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 2002  marzo 14 Giovedì calendario

Hidegkuti Nando

• Budapest (Ungheria) 3 marzo 1922, Budapest (Ungheria) 14 febbraio 2002. Calciatore. Operaio, diventa professionista nell’Mtk Budapest. Con l’Mtk vince tre campionati (’51, ’53 e ’58) e una Coppa di Ungheria (’52). Tra il ’45 e il ’58, gioca 68 partite in nazionale, segnando 39 gol. Oro olimpico nel ’52, secondo posto al Mondiale ’54, vinto dai tedeschi. Diventato allenatore, è alla Fiorentina nel ’60-’61 (Coppa Italia e Coppa coppe) e al Mantova nel ’61-’62; con il Gyor conquista il campionato ungherese nel ’63. «Appartiene alla categoria dei giocatori che hanno fatto la cultura e la storia del calcio, inventando la figura - fra i primi, se non il primo: ma di sicuro, il più famoso - del centravanti arretrato. Oltre che al ruolo, il suo nome resterà per sempre legato alla leggenda della Grande Ungheria, di cui fu straordinario ed elegante ambasciatore, ancorché non provenisse dalla Honved, sua fornitrice massima. Giocava nell´MTK, Hidegkuti: vi era approdato nel 1947 dopo aver lavorato come operaio in una società elettrica e aver militato in alcuni sodalizi minori. [...] Centravanti arretrato non certo perché avesse poca dimestichezza con il gol. Al contrario: 260 reti in 381 partite di campionato, 39 in 68 gare con la rappresentativa magiara. La sua è stata l’Ungheria più forte e più bella di tutti i tempi: medaglia d´oro alle Olimpiadi di Helsinki 1952, prima Nazionale a sconfiggere i maestri inglesi a Wembley, vicecampione del Mondo nel 1954, imbattuta per 31 partite consecutive dal 1950 al 1954 (28 vittorie e 3 pareggi; 142 gol fatti, 28 subiti): ribattezzata, non a caso, ”Aranycsapat”, squadra d’oro. La posizione di Hidegkuti, apparentabile a quella di Ademir nella ”diagonal” del Brasile ’50, fu istituzionalizzata da Gustav Sebes, il ct-ministro di quell´Ungheria. La possibilità di schierare due mezzali di squisita vocazione offensiva come Puskas e Kocsis gli suggerì il parziale arretramento del centravanti - Hidegkuti, appunto - e delle due ali, Budai a destra e Czibor a sinistra. L´attacco veniva così ad assumere la foggia di una ”M”, simmetrica all’altra ”M” che conglobava difesa e mediana: Buzansky e Lantos terzini marcatori, Lorant centrale, Bozsik e Zakarias tessitori a metà campo. In porta, Grosics. Era una sorta di 3-2-3-2, variante del ”WM” dell’inglese Herbert Chapman che in pratica, negli anni Trenta, aveva introdotto la marcatura individuale. Due le date-chiave. La prima, 25 novembre 1953: Inghilterra-Ungheria 3-6, tripletta di Hidegkuti, incluso il gol d’apertura, a trenta secondi dal fischio dell´arbitro. La seconda, 4 luglio 1954: Germania Ovest-Ungheria 3-2 (da 0-2). Gli inglesi ne uscirono letteralmente annichiliti. Tronfi e presuntuosi come erano, invocarono la rivincita: la ebbero a Budapest, e fu un tracollo ancora più umiliante (7-1). In compenso, la finale mondiale di Berna rappresentò l´amaro suggello di un’epoca. Nella prima fase, a Basilea, gli ungheresi si erano facilmente imposti per 8-3 (Hidegkuti, due gol). Il pronostico sembrava segnato. Viceversa, successe l’incredibile. Puskas volle giocare a tutti i costi, nonostante una caviglia a pezzi. Dopo 8’, 2-0 per i magiari, Puskas, proprio lui, e Czibor. Fritz Walter suonò la carica, Morlock e Rahn (doppietta) rovesciarono il risultato. La partita passò alla storia anche, e soprattutto, per i sospetti di doping che accompagnarono l’epidemia di epatite che, di lì a poco, avrebbe aggredito il fior fiore dei titolari tedeschi. L’invasione sovietica del 1956 polverizzò, in un colpo, la Honved e la Nazionale. Hidegkuti rimase in patria, consegnandosi a un dignitoso declino, culminato nei Mondiali svedesi del `58. Giocava a testa alta, Nandor. Al suo ruolo si sarebbe poi ispirato Bobby Charlton, simbolo dell´Inghilterra campione nel 1966, centravanti ”fiancheggiatore” di Hurst e Hunt: fatte le debite proporzioni, i Puskas e i Kocsis di Alf Ramsey. Anche il Tostao del Brasile mondiale nel ’70 ne aveva adottato la posizione. E persino il Di Stefano della maturità, che di Hidegkuti era di quattro anni più giovane. In Italia, il pensiero corre al Bettega ”regista” d´attacco, undici di maglia ma nove di indole, e al Sormani milanista che, al guinzaglio di Rivera, apriva i varchi a Prati e Hamrin. ”Un goleador altruista, tecnicamente dotato e dal senso tattico fuori del comune”: così l´ha definito Nils Liedholm. Hidegkuti è stato anche allenatore della