14 marzo 2002
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Muehlegg Johann
• . Nato a Grainau (Germania) l’8 novembre 1970. Sciatore di fondo spagnolo di origine tedesca. Alle Olimpiadi di Salt Lake City 2002 vinse tre medaglie d’oro, ma gli furono tolte quando fu trovato positivo al controllo antidoping e decise perciò di rititarsi. «’Gold fur Juanito”, titola ironica la ”Sueddeutsche Zeitung”. Viva ”l´Indurain di Baviera”, scrive ”El Pais”, per descrivere ”el espagnol Muehlegg” medaglia d´oro nello sci di fondo, vincitore alla grande della 30 km. Impresa storica, perché è la prima volta della Spagna e probabilmente neppure l’ultima, visto come ha vinto. Peccato che herr Johann Muehlegg da Marktoberdorf abbia già partecipato a tre olimpiadi da tedesco. Ed infatti qualcuno si è inviperito come non mai, per questo trofeo oriundo: ”Muehlegg è un mercenario!”, ha dichiarato il grande Francisco Fernandez ”Paco” Ochoa che è stato il primo - ma ora non più il solo - campione olimpico spagnolo: ”La federazione spagnola dovrebbe arrossire di vergogna. Io non l’avrei mai selezionato. Sono sicuro che quando smetterà di correre non metterà più piede in Spagna, neanche per le vacanze”. Esagerato: il trentunenne Muehlegg, senor dal novembre del 1999, doppia cittadinanza, gestisce un hotel a Grainau, in Germania, dichiara che ”la valigia è la mia vera casa” e si è prenotato, appena finita la stagione agonistica, una settimana di relax a Ibiza”» (Leonardo Coen, ”la Repubblica” 12/2/2002). «El rey delle nevi si è trasformato in rospo. Il vezzeggiato Juanito è già ridiventato Johann, ”el alemano”, il tedesco. Muehlegg, triplice medaglia d’oro del fondo, 32 anni, Scorpione di Marktoberdorf, fan - nell’ordine - di George Bush, Steven Spielberg, il primo ministro bavarese e re Juan Carlos, esce dalla leggenda 24 ore dopo il suo ingresso. ”Apoteosico” titolavano ieri i giornali iberici, dopo il terzo trionfo consecutivo di quel bizzarro barone rosso degli sci: tre gare e tre vittorie. Convertito da un anno ai colori spagnoli, rosso e giallo, e ancora prima all’arancione, la bandiera degli Hare Krishna, l’uomo non pare incline ai tormenti interiori: ha lasciato senza ripensamenti le dogane bavaresi, una casa, una moglie e un figlio, per una valigia leggera, ”la mia vera casa - spiega -, che mi segue in viaggio trecento giorni all’anno”. Gli altri sessanta li divide fra il paese d’origine, il fratello Martin e l’albergo di famiglia a Grainau, vicino a Garmisch. Sci in spalle, dalla Baviera aveva puntato all’Italia, ma l’accoglienza era stata tiepida e aveva proseguito per la Spagna la cui cassandra locale, Francisco Fernandez Ochoa, detto ”Paco”, che bruciò Gustav Thoeni di un secondo nello slalom di Sapporo ’72, aveva preso le distanze: ”Queste medaglie d’oro - sosteneva sbeffeggiato - non sono davvero spagnole”. Adesso che potrebbe sentirsi dare ragione sulla nazionalità dell’imbarazzante figura, ammonisce i voltagabbana in patria: ”Qualche cretino se ne uscirà dicendo che, comunque, è uno straniero, un tedesco”. Niente può impedire però di riesaminare, col senno di poi, le interviste del cangiante re Mida del fondo, appena l’altro ieri: ”Il segreto della mia resistenza? La dieta. Da tre giorni mangio solo carboidrati”. Qualcuno si è ricordato che due giorni prima era stato sottoposto a esame del sangue e, la mattina stessa, a un secondo prelievo, oltre all’antidoping: ”Tutto bene. Anche se le mie emoglobine vanno su e giù e qui, con l’altitudine, tendono a salire. La notte scorsa, poi, ho avuto qualche problema, mal di pancia e dissenteria, così la concentrazione di globuli rossi può essere aumentata. Hanno dovuto ripetere il test del sangue, è vero, forse la macchinetta era guasta”. La spiegazione è parsa esauriente