Varie, 15 marzo 2002
PAGLIA
PAGLIA Vincenzo Boville Ernica (Frosinone) 21 aprile 1945. Presidente della Federazione biblica cattolica mondiale, vescovo di Terni e guida spirituale della Comunità di Sant’Egidio • Ordinato sacerdote nel 1970. Laureato in Teologia all’Università Lateranense di Urbino, pubblicista e storico, collabora a varie riviste e quotidiani. Parroco della basilica di Santa Maria in Trastevere a Roma, assistente ecclesiastico della comunità di Sant’Egidio. Tra le sue opere: La pietà dei carcerati (1980), Città secolare e Vangelo (1988), Il volto di Dio (1991), Storia dei poveri in Occidente (1994), Il Vangelo di ogni giorno (1997) (’liberal”, 11/11/1999). «Quando è diventato parroco di Santa Maria, nel 1981, la ”chiesa era un deserto” (parole sue; ma se n’era accorto anche Giovanni Paolo II, durante una visita) nel degrado della Trastevere di quegli anni. Lui, uomo d’azione e di relazioni, un prete fra i pochi che ancora celebrano dal pulpito, secondo la liturgia tradizionale, l’ha trasformata nel cuore del quartiere. E non solo. Riscoprendo la tradizione dell’oratorio della domenica, per discutere di dottrina, teologia e di politica. Aperto, dopo la messa, a Cossiga, amico di vecchia data, ma anche a Enzo Carra della segreteria politica dell’Udeur [...] Oppure a Beniamino Andreatta, l’ex ministro della Difesa [...]» (Donatella Marino, ”Panorama” 13/4/2000). «[...] prelato considerato un ”emergente” della Chiesa italiana [...] assistente spirituale della Comunità di Sant’Egidio, amico di molti potenti [...] una persona timida. Un uomo di dialogo che ha sposato in pieno la missione di conciliare gli opposti: ebrei e musulmani, Milosevic e la Albright, Francesco Cossiga e Oscar Luigi Scalfaro. ”Sono un prete romano”, ama definirsi [...] e non ha mai perso del tutto una leggera inflessione ciociara. Con la stessa semplicità con cui porta avanti la sua azione pastorale, negli ospedali, nelle carceri, tra gli immigrati, i nomadi, i malati di Aids, intrattiene rapporti di confidenza con cardinali, capi di Stato, imprenditori, direttori di giornale. Dà del tu a tutti perché, spiega in un libro, il cristiano è colui che dà del tu a Dio [...] entrato a dieci anni in seminario, uno zio monsignore e assistente degli uomini di Azione Cattolica, laureato in filosofia, teologia e pedagogia, appena ordinato prete don Vincenzo rinuncia alla carriera diplomatica e viene destinato come viceparroco alla chiesa di Casalpalocco [...] Siamo all’inizio degli anni ”70: Paglia incontra un gruppo di ragazzi capelloni che hanno come modello le prime comunità cristiane e Francesco d’Assisi. Imbevuti di cultura sessantottina e di radicalismo cristiano. Di giorno vanno a fare scuola ai baraccati del Cinodromo sotto il ponte Marconi e di sera si riuniscono per pregare insieme. Il gruppo ruota intorno ad alcuni licei del centro, il Virgilio, il Mamiani, e alla figura del leader, un giovane universitario, Andrea Riccardi. Per don Paglia è l’incontro decisivo. Nel ”73 i ragazzi si stabiliscono in un ex convento di suore carmelitane nel cuore di Trastevere. Lo stesso anno Paglia chiede al cardinale Ugo Poletti di potersi dedicare alla loro assistenza spirituale. Nasce la Comunità di Sant’Egidio. Un’altra data importante è il 1979. A pochi passi da piazza Navona un gruppo di teppisti dà fuoco a un giovane somalo, Alì Jama. La Comunità organizza una veglia di preghiera presso Santa Maria in Vallicella, a due passi dal rogo, il giorno in cui Papa Wojtyla, eletto da pochi mesi, visita la Chiesa. Don Paglia invita il Papa a fermarsi per salutare i partecipanti, all’ultimo momento l’incontro salta per motivi di sicurezza. Mentre il gruppo si sta sciogliendo nella delusione generale, qualcuno chiama don Paglia. ”Il Papa vuole vedervi in sacrestia”, gli dicono. ”Il Papa ci chiese: ”Siete della Comunità di Sant’Egidio?’” , racconta il monsignore. ”E noi: ”Sì, Padre Santo’. E lui: ”Voi avete voluto insegnare al Papa come si fa a essere vescovo di Roma’. Passa qualche secondo di stupore e di gelo, poi il Papa continua: ”E avete fatto bene!”». Tra Giovanni Paolo II e i ragazzi di don Paglia, insomma, è stato feeling immediato [...] Per molto tempo monsignor Paglia ha atteso una nomina a vescovo che non arrivava mai. La consacrazione episcopale è sembrata quasi un atto dovuto [...]» (Marco Damilano, ”Sette” n. 42/2000).