Varie, 28 marzo 2002
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Gould StephenJay
• New York (Stati Uniti) 10 settembre 1941, New York (Stati Uniti) 20 maggio 2002. Paleontologo, sostenitore di una visione fortemente discussa dell’evoluzione, si è dedicato in particolare all’influenza delle idee politiche sullo sviluppo della scienza. Autore di libri divulgativi di grande successo come La vita meravigliosa, Il pollice del panda, Quando i cavalli avevano le dita (“liberal” 7/10/1999). «“La storia dell’evoluzione della partita di baseball dalle origini a oggi dimostra come un lancio più corto eseguito dai giocatori di questi ultimi anni non significhi un peggioramento della prestazione”: questa citazione da Gli alberi non crescono fino al cielo (Mondadori 1997) rende l’i dea di quale tipo di scienziato abbia perso la cultura con la scomparsa di Stephen Jay Gould, il grande biologo e paleontologo americano considerato uno dei maggiori esponenti moderni dell’evoluzionismo. […] L’esempio del baseball applicato alla teoria di Darwin non dimostra soltanto la sua capacità di divulgatore, ma soprattutto la sua vocazione antiaccademica a riflettere sulla natura partendo da spunti della vita quotidiana. Gould, infatti, era uno dei rari esempi di scienziato-umanista in un’epoca in cui la frammentazione iperspecialistica del sapere ha prodotto una sempre maggiore divaricazione fra le cosiddette due culture. Non a caso, in un’intervista, aveva tessuto l’elogio della scrittura: “Scrivere è il miglior modo per organizzare i pensieri e presentare le cose nel modo più preciso ed elegante possibile. Molti scienziati non amano scrivere, e la maggioranza preferisce restare in laboratorio: usciti di lì hanno terminato”. Per lui, invece, scrivere un libro mettendo per