Fiorentina e del Mantova. Con i viola, nella stagione 1960-61, ha conquistato la Coppa Italia e la prima edizione della Coppa delle Coppe. Non un sergente di ferro, ma un precettore pacato, portato al dialogo. Lo stesso timbro dell’impareggiabile giocatore che decise di essere. La sua scomparsa riduce a tre i superstiti della Grande Ungheria: Jeno Buzansky, Gyula Grocsic, Ferenc Puskas» (Roberto Beccantini, ”La Stampa” 15/2/2002). «Ha cambiato la storia del calcio, echeggia la nota della Reuters. ”The Magical Magyars” - continua l’autore Mike Colet, con un´enfasi discreta - sono entrati nel 1953 nella storia del football, sconfiggendo l´Inghilterra a Wembley, per 6-3”. stato Hidegkuti a confondere gli inglesi, disorientandoli con una sapiente mimetizzazione (il numero 9 appiccicato alla sua maglia) e agendo da finto centravanti. Fu quello un trucco sublime. La vigilia della partita, Gianni Brera aveva fatto visita al direttore tecnico inglese Winterbottom (ce lo aveva accompagnato il corrispondente della ”Gazzetta dello Sport”, Carlo Ricono). Brera chiese, dunque, a Winterbottom come intendesse fronteggiare il modulo ungherese, detto ad M. L’intervista di Gianni ha fatto storia. Brera: ”Signor Winterbottom, manderà lo stopper centrale dietro al finto centravanti Hidegkuti? Marcherà, i due reali centravanti Puskas e Kocsis coi due mediani centrocampisti?”. Winterbottom: ”Il nostro stopper seguirà Hidegkuti fin quando lo riterrà opportuno”. Domani, disse Brera a Ricono, gli inglesi ne buscheranno sei. Brera titolò, in merito sul giornale. L’indomani, calcio d’avvio a Wembley. ”Hidegkuti fa rotolare la palla a Puskas: il ”colonnello” gliela ridà e scatta in linea con Kocsis. Le ali ungheresi si tengono in linea di conserva. Lo stopper inglese viene avanti per incontrare Hidegkuti: ma questi è troppo arretrato: allora fa ”back-pedalling”: avanza intanto Hidegkuti lasciando capire che da un istante all’altro rifinirà per qualcuno. Lo stopper inglese aspetta con tutti i compagni del reparto arretrato. Hidegkuti arriva a sei-sette metri dal limite e spara un destro né molle né ciclopico: la palla vola ingannevole fino all’angolino alto alla destra del portiere e spiove in rete. Sono trascorsi 25 secondi: ho dunque impiegato più tempo io a raccontare questa squisitezza!”. Sarà 6-3, con tre gol di Hidegkuti, la prima sconfitta in casa nella storia dell´Inghilterra. La stampa inglese garantisce: ”Declassata la nostra difesa”. Vero niente. A Budapest, l’Ungheria del tecnico Sebes, di Hidegkuti e Puskas si ripete: 7 pappine a 1, inflitte all’Inghilterra, dai magiari. Quella linea degli avanti, Puskas l’ha nel cuore del suo cuore. L’ha raccontato anni fa in un´intervista a Canal 2: ”Hungary´s Forward, Buday, Kocsis, Hidegkuti, io e Csibor. Posseggo ancora, e me la sono portata in Spagna, la bandierina che ho scambiato con Billy Wright. Una gigantografia occupa una parete della mia casa. Gioco con altre star: Spagna, prima divisione football: Gento, Di Stefano, Del Sol, Santamaria ecc. ecc. La rivoluzione del ’56. Il Real Madrid”. Quale compagno gli manca, hanno chiesto a Puskas. ”Lui, Hidegkuti: sì, Hidegkuti. A Wembley fu favoloso: leggero... leggero, una piuma, una farfalla, un’ala che spaziava con l’altra ala. Alla fine della partita Nandor chiese al presidente la revisione dei contratti: una paga per ogni ruolo tattico, proponeva, secondo un criterio schiettamente sindacale: il finto-centravanti, per intenderci, nel caso, naturalmente il più pagato. Hidegkuti era un ungherese schietto: la compagnia attorno a sé, un tavolo, sotto la lampada, con uno splendido vino di Tocai e il gulyas. Odiava l’allenamento collegiale. Un velato annuncio di ’collegiale’ lo incupiva”» (Mario Fossati, ”la Repubblica” 15/2/2002). «Pensava calcio a velocità sconosciute per i comuni mortali e attraverso itinerari assolutamente vietati al grande traffico. Era come un ingegnere che in novanta minuti costruiva ponti, disegnando traiettorie sconosciute e secondo schemi incomprensibili per gli avversari che perdevano e lasciavano il campo suonati e assolutamente certi di essersi lasciati sfuggire qualcosa. [...] Forse l’ha aiutato la fame, l’infanzia povera col pallone nella culla; forse il lavoro da elettricista e la voglia di arrivare; poi di sicuro l’ingaggio nell’MTK e la spinta del regime che cercava di uscire dalla passione nazionale per il nuoto, la pallanuoto e la ginnastica, assegnando ai giocatori meritevoli gradi e stipendi militari» (’Il Messaggero”, 15/2/2002).