legname da opera ordinato dall’imperatore Tiberio (42 a.C.-37 d.C.) per la costruzione del ponte Naumachiario v’era una trave di larice lunga 35,46 metri, larga 59,1 centimetri d’ambo i lati, con un volume di 12,38 metri cubi e un peso di circa 9 tonnellate. Altri usi del legname: la flotta (nel 256 a.C. i Romani impiegarono in una sola battaglia contro i Cartaginesi 160 navi, in uno scontro successivo 330); la copertura dei tetti, fino al 275 a.C., con scandole di faggio e di pino (ogni dieci metri quadrati di falda occorre ogni dieci anni un metro cubo di legname); impieghi bellici: palizzate per la difesa dei castra, tronchi per arieti e altre macchine d’assedio, manici per armi da getto (nell’ultima guerra punica la città di Arezzo fu costretta a fornire 50 mila aste lunghe per lance). L’ecosistema boschivo finì per essere gravemente segnato nei secoli dell’Impero, dal 27 a.C., per il progressivo espandersi del pascolo di capre e pecore che richiedono territori aperti (a differenza del bestiame bovino e suino che pascola anche nelle aree boschive), basato, per lo più, sull’usurpazione dei terreni demaniali da parte dei privati. Claudio Isidoro, semplice e oscuro privato, nel testamento stilato nell’8 a.C., lascia in eredità 4.116 schiavi, 3.600 paia di buoi e ben 257.000 capi di bestiame minuto.