Varie, 18 marzo 2002
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WILKINSON Jonny Londra (Gran Bretagna) 25 maggio 1979. Rugbista • «Secondo molti, è il più grande giocatore del mondo
WILKINSON Jonny Londra (Gran Bretagna) 25 maggio 1979. Rugbista • «Secondo molti, è il più grande giocatore del mondo. [...] La sua precisione ai calci fa paura. [...] Mamma Phillipa, origini sudafricane, ha praticato tennis e squash; papà Phil è stato una buona terza centro e il suo primo modello. Genitori sportivi, dunque, pronti ad assecondarne i desideri. Aveva 16 anni: lasciò famiglia e amici e si trasferì da Londra a Newcastle. Scoperto da Steve Bates, mediano di mischia della nazionale e degli Wasps londinesi, cresciuto nel mito di Gavin Hastings, Michael Lynagh, Neil Jenkins e Grant Fox, Jonny a Newcastle avrebbe trovato sua maestà Rob Andrew. Era il ”95: quel ragazzino dalla faccia pulita ha scalato in fretta tutte le gerarchie. All’inizio giocava centro oppure ala. L’esplosione è coincisa con il passaggio all’apertura. Nel aprile ”98, a 18 anni e 314 giorni, il debutto in nazionale maggiore, contro la Francia, nel Sei Nazioni: era dal ”27 che l’Inghilterra non schierava un giocatore così giovane. Enfant prodige, appunto. Talento puro, applicazione massima. Dalla piazzola, soprattutto. Spesso, dopo una partita anche importante, resta ad allenarsi da solo per ore. Come fece una vigilia di Natale: spense la luce del campo alle 22.30. Individualmente può arrivare a lavorare anche quattro ore al giorno. E non smette fino a che non infila una serie di almeno sei piazzati consecutivi, anche dagli angoli più improbabili. Non di rado guida un paiod’ore e si sposta a Middlesbrough, dove c’è un impianto indoor all’interno del quale è possibile riprodurre qualsiasi condizione ambientale. Un’ossessione. Jonny vive la sconfitta come un fallimento personale. E calciare per lui è una forma d’arte. Anche i drop, di destro o di sinistro: ormai, nel fondamentale è ai livelli di un Hugo Porta, di un Naas Botha o di un Jonathan Davies. Ma non domina solo coi piedi. Anzi: è un ottimo placcatore e nel tempo è migliorato anche palla in mano. Attenzione: in generale, può ancora crescere. Magari nei calci tattici. Intanto, come tutti i compagni, ha messo su un fisico bestiale: 84 chili di muscoli distribuiti su 177 centimetri. Se continuerà a questi ritmi (quasi 16 puntidimedia a partita), potrà essere il primo uomo nella storia del rugby internazionale a superare i 2000 in carriera. [...] Il gallese Neil Jenkins, capolista mondiale con 1049, è già nel mirino. C’è anche un po’ d’Italia nell’album dei suoi tanti record: nel 2001, a Twickenham, agli azzurri segnò 35 punti, primato personale. In Patria è un eroe, sul livello di David Beckham, capitano della nazionale di calcio col quale ha girato alcuni spot pubblicitari. Wilkinson, votato miglior giocatore mondiale 2002, sa come sopportare la pressione: è umile ed equilibrato (Andrea Buongiovanni, ”La Gazzetta dello Sport” 19/10/2003). «Per la stampa inglese è il David Beckham del rugby. Perché ha un piede d’oro con cui trasforma la gran parte dei calci piazzati assegnati all’Inghilterra, ma soprattutto perché gli assomiglia e, cosa rara nel rugby, ha dalla sua una bella faccia, con capelli biondi e occhi azzurri. E in un mondo di duri, i giornali inglesi sono sempre alla caccia dell’angelo. In passato c’erano Jeremy Guscott e Will Carling, a cui fu attribuito un flirt con Lady Diana, conosciuta in palestra, oggi c’è Jonny Wilkinson, l’uomo dei record. Più che l’uomo, il ragazzo. La mezzala della nazionale inglese e del Newcastle [...] quando debuttò, il 4 aprile 1998, con i suoi 18 anni e 314 giorni divenne il più giovane rugbista a vestire la maglia dell’Inghilterra dal 1927. Ma, soprattutto, a 22 anni Wilkinson è già il miglior marcatore nella storia della nazionale della rosa, grazie ai suoi 485 punti. Nell’edizione 