15 marzo 2002
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Perutz Max
• . Nato a Vienna (Austria) il 5 maggio 1914, morto il 6 febbraio 2002. Premio Nobel per la medicina nel 1962. "Naturalizzato inglese, [...] figlio di un industriale tessile ebreo. A Cambridge arrivò nel 1934: ufficialmente per svolgervi la tesi di laurea ma in realtà per sfuggire alla persecuzione nazista che ormai si profilava all´orizzonte. Incominciò a occuparsi dell´emoglobina sotto la guida di Bernal e del fisico Frankuchen al Cavendish Laboratory. La radiazione X ha una lunghezza d´onda paragonabile alla distanza tra gli atomi nelle molecole: irradiando le molecole con raggi X dalla lunghezza d´onda appropriata è quindi possibile ottenere immagini di diffrazione delle molecole dalle quali si riesce a identificare l´esatta posizione degli atomi che le compongono. Perutz sarebbe arrivato molto più presto alla sua scoperta se la persecuzione della sua famiglia in Cecoslovacchia non lo avesse costretto a interrompere il lavoro iniziato imponendogli un lungo soggiorno in Svizzera, dove non si occupò più di biologia ma dello studio dei ghiacciai (dimostrò come e perché la velocità di scorrimento dei ghiacciai sia maggiore in superficie rispetto alla parte vicina al suolo). Tornato nel 1940 in Inghilterra per conseguire il dottorato di ricerca, fu vittima di un provvedimento del governo inglese nei confronti di tutti gli immigrati ”sospettabili” e venne mandato al campo di prigionia del Quebec, in Canada, dove era stato rinchiuso anche il fisico Herman Bondi. Riuscì a tornare a Londra nel 1941 per collaborare allo sforzo bellico degli alleati, ma gli fu affidato un progetto delirante: utilizzare gli iceberg del Mare Artico come portaerei naturali per facilitare i voli militari tra Inghilterra e Stati Uniti. Inutile dire che il progetto fallì. Solo nel 1945 Perutz potè tornare alla biochimica, e nel 1947, dopo dieci anni di lavoro su grossi cristalli di emoglobina di cavallo, fu in grado di puntare nuovamente al suo l´obiettivo. La soluzione venne nel 1953, quando pensò di marcare la molecola di emoglobina con un atomo pesante (di mercurio) per confrontarne la ”foto” in raggi X con l´emoglobina non marcata. I primi calcolatori applicati alla biochimica fecero il resto, ma furono necessari ancora anni di ricerche e di successive approssimazioni. Solo nel 1960 la mappa della molecola che ci fa vivere (grazie a un atomo di ferro che lega e poi rilascia l´ossigeno) fu finalmente pubblicata sulla rivista Nature, mentre Kendrew nel frattempo aveva mappato la molecola di mioglobina, la proteina che trasporta l´ossigeno nei muscoli. Con il suo lavoro Perutz aveva dato la prima dimostrazione di come il cambiamento reversibile della struttura di una molecola possa svolgere una funzione essenziale per la vita. Appassionato divulgatore, Perutz lascia anche libri di piacevole lettura. Due sono tradotti in italiano: Spaccare l´atomo in quattro (Baldini & Castoldi) e l´autobiografia Le molecole dei viventi (Di Renzo)" (Piero Bianucci, ”La Stampa” 7/2/2002). "Un grande, grandissimo scienziato, uno dei padri delle proteine. Lui e John Kendrew hanno fatto per le proteine quello che Watson e Crick hanno fatto per le eliche del Dna: le hanno introdotte a forza nella nostra vita di tutti i giorni. [... Fino a cinquant’anni fa si aveva un’idea molto vaga di cosa fossero effettivamente. Si sapeva che erano costituite di ossigeno, idrogeno, carbonio e azoto, come quasi tutte le altre molecole organiche, e si sapeva che mostravano una straordinaria specificità. Un’enzima è capace di riconoscere il prodotto che deve metabolizzare fra migliaia di altri a lui incredibilmente simili e un anticorpo è capace di riconoscere la sostanza da attaccare con una precisione di uno su un milione. Uno dei problemi più grossi che assillavano i biologi della prima metà del XX secolo era proprio quello di spiegare questa loro incredibile specificità. Non si sapeva neppure se erano molecole lineari o se possedevano delle ramificazioni. Oggi si sa che sono catene lineari costituite di un certo numero, da cento a qualche decina di migliaia, di componenti specifici detti aminoacidi. [...] Max Perutz determinò, dopo anni di lavoro, la forma spaziale o, come dicono gli scienziati, la struttura, della prima proteina. Naturalmente la scoperta non sorse dal nulla. I fisici avevano messo a punto delle potenti tecniche d’indagine utilizzando la capacità dei raggi X di aggirare certi ostacoli e di rimbalzare su altri. Con i raggi X era stata investigata la struttura spaziale di molti semplici cristalli. L’idea di Perutz e di un manipolo di altri ardimentosi fu quella di utilizzare la stessa tecnica per comprendere la struttura di una molecola complessa come una proteina. Il tutto con gli strumenti di allora e soprattutto con i calcolatori di allora. Si dovettero prendere migliaia di immagini fotografiche, paragonarle fra di loro, azzardare dei modelli di struttura tridimensionale e poi verificarli, o abbandonarli, sperimentalmente. Oggi lo si fa quasi di routine e si parla da più parti di questi anni come degli anni della proteomica, lo studio sistematico della struttura e delle funzioni delle migliaia e migliaia di proteine che si trovano nel nostro corpo. [...] In età avanzata si è anche battuto molto per la difesa di un certo tipo di scienza, quella scienza che ha fatto passare le proteine e il Dna da sostanze misteriose a protagonisti della nostra vita" (Edoardo Boncinelli, ”Corriere della Sera” 7/2/2002).