vaie, 28 marzo 2002
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Claus Hugo
• Bruges (Belgio) 5 aprile 1929, Anversa (Belgio) 19 marzo 2008. Scrittore • «Ha un’aria vissuta che ricorda Jean Gabin, è da tempo in odore di Nobel, è il più importante scrittore con passaporto belga e soprattutto con Cees Nooteboom ed Harry Mulish compone la trimurti della lingua nederlandese, parlata in Olanda e nella Fiandra belga […] Noto in Italia per La tristezza del Belgio, tradotto da Feltrinelli, con cui ha vinto il premio Nonino. Claudio Magris lo ha definito un “grande libro che oscilla tra il Giudizio Universale e un banchetto da Paese di Cuccagna”, e in queste parole c’è tutto Claus. Smisurato e sardonico, ha scritto duemila poesie e una serie impressionante di romanzi, ha dipinto, fatto tetaro, girato film; è stato condannato per oscenità quando a Bruges nel 1968 mise in scena tre uomini nudi (“volevo andare in prigione, mi ero preparato un discorso alla Danton: ma in tribunale quel giorno non c’era anima viva, nemmeno Amnesty International, e allora per la delusione ho chiesto la condizionale”). Sembra avere un curioso destino: parla malissimo del Belgio, se la prende con tutti e continua a essere popolarissimo. […] Uno scrittore deve essere così, spiega, la sua ricetta è quella del surrealismo, movimento cui aderì da giovane: amore, poesia e ribellione. Ha tenuto fede a questi precetti per tutta la vita, cominciata fuggendo a quindici anni da un collegio religioso e continuata di avventura in avventura tra New York, Roma, Bangkok e la casa di Carpentras, in Provenza […] Gli piacque la Thailandia dei primi anni Ottanta, l’epoca di Emmanuelle, perché la sua nuova compagna era proprio Sylvvia Kristel, la mitica icona erotica della generazione dei babyboomers […] Non si sente belga, ma fiammingo. C’è una gran differenza, spiega: “La parola Belgio è scritta sul mio passaporto, ma significa poco. Prenda la nostra bandiera: il rosso sta per il sangue, il giallo per il paesaggio, il nero per il lutto: ma quel che conta è l’asta, cioè il re. Il re esiste quando muore il re e tutti piangono insieme, valloni e fiamminghi. Per il resto ci ignoriamo. La gran parte dei valloni vorrebbe essere francese, la gran parte dei fiamminghi olandesi. Ma i protestanti olandesi non accetterebbero mai tutte queste masse cattoliche» (Mario Baudino, “La Stampa” 15/3/2001).