Varie, 15 marzo 2002
ROGERS
ROGERS Richard Firenze 23 luglio 1933. Architetto. Premio Pritker 2007. Genitori italiani. Protagonista dell’architettura internazionale degli ultimi due decenni. Ha studiato alla Association Scholl di Londra e all’Università di Yale lavorando poi con Norman e Wendy Foster fino al 1967. Successivamente ha collaborato per quattro anni con Su Rogers prima di associarsi con Renzo Piano. Ha insegnato in diverse università in Inghilterra e negli Stati Uniti, ricevendo nel 1985 la Royal Gold Medal for Architecture (’liberal”, 23/9/1999). «Nominato per la prima volta nella storia d’Inghilterra ”architetto di Londra”, nonché ”advisor”, consigliere di fiducia del premier Tony Blair, e ora anche per le strategie urbanistiche di Barcellona, figura celebre e celebratissima non solo in Gran Bretagna, ma per le vie del mondo, è in realtà italianissimo. Nato da famiglia triestina come il famoso secondo cugino Ernesto Rogers, l’esponente dello studio storico BBPR (Belgiojoso, Banfi, Peressuti, Rogers). Suo padre Nino dovette lasciare Firenze in seguito alle leggi razziali, per raggiungere con la famiglia (Richard aveva 5 anni) alcuni parenti che vivevano in Inghilterra. Rientrando in Italia per il servizio militare a Trieste, si spostò a Milano dove frequentò l’amatissimo Ernesto ed è in parte grazie a lui che decise di diventare architetto, l’autore del Beubourg a Parigi con l’amico Renzo Piano. […] uomo simpatico e seduttivo, parla perfettamente italiano con accento triestino. […] ”Il mio bisnonno era un famosissimo architetto a Trieste, costruì grandi opere a Opcina; la famiglia arrivava dall’Inghilterra, tutti ingegneri o architetti. Ernesto mi convinse a seguire Architettura a Londra, e poi a Yale: così conobbi Norman Foster e dal 1962 al 1967 abbiamo lavorato insieme, fondando in Inghilterra il Gruppo Team 4, con le nostre due mogli, lavorando a residenze e stabilimenti” […] ”Con Renzo Piano ci incontrammo da un medico, fummo presentati e lui disse che era stufo di stare a Genova. Gli dissi: ”Venga a Londra’, cosa che fece e con uno studio di massimo 5 persone, noi compresi, decidemmo di partecipare al concorso per il Beaubourg. Io ero sicuro che non avremmo mai vinto. Era il nostro primo concorso, era giusto partecipare. Quando seppi che avevamo vinto, ne fui triste e preoccupato, l’impegno era enorme, la macchina mostruosa, i costi pure. C’era un terzo architetto, che non viene mai ricordato, Franchini: fece un lavoro immane. Fra Renzo e me cominciò un ping-pong da una città e l’altra, tra discussioni e idee, io andavo a Genova, lui veniva a Londra, il tramite era Franchini che si recava di continuo da uno all’altro. Inoltre c’era da districarsi in una quantità di leggi, dovevo sempre lavorare con un avvocato a fianco. Dal 1971 al 1977 fu infernale. Lavoravo come un pazzo e fui felice solo alla fine: equivaleva a mettere la parola fine a un romanzo. C’erano sempre anche tante lamentele per le Halles di Baltard, che non c’entravano nulla, la zona era un enorme vuoto e noi volevamo fare una piazza. Inoltre cambiarono parecchi presidenti, Pompidou, Giscard d’Estaing, Mitterrand. Per fortuna nessuno modificò nulla. Non avevamo un team, era una continua battaglia contro i francesi, gli stranieri, le industrie e le mafie industriali. Per fortuna avevamo un buon committente, Robert Bordas. Per fortuna avevamo vinto a Parigi, con la gente che stava per le strade e quello sarebbe diventato un luogo adatto a una nuova passeggiata parigina” […] ”Per due anni esausto, come morto, non ho accettato alcun lavoro, sono tornato a Yale a insegnare. In seguito ho vinto il concorso per il grattacielo dei Lloyd a Londra, un’occasione eccezionale al quale ho lavorato da solo”. Nel 1977 però è sorta la Richard Rogers Partnership che conta 130 persone e ha edificato tre dei maggiori tribunali europei - Anversa, Bordeaux, Strasburgo -, la sede centrale della rete tv Channel 4, e continua a lavorare nel mondo, anche progettando aeroporti come l’1 e il 5 di Heathrow a Londra, quello di Marsiglia e ora il nuovo colossale Terminal di Madrid. Il tutto con esorbitante quantità di premi internazionali, riconoscimenti e nomine come presidente della Tate Galley... ”Come in tutti i lavori il mio metodo è stato di confrontare le idee con altri e sviluppare aspetti in comune. Con Foster condividiamo le idee di flessibilità, del cambio d’uso dell’edificio, pensavamo che quella che oggi è una chiesa un giorno sarà una casa, poi ancora un ufficio. Non esiste più l’immagine della sola casa e neppure del Museo. Anche il Museo di Frank Gehry è suddiviso, le persone e i servizi hanno spazi differenti, abitabili: noi nel Beaubourg applicammo quest’idea. Philip Johnson, che era in commissione per il concorso del Beaubourg, due anni dopo volle rivedere le piante: ”Sono spazi troppo aperti’, disse, ”non c’è un vera parte pubblica’. Poi capì che l’importante era che la piazza e la facciata fossero aperte a tutta vista per il pubblico, c’era poca divisione fra pubblico e interni, noi volevamo anche una parte destinata ai libri. Comunque è ancora valido e il pubblico lo usa bene”. […] ”Mi hanno chiesto un piano per Scandicci e altro, ma poi non se ne è fatto nulla. In Italia non sono mai riuscito a lavorare”» (Fiorella Minervino, ”La Stampa” 20/10/2002).