Vittoria Gervaso, Il Mattino 03/03/2002, 3 marzo 2002
GERVASI
"Caro Direttore, mio marito Roberto [...] quando parla o scrive di convivenza coniugale, dice cose che non stanno né in cielo né in terra. Di quello che esce dalla sua penna non condivido niente, e credo che nessuna donna di buonsenso avallerebbe i suoi stravaganti giudizi. Mio marito è un maschilista e, come tutti i maschilisti, un perdente [...] Lui s’illude di comandare, ma il solo che gli ubbidisce, quando gli ubbidisce, è il meticcio Poldo, che sta sempre al suo fianco: quando dorme, quando mangia, quando scrive, quando cammina. Ordini, intendiamoci, Roberto ne dà tanti, ma tutti, o quasi, cadono nel vuoto. Lui, ostinato, continua a impartirne fingendo che qualcuno lo prenda sul serio. Io talvolta gliene do l’illusione, e questo a lui basta. Siamo sposati da lustri, e solo la mia giobbica pazienza e la mia infinita tolleranza hanno reso così longeva la nostra unione. Lei non immagina che rompiscatole sia mio marito. Qualunque cosa io faccia, ma anche qualunque cosa non faccia, o la liquida con una battuta o la contesta con la petulanza di uno zitello. Se vuol capire il tipo, le descrivo la sua giornata. Si alza la mattina alle cinque e, dopo un’interminabile toilette, fa colazione a base di yogurt, crusca, soia, pere cotte e mele grattugiate. Beve una disgustosa tisana di carciofo e gramigna e ingurgita un paio di grammi di vitamina C. Poi mette il guinzaglio al cane e lo porta al bar. Roberto beve un caffè, Poldo mangia un cornetto [...] Verso le dieci, tornati a casa, mio marito comincia a lamentarsi. Dice di non sentirsi bene, anche se sta benissimo. Io cerco di tranquillizzarlo ma, per quanti sforzi faccia, le mie parole cadono nel vuoto. E nel vuoto restano. Solo dopo essersi guardato la lingua, misurato la temperatura e aver parlato con un paio di medici si convince di non essere in punto di morte. Finalmente, varca la soglia del suo studio e comincia a scrivere. Io - ma non solo io: anche mia figlia, la domestica e l’altro cane - tiro un sospiro di sollievo. Per almeno cinque ore ci lascerà in pace. Purtroppo, cinque ore passano in fretta e quando, alle due, ci mettiamo a tavola, Roberto riprende la sua lagna, fatta, stavolta, di critiche e di prediche: la pasta è poco al dente [...] l’omelette non abbastanza baveuse, la frutta non abbastanza matura, l’infuso non abbastanza fuso. Mi creda, direttore: non ne posso più [...] Le risparmio gli sproloqui sul matrimonio, cui non avrebbe mai rinunciato perché, ad onta delle sue sortite libertine, solo non sa stare e, quando ci sta, si sente un naufrago. Se non si fosse sposato, sarebbe finito in un centro sociale o in una comunità di barboni. Le risparmio anche il resoconto dei suoi pomeriggi e delle sue serate, che conclude con copiose bevute di orzo in tazza grande. Dopodiché va a letto, in camicia da notte e papalina, seguito dallo scodinzolante Poldo. Legge per una mezz’oretta Marc’Aurelio e Seneca, spegne la luce e finalmente chiude gli occhi. per me il momento più bello della giornata. Peccato che dorma poco e alle cinque ricominci a lamentarsi e a pontificare".