Varie, 18 marzo 2002
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Thierree James
• Losanna (Svizzera) 2 maggio 1974. Regista • «Guardi l’ultimo dei Chaplin e vedi in lui il capostipite: stesso naso, stessa bocca, stesso mento, stessa mascella. Anche i capelli ricordano quelli di Charles Spencer “Charlot”: un cespuglio di ricci duri e fermi come il fil di ferro. Mancano baffetti e bombetta, e ti verrebbe da dire “peccato”. Ma se gli chiedi di parlare del grande nonno, allarga le braccia. Riflette un istante. Dice: “Mio nonno è un bel sentimento. Nient’altro”. Troppo giovane (28 anni) per averlo conosciuto, non porta neppure il suo cognome. Figlio di Victoria Chaplin e di Jean Baptiste Thierrée, ha avuto del nonno immagini di riporto: cose che gli ha raccontato la madre, piccoli episodi di vita, fragranze di memorie […] “È duro discendere da persone leggendarie. Il loro peso potrebbe schiacciarti. Io questo peso non l’ho subìto. Certo, ammiro mio nonno, ma non credo di aver preso niente da lui, semmai ho preso qualcosa da tutta la mia famiglia. Questa sì, è stata importante, mi ha insegnato il rigore”. Non solo. Il padre gli ha dato il gusto per i trucchi, la madre gli ha insegnato l’importanza dei costumi. Anzi, quando preparava il suo primo spettacolo, la Sinfonia del maggiolino, i costumi li ha disegnati lei. “Per il resto - dice - mi lasciano fare, non s’impicciano”. Il che significa: ho lavorato come ho voluto. La sua prima esperienza d’attore è avvenuta all’età di quattro anni, nel Cirque imaginaire dei genitori: usciva con le gambette da una valigia. Cresciuto, ha fatto il cinema con Greenaway, Bob Wilson, Roland Joffe. Gli piaceva il cinema? Certo che sì: “Come tutto ciò che faccio”. Sennonché, un bel giorno, ha sentito la necessità di virare verso il teatro: “Non è stato un atto di volontà, ma una decisione che è maturata da sola, fino a quando ha reclamato di uscire”. E’ nata così, nel 1998, la Sinfonia del maggiolino. Da allora lo spettacolo non smette di girare per il mondo e di stupirlo col suo salto nel puro artificio: “La base è il circo, che amo perché mi mette a contatto stretto con il pubblico, più del teatro di parola”. Qui il giovane Thierrée contesta l’etichetta di “nouveau cirque” che hanno appioppato al suo lavoro: “Io non voglio dare nuove scarpe al circo. Sono cresciuto in quell’ambiente, ho fatto il trapezista, ho imparato a suonare il violino, ma faccio tutto a modo mio. Non appartengo a un genere, così come non appartengo a una patria. Sono nato in Svizzera, ma non mi sento svizzero. Abito in Francia, ma non mi considero francese. Semmai, potrei sentirmi italiano, anzi napoletano. Più napoletano che parigino”» (Osvaldo Guerrieri, “La Stampa” 18/2/2002).