Varie, 14 marzo 2002
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Ohno Apolo
• Seattle (Stati Uniti) 22 maggio 1982. Campione di short track. lo sportivo americano con più medaglie alle Olimpiadi invernali, 8: a Sakt Lake City (2002) oro nei 1500 m e argento nei 1000 m; a Torino (2006) oro nei 500 m, bronzo nei 1000 m e nella staffetta 5000 m; a Vancouver (2010) argento nei 1500 m, bronzo nei 1000 m e nella staffetta 5000 m • «Forse è quel volto figlio di un incontro tra razze. O forse quell’aria da ragazzino sfrontato. Oppure è quella storia da sempre vissuta in bilico, ieri da piccolo ribelle, oggi sulle lame dei pattini. Quale sia il segreto, la sua fama va ben al di là delle qualità tecniche e dei risultati ottenuti. […] un campione olimpico. Di una specialità che prima di lui, Paesi asiatici a parte, era poca cosa. Lui, però, ha il valore aggiunto di chi convive con un carisma innato. E adesso lo short track, la velocità su ghiaccio in pista corta, ha invaso anche il Nord America, dove di colpo gode di straordinaria popolarità. Merito, è vero, dei Giochi di Salt Lake City del 2002, della relativa esposizione mediatica e di uno sport spettacolare che ha facile presa sul pubblico. Ma merito, soprattutto, suo. Del suo volto e dalla sua aria sfrontata. Che ammaliano e che a tutti regalano una speranza. la bandiera di una generazione. Che va veloce, come su quel mini anello ghiacciato, e che in fretta consuma le emozioni. […] Occorre fare un balzo all’indietro di trent’anni. A quando, cioè, il signor Yuki Ohno, papà di Apolo e figlio del vice- rettore dell’università di Tokyo, lasciò la famiglia per andare all’avventura negli Stati Uniti. A 18 anni approdò a Seattle, dove frequentò una scuola per parrucchieri e prestò divenne proprietario di un negozio. A 36 anni sposò Jerrie Lee, presto mamma di Apolo che però, dopo un anno, sparì per sempre. Yuki, così, si trovò a dover crescere il piccolo e a occuparsi del negozio da solo. Apolo si rivelò presto un ragazzino turbolento. Frequentava compagnie sbagliate. Yuki ne provò tante, soprattutto con lo sport: Apolo, benché svogliato, riusciva bene nel nuoto e coi pattini in linea. Senza entusiasmarsi, si cimentò pure con lo short track, disciplina che insieme scoprirono guardando in tv i Giochi di Lillehammer ”94. Cambiò poco: Ohno jr amava gli eccessi, spesso non tornava a casa a dormire, spariva per giorni. Fino a che, era il ”96 e il figlio aveva 14 anni, Yuki impose una svolta. Sfruttandone la predisposizione, gli trovò posto al centro federale della nazionale giovanile di velocità e lo mandò a Lake Placid, vicino a New York, a 4500 chilometri da casa. Lo accompagnò all’aeroporto, raccomandandogli di avvisarlo appena fosse sbarcato. ”Qualche ora più tardi – ricorda Apolo – il telefono di papà squillò. Ma non ero lontano... Avevo chiamato un amico e mi ero fatto venire a prendere”. Il secondo tentativo, con anche Yuki a bordo, andò a buon a fine. E pochi mesi più tardi Apolo diventò campione nazionale assoluto. Cominciò così un’irresistibile carriera che cinque stagioni più tardi lo avrebbe portato al trionfo di Salt Lake City. […] Gli piace giocare con un look che fa moda. Come il taglio dei capelli, ora lunghi, ora rasta, ora raccolti in una treccia. A Salt Lake City si presentò con un curioso pizzetto che, dopo la prima sera di gare, posticcio, divenne un marchio di fabbrica per tutti i tifosi. Perfino Gary Locke, governatore dello stato di Washington, è arrivato a imitarlo. E Greg Nickels, sindaco di Seattle, stravede per lui. Nike e Nbc, il network olimpico, grazie a lui hanno avuto ritorni clamorosi. Le lettrici di ”Sport Illustrated Women”, versione femminile dell’autorevole settimanale, lo hanno addirittura scelto quale atleta più bello tra 75 campioni delle sport mondiale» (’La Gazzetta dello Sport”, 6/12/2002) • «Un campione annunciato la cui macchina sportiva è già oliata da tre formidabili additivi: i soldi della Nike, gli interessi della Img, l’immagine televisiva curata dalla Nbc. Ma soprattutto, accorpa due caratteristiche chiave, tali da fare sì che diventi un dettaglio trascurabile il fatto che lo short track è una disciplina tutto sommato di secondo piano. ”A.O.” va oltre le ristrettezze del suo sport perché, innanzitutto, è di origini giapponesi: suo padre Yuki fa il parrucchiere a Seattle. Ecco allora il simbolo di un’America ormai multietnica. Piace perché è un sangue misto. Ma Apolo, capelli fluenti, pizzetto appena accennato, brillante incastonato nel lobo dell’orecchio, è anche un personaggio che ha un passato in chiaroscuro da nascondere nel vago di ricordi. Apolo su quei giorni a volte torna, magari per giustificare il suo carattere che non piace a tutti: ”Sì, la mia giovinezza si è consumata a fianco di baby-delinquenti e con azioni davvero stupide, di bassa criminalità”. A uno dei suoi primi allenatori avrebbe confessato di essere sfuggito a un conflitto a fuoco, ma poi ha pubblicamente ritrattato. Vero è, però, che il padre, con il quale il figlio ha sempre avuto un rapporto controverso, costrinse Apolo a vivere per otto giorni in una capanna sulle rive dell’Oceano Pacifico dopo averlo visto mancare la qualificazione ai Giochi di Nagano. Ohno, nello short track, era infatti già diventato una promessa, avendo vinto il primo titolo nazionale all’età di 14 anni, ma era un talento discontinuo. Ora è cresciuto, ha vinto la sua apatia: la sua figura piace e c’è chi ha investito migliaia di dollari per ”fargli bucare” lo schermo» (Flavio Vanetti, ”Corriere della Sera” 13/2/2002).