e la festa è cominciata per l’inarrivabile trionfatore della 50 chilometri classica. La carriera sportiva di Juanito è stata rapida, ma non così fulminea da destare sospetti: quand’era ancora Johann, nel ’92, aveva già gareggiato ad Albertville, conquistando un dignitoso settimo posto nella 50 chilometri pattinaggio. Nel ’94 era a Lillehammer e, nel ’98 a Nagano, aveva fieramente mantenuto la posizione nella stessa specialità. Undici anni nella squadra tedesca, però, non avevano migliorato l’affiatamento con i connazionali e nel ’98 l’irrequieto sciatore tedesco aveva traslocato in Spagna. Un anno in attesa del passaporto e, nel 2000, il debutto sotto la corona spagnola. Doveva esserci qualche gene latino nel sangue del bavarese che, a maggio 2001, era già al cospetto del re e l’indiscusso matador dell’anello del fondo. Con un allenatore italiano, il laziale Pedrini, Juanito pareva aver trovato la miscela perfetta per il suo turbo diesel, qui a Soldier Hollow. Finché qualcuno non ha controllato il carburante e annusato odore di additivi. In sua difesa si è mosso perfino il premier spagnolo José Maria Aznar, chiedendo al segretario di Stato per lo sport, Juan Antonio Gomez Angulo, di non abbandonare al suo destino Muehlegg. ”Hombre, Juanito non è solo - si è inalberato proprio Paco Ochoa, lo scettico della prima ora -. Io sono al suo fianco, ora più che mai”. I veri amigos si vedono in questi momenti» (’Corriere della Sera”, 25/2/2002). «Personaggio controverso, discusso, misterioso. Persino patetico quando si affannava a spiegare una positività di cui pochi si sono stupiti: ” colpa di una dieta speciale, per giorni ho mangiato solo proteine e carboidrati. Inoltre la notte scorsa ho avuto la dissenteria. vero, hanno dovuto ripetere il test del sangue, ma forse la macchinetta era guasta...”. Nato a Grainau, in Germania, dove la famiglia gestisce una baita-albergo, con la squadra tedesca (’Gente poco professionale...”) aveva ottenuto come miglior risultato un quarto posto nella staffetta di Lillehammer ’94: ”Mancavano i soldi, i materiali erano scadenti. Come potevano pensare che vincessi?”. Fallito l’approccio con la nazionale azzurra, aveva osservato un anno di stop per ottenere la doppia nazionalità e nel ’99 era sbarcato in Spagna, accompagnato da voci inquietanti. La dipendenza psicologica dal fratello Martin, presunto membro di una setta, i rapporti con una santona portoghese, le strane abitudini pre-gara: la leggenda vuole che beva solo litri di acqua benedetta e che scelga la sciolina in base alle oscillazioni di un pendolo magico. Dopo un anno in squadra si era messo ”in proprio”, pagando di tasca sua un gruppetto di fedelissimi, tutti italiani: lo skiman Favre, il massaggiatore Dei Cas (ex Mapei nel ciclismo) e il tecnico Silvano Barco. ”Nel lavoro sono kartoffen, quando mi diverto sono molto italiano”, diceva. Però, da quando gareggiava per la Spagna, vinceva, eccome se vinceva. La Coppa del mondo 2000, la 50 km ai Mondiali di Lahti 2001, tre ori (ridotti a due dallo scandalo doping) all’Olimpiade 2002. ”Sono tutti invidiosi dei miei successi - si difendeva Johann -. Lasciate stare la mia vita privata: nel fondo conta solo chi arriva primo”. A Salt Lake City è arrivato primo, ma con l’inganno. La Spagna l’ha scaricato: Francisco Fernandez Ochoa, olimpionico a Sapporo ’72, l’ha definito ”un mercenario”, re Juan Carlos e il primo ministro Aznar hanno cancellato le udienze già fissate per festeggiare Juanito, il tedesco che a 31 anni era stato capace di salire tre volte sul podio per la Spagna. La Germania, di Johann, non vuole più sentir parlare. Schlutter e Sommerfeldt, i leader della squadra, hanno parlato chiaro: ”Non abbiamo bisogno di lui”» (Gaia Piccardi, ”Corriere della Sera” 15/3/2002).