varie, 14 marzo 2002
MANFREDONIA
MANFREDONIA Lionello Roma 27 novembre 1956. Ex calciatore. Giocò con Lazio, Juventus, Roma. Con la Juventus conquistò nel 1986 scudetto e Coppa Intercontinentale. Quattro presenze in nazionale. Nel 1980 fu coinvolto nello scandalo scommesse e sospeso insieme ad altri 12 calciatori. In carcere dal 23 marzo al 3 aprile 1980, fu assolto dalla giustizia penale ma condannato da quella sportiva a quattro anni di squalifica, scontandone poi due. Ultima partita il 30 dicembre 1989: fu colto da un arresto cardiaco sul campo del Bologna • «Il cuore è rimasto biancoceleste, però è a Torino che ho assaporato le maggiori soddisfazioni […] Non credo di essere stato un fuoriclasse del pallone. Un ottimo giocatore però sì. Avevo grinta e carattere. Mi ha pure giovato l’adattabilità a ruoli diversi. Nella primavera laziale giocavo a centrocampo, in prima squadra diventai stopper e nella Juve tornai centrocampista […] Il mio rammarico? Non essere andato alla Juve dieci anni prima: a volermi era Gianni Agnellii in persona, che per me s’era preso una specie di cotta calcistica e che incaricò Boniperti di trattare il mio acquisto. Avevo solo vent’anni e non volevo allontanarmi da Roma. Un errore di cui non mi sono mai pentito abbastanza […] Nel 1985 arrivai a Torino con l’impegnativo incarico di sostituire Tardelli. Un’eredità che si rivelò meno pesante del previsto perché mi ambientai subito bene. Nella società, nella squadra, nella città. Disputai due grandi stagioni. Me ne andai per colpa del mio orgoglio e anche di Boniperti, che mi propose di rinnovare il contratto stagione per stagione. Io avevo già superato la trentina e pretendevo un contratto triennale. Quando me lo propose la Roma, accettai […] Le quattro presenze in nazionale? Avessi giocato sempre nella Juve sarei arrivato almeno a decuplicarle. A tradirmi fu anche la mi impulsività. Bearzot mi aveva convocato per la prima volta nel 1977 e mi aveva portato al mondiale in Argentina, spiegandomi che sarei stato la riserva di Bellugi. Quando Bellugi si infortunò il mister fece però entrare Cuccureddu. Io ci rimasi male e l’affrontai a muso duro. Non sono venuto sin qui per fare il turista, gli dissi, e in avvenire eviti di convocarmi se poi non mi fa giocare. Lui mi prese in parola e la mia breve esperienza azzurra si chiuse». Riguardo alla faccenda delle scommesse, si è sempre proclamato innocente, ammettendo soltanto di aver frequentato personaggi ambigui e ambienti sbagliati. Parla invece del malore che pose fine alla sua carriera (la respirazione bocca a bocca, il provvidenziale intervento di un defibrillatore, la corsa verso l’ospedale, il coma): «Dapprima i sanitari mi diagnosticarono un infarto. Poi parlarono di una piccola lesione coronarica, infine di un semplice malore provocato dal freddo. La verità è che non ho mai potuto sapere con esattezza che cosa mi sia capitato e perché i medici federali mi abbiano imposto l’alt, costringendomi a passare dal campo alla scrivania» (Mario Gherarducci, ”Corriere della Sera” 18/3/2001).