Gitta Sereny, Germania. Il trauma di una nazione, ìla Repubblicaî 6/3/2002; Paolo Valentino, ìCorriere della Seraî10/2/2002, 6 marzo 2002
Traudl Junge, vero nome Gertrude Humps, tedesca di Monaco, magra, elegante, segretaria personale di Hitler dai 22 ai 25 anni, morta di cancro un mese fa, era convinta che il Führer avesse "due personalità" e che il suo lato "umano" fosse noto solo ai più intimi
Traudl Junge, vero nome Gertrude Humps, tedesca di Monaco, magra, elegante, segretaria personale di Hitler dai 22 ai 25 anni, morta di cancro un mese fa, era convinta che il Führer avesse "due personalità" e che il suo lato "umano" fosse noto solo ai più intimi. Non lo considerò mai uno statista, né partecipò a nessuna delle sue conferenze. "Noi segretarie eravamo convocate solo quando voleva dettare e in quei casi era assai premuroso". Infatti, "la prima volta in cui lavorai per lui, nel dicembre ’42, fece portare una stufetta solo per me, nonostante lui odiasse il caldo" (nel suo studio non c’erano mai più di undici gradi). Quando dettava, la sua voce era pacata. "A volte diventava roca d’improvviso e i suoi gesti studiatamente ampi. Stava recitando, provando, esibendosi. In quelle occasioni usava parole terribili sugli ebrei e sugli slavi. Adesso so che si finiva semplicemente con l’abituarsi ad esse, con il non ascoltarle. Un istante dopo era di nuovo tranquillo, un professore con i suoi occhiali dalla montatura d’acciaio". Aveva l’abitudine di pranzare con le due segretarie più anziane e cenare con le due più giovani. "Noi tutte cercavamo di distrarlo con chiacchiere sui film o con pettegolezzi, con qualsiasi cosa potesse distoglierlo dalla guerra. Adorava i pettegolezzi". Una di loro era sempre incaricata di partecipare al tè dopo la mezzanotte insieme ai suoi ospiti. "In quel salotto voleva solo rilassarsi, era felice come un bambino". "Veniva servito champagne, anche se lui beveva soltanto vino dolce. Quando entrava nella stanza, emanava una forza alla quale nessuno riusciva a sottrarsi. Ci catturava con il suo tono di voce e quel tocco austriaco. Per noi era una figura paterna. A volte, quando usciva, era come se nell’aria mancasse un elemento essenziale. Elettricità, addirittura ossigeno, la consapevolezza di essere vivi". Nel bunker di Berlino, due ore prima di ammazzarsi, chiamò Traudl Junge nella sala delle conferenze: "Come sta, bambina mia? Ha riposato un po’? Vorrei dettarle qualcosa. No, non alla macchina da scrivere. Prenda un blocco per stenografare. Pensa di farcela?". Poi annunciò il titolo: "Il mio testamento.