14 marzo 2002
Tags : Jason Mayele
Mayele Jason
• . Nato a Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo) il 4 gennaio 1976, morto in un incidente stradale a metà strada tra Verona e il lago di Garda il 2 marzo 2002. Calciatore, giocava nel Chievo, era arrivato al Cagliari dalla Francia. «Passaporto congolese e francese (da parte di mamma), già da piccolo aveva le idee chiare. Per giocare a calcio era emigrato a Brunay, serie C di Francia, e poi a Chateauroux, quattro anni tra B e A, molte presenze e tanti gol (32). Che festeggiava alla sua maniera: capriola all’indietro e atterraggio perfetto, da acrobata con i parastinchi. L’Italia l’aveva scoperto nel ’99, quando il Cagliari aveva acquistato quella forza della natura che prometteva grandi cose, due reti in due stagioni, nonostante la retrocessione dei sardi. Dall’isola lo aveva pescato il d.s. del Chievo, Sartori, perché sembrava l’alter ego perfetto di Eriberto e Manfredini, potente e veloce sulla fascia, un esterno con propensione offensiva, come piace a Del Neri. Arrivato nell’ottobre 2001, aveva accumulato nove presenze, mai dall’inizio. Con il Congo era arrivato in semifinale nella Coppa d’Africa, tre le polemiche di un ambiente difficile: ”Il ministro dello Sport mi ha visto chiacchierare con Taribo West prima della partita - raccontava -, ha pensato che non fossi concentrato e ha ordinato al tecnico di lasciarmi fuori”. Il papà vive ancora in Congo, la sorella in Svizzera. Avvertirli, per i dirigenti del Chievo non è stato facile. L’ultimo rimpianto è del medico sociale, Cantamessa: ”All’ospedale di Bussolengo mi avevano chiesto il permesso di espiantare gli organi, ma la legge non mi ha permesso di concederlo”» (’Corriere della Sera” 3/2/2002). «Arrivava sempre in ritardo agli allenamenti, ma ai compagni, al mister di turno che si trovava davanti un sorriso disarmante e un’allegria da cucciolo, assolverlo non costava mai troppo. Con il pallone aveva iniziato a scherzare da professionista in Francia, nel Brunoy (serie C), stagione 1991-92. Nel ’93 era passato al Chateauroux, e lì più tardi lo aveva scoperto il ds del Cagliari, Luciano Serra, che si era fatto ammaliare dai numeri e dall’entusiasmo di Jason. Portarlo in Sardegna non era stato facile. Mayelè era entusiasta del trasferimento, ma i dirigenti del Chateauroux si erano impuntati. Lui, per convincerli che non conveniva trattenerlo, per un anno intero a ogni uscita in pubblico, mentre la squadra rotolava verso la serie B, si era presentato con una sciarpa rossoblù al collo e l’espressione da Pierino nero già stampata su domani da vivere alla grande. A Cagliari arrivò finalmente nel 1999, conquistando tutti senza rinunciare ad un grammo di bontà anche dentro un campionato cinico e ruvido come il nostro. Aveva fatto amicizia con il secondo portiere Mancini, il mister Sala in ritiro li beccava come monelli davanti alla play-station anche a notte fonda: ”Ma è una versione che mi è arrivata da Tokyo” si giustificava, infantile e inattaccabile. Aveva anche un passaporto francese, ma giocava in nazionale con il Congo, senza farsi impressionare troppo dall’ufficialità delle partite, dall’importanza delle occasioni. Nell’ultima Coppa d’Africa, in Mali, aveva segnato un gol ma era stato anche lasciato fuori per un eccesso di ingenua esuberanza, come gli era capitato anche nel Cagliari: lo avevano visto prima del match con la Nigeria ridacchiare con Taribo West, l’ex difensore dell’Inter. Per lui erano chiacchiere, per gli altri qualcosa che non si fa, un fraternizzare sospetto. Nella ”happy family” di Campedelli non giocava quasi mai dall’inizio ma giocava, piaceva, divertiva in puro Chievo style. Si era fatto amare da Del Neri come un figlio, dalla tifoseria per la sua eterna disponibilità, e più profondamente da una ragazza italiana, Laura, che vive a Bardolino e aveva scelto di mettersi insieme a quel concentrato di simpatia e voglia di vivere. Una integrazione perfetta, un nido comodo per Jason che a Natale tornava in Congo - e rientrava in Italia in ritardo - per trovare il padre rimasto vedovo e incontrare la sorella che come lui vive all’estero, in Svizzera» (’La Stampa” 3/3/2002).