2003 del Sei Nazioni, il torneo di rugby a cui partecipano Inghilterra, Scozia, Irlanda, Galles, Francia e Italia, dal 2000, gli azzurri a Twickenham, sud di Londra, il tempio del rugby inglese, ricevettero una pesantissima lezione, 80-23 il finale. Mai nessuna squadra aveva segnato 80 punti in una partita del torneo, e mai nessun giocatore ne aveva segnati 35, come fece Wilkinson quel giorno. Ma se il paragone con Beckham piace tanto ai giornalisti inglesi, l’interessato sembra essere lontano anni luce. Altro che sposarsi con una cantante pop, Wilkinson non ha neanche una fidanzata, e per sua stessa ammissione, vive solo per il rugby, tanto da essere attaccato da compagni e società per l’impegno eccessivo profuso negli allenamenti. Una situazione quasi paradossale. ”Mi dicono che ci metto troppa grinta, che non mollo mai, e finisco con l’esagerare”. Piuttosto con i suoi silenzi, la sua vita casalinga, lontano da paparazzi e tabloid, Wilkinson ricorda Michael Owen, il Pallone d’Oro del Liverpool fidanzato da anni con la sua ex compagna di scuola. ”Non so da dove sia cominciata questa storia del sex symbol, perché io nella parte proprio non mi ci ritrovo. Non sono mai stato innamorato, non ho mai avuto una relazione seria, vivo con mio fratello e la sera sto bene a casa, a leggere le riviste che piacciono tanto a mia madre. Mi piace andare al cinema, ma se devo essere onesto non mi trovo proprio a mio agio tra la gente. Sono cortese di natura, quindi chiacchiero con tutti, ma solo perché non voglio dare l’idea di essere uno che si è montato la testa. Se posso, preferisco starmene per i fatti miei”. Difficile, visto che il suo viso imbronciato, senza sorrisi, l’espressione concentrata al momento di calciare tra i pali il pallone ovale, piacciono a tutti, uomini e donne. Come Beckham, non è solo il preferito delle donne, ma anche degli uomini. ”Icona gay? Un onore, ma la cosa mi fa sorridere. L’anno scorso quando abbiamo fatto il calendario benefico con i compagni della nazionale, volevano che mi facessi fotografare nudo a Twickenham mentre calciavo il pallone. Neanche per sogno. Alcuni miei compagni ci hanno messo un attimo a spogliarsi per farsi fotografare seminudi. Io ho dovuto lottare, ma non mi sono nemmeno tolto la maglia”. In compenso la sua foto è diventata immediatamente la preferita dal pubblico, maschile e femminile. Wilkinson è sempre stato un mostro di precocità. A quattro anni si allenava già con i bambini di otto, e a 12 anni giocava tutti i giorni. Per far pratica sui calci piazzati, il suo marchio di fabbrica, si allenava calciando rotoli di carta igienica nell’ampio salone di casa sua, per la gioia della mamma Philippa. Oggi veder calciare Wilkinson vuol dire assistere ad un autentico rito. Da quando il numero 10 si fa dare il pallone a quando lo spedisce tra i pali passano quasi due minuti. Posizione laterale rispetto alla palla, testa girata dall’altra parte con gli occhi che guardano in alto, nel vuoto, anche se davanti a lui ci sono 70.000 persone, le mani giunte sul petto. Così nascono percentuali strepitose, che a 22 anni lo hanno fatto diventare il nono marcatore di sempre nella storia del rugby mondiale. Ma Wilkinson non è soltanto un buon calciatore. Il 16 febbraio scorso nel 45-11 dell’Inghilterra all’Irlanda il numero 10 è stato scelto come uomo partita dopo che da solo aveva aperto la difesa irlandese, costruendo e finalizzando personalmente il gioco dell’Inghilterra in quella che per tutti è stata la più bella prestazione del 15 inglese negli ultimi dieci anni. Perfetto. Intelligente, svelto, coraggioso, nonostante un fisico assolutamente ordinario per un rugbista, 177 centimetri per 84 chilogrammi, ha fatto innamorare gli inglesi, raccogliendo senza alcun problema la pesante eredità lasciatagli da Rob Andrew, l’ultimo grande numero 10 inglese, oggi suo allenatore al Newcastle, il club a cui Wilkinson è