E io dove stavo? Editoriale Scienza, 26 marzo 2002
Quando nasciamo siamo composti da milioni di cellule, ma la nostra storia comincia sempre da una sola
Quando nasciamo siamo composti da milioni di cellule, ma la nostra storia comincia sempre da una sola. una cellula primordiale nata dall’unione dell’ovulo materno e dello spermatozoo del padre. Queste sono cellule particolari, perché, a differenza delle altre, contengono solo la metà del Dna. Così, quando si incontrano al concepimento, l’informazione genetica di uno si fonde con quella dell’altro, creando una nuova cellula con un corredo genetico completo. Come dire che con la fecondazione la cellula uovo si riappropria dei 23 cromosomi che le mancavano ricostituendo un nuovo patrimonio genetico col Dna di entrambi i genitori. Questo rimescolio del Dna spiega molte delle caratteristiche fisiche e psichiche del nascituro, a cominciare dal sesso. Questo, per esempio, è determinato dal padre. Mentre gli spermatozoi trasportano o un cromosoma X o un Y – il primo con le istruzioni per i caratteri femminili; il secondo per i caratteri maschili – l’ovocita contiene sempre e solo un X. E all’atto del concepimento, se a penetrare nell’uovo è uno spermatozoo Y, avremo una combinazione XY, ovvero un maschio. Se invece è uno spermatozoo X, avremo un XX, cioè una femmina. Anche gli altri particolari, dal colore degli occhi a quello dei capelli, saranno frutto della fusione dei due corredi genetici. La varietà è tale che nel mondo non esisteranno mai due bambini identici. nel grembo materno che lo spermatozoo raggiunge l’ovulo. Questo ha infatti sia la funzione di fornire l’ovulo, sia di ospitare e proteggere il feto fino alla nascita. La produzione degli ovuli comincia con la pubertà intorno a 13-14 anni. Da questo momento e per tutta la vita fertile, ogni 28 giorni la donna trasformerà un ovocita in ovulo maturo. Una volta maturo, l’uovo viene espulso dal follicolo e spinto giù per la tuba di Falloppio. Al momento del coito, c’è una vera e propria folla e nella vagina arrivano qualcosa come 200 milioni di spermatozoi. Ma nella corsa a ostacoli verso la fecondazione, soltanto i più vitali – qualche migliaia – si presenteranno all’appuntamento con l’ovulo. Alla fine, solo uno ce la farà. Lo spermatozoo vincente si avvicina come una minuscola sonda spaziale al pianeta ovulo, la più grande delle cellule umane. Quando, testa in avanti, entra in contatto con la sua superficie, rilascia degli enzimi per aprirsi un varco verso l’interno. Nel frattempo, perde la coda che l’aveva spinto fin lì. Eccoci al momento magico della fecondazione: una volta accolto il primo spermatozoo, l’ovulo ispessisce la sua membrana esterna per impedire ad altri di entrare e confondere le carte. Una volta soli e con le porte ben chiuse, il nucleo dell’ovulo con il Dna materno si avvicina a quello dello spermatozoo, portatore del Dna paterno. Ma solo dopo una decina di ore, i due nuclei si fondono e la fecondazione si completa. Una volta fecondato, l’ovulo comincia a dividersi in più cellule, e a scendere verso l’utero. Al quarto giorno è già una morula: una masserella di sedici cellule. Questa entra nell’utero e vi galleggia continuando a crescere fino a diventare una palla di un centinaio di cellule: la blastocisti. Al sesto giorno la blastocisti si incolla alla parete uterina in cerca di nutrimento. qui che rimarrà ancorata per 280 giorni per diventare prima un embrione e poi un feto alimentato dalla madre con il cordone ombelicale. Tra le prime strutture a comparire c’è la colonna vertebrale, poi, alla terza settimana, il cuore comincia a battere e inizia a formarsi il cervello. Alla quarta l’embrione, ancora tutto avvolto su se stesso, è lungo appena quattro millimetri. Dopo otto settimane gli organi sono riconoscibili. L’embrione è ora un feto, seppure di soli tre centimetri. Alla nascita, dopo circa nove mesi dalla dalla fusione di ovulo e spermatozoo, ne misura cinquanta. Giovanni Maria Pace. Questa storia è anche in libreria con il titolo E io dove stavo? Editoriale Scienza