approdato nel 1997 dal Farnham, la squadra con cui aveva cominciato nel Surrey, la sua regione. ”Quando mio fratello esce con la fidanzata e i suoi amici, mi sento solo, mi manca la sua presenza. Allora devo mettermi al telefono e chiamare qualche amico, per non deprimermi”. Né Beckham né Owen, Wilkinson sembra più Forrest Gump, e infatti è un fenomeno» (Filippo Maria Ricci, ”Corriere della Sera” 24/2/2002). «Ha sconvolto le regole di un gioco in cui mai un uomo da solo aveva offuscato l’immagine di una squadra. Ci aveva provato Jonah Lomu prima di venir piegato dalla malattia, ma quell’esplosione di popolarità era stata battezzata come uno scandalo dai bacchettoni padroni del vapore. Ci ha pensato Wilkinson faccia d’angelo a riscrivere il decalogo del gioco, lui che per due volte in una settimana ha dovuto indossare il tight e inchinarsi di fronte alla regina, prima confuso nella squadra che ha ridato orgoglio a un Paese, poi da solo, per ricevere l’Mbe (Member of British Empire), il segno del ringraziamento che Sua Maestà ha voluto concedere al ragazzo capace di prendere a calci il tabù che impediva al simbolo del primato planetario di venir custodito nella culla del gioco. [...] stato il più giovane mediano di apertura a indossare la maglia con la rosa dei Lancaster sul cuore, a 21 anni aveva già scalato il libro dei record dei realizzatori inglesi, a 24 ha già collezionato titoli a ripetizione, compresi quelli ufficiali di sportivo dell’anno e di miglior giocatore della Coppa del Mondo e quello meno istituzionale di più richiesto dalle ragazze d’Oltremanica. Più di David Beckham, con cui divide una sincera amicizia, il numero sulla maglia, lo sponsor milionario (Adidas) e [...] anche la popolarità. Un predestinato, da quando a 7 anni si allenava a calciare dentro al cestino del salotto di casa rotoli di carta igienica o a 10 esordiva con la squadra di calcio di Frimley segnando un gol da metà campo. Poi solo manie e rugby, allenamenti infiniti, prendendo a calci un pallone ovale tante di quelle volte che qualsiasi comune mortale ne sarebbe uscito matto. Il suo perfezionismo è già leggenda: per non annoiarsi durante le sedute di allenamento si è dovuto inventare bersagli immaginari. Gli altri vanno negli spogliatoi a farsi la doccia e lui resta in campo, guarda i pali e ne resta ipnotizzato. Non smette di martellare l’ovale fin quando non si sente realizzato: sua immaginaria compagna di fatiche è Doris, una tifosa che siede dietro alla porta e attende lo show balistico con una lattina di Coca-Cola in mano. L’obiettivo di Jonny il perfezionista è centrare la lattina e inondare la povera Doris di bevanda: ”Un giorno non voglio voltarmi indietro e pensare di aver lasciato per strada una sola chance . Non voglio avere rimorsi, ecco perché oggi penso che l’unica via per arrivare in alto, e magari restarci il più a lungo possibile, sia l’applicazione”. Maniacale, fino alla noia, fino a sacrificare la cena della vigilia di Natale per correre al campo di Newcastle e calciare, calciare ancora: ”Quel giorno non ero soddisfatto, avevo un programma preciso: infilare sei calci di seguito da ogni angolo del campo. E siccome avevo lasciato il lavoro a metà la mia coscienza mi interrogava. Non avrei passato un buon Natale”. In Australia la settimana di vigilia della grande finale l’ha trascorsa scrutato giorno e notte da due guardie del corpo, nella sua stanza di albergo un pool di esperti di spionaggio ha controllato ogni angolo, per evitare che qualcuno rapisse i segreti della macchina. E il finale, drop vincente per mandare in archivio una battaglia epica, sembrava già scritto nel libro dell’immaginazione. Quell’operazione di perfezione tecnica lo ha proiettato di colpo nel mondo del business: ingrediente appetito dai golosi sponsor che per averlo dalla loro parte gli promettono ponti d’oro» (Valerio Vecchiarelli, ”Corriere della Sera” 12/12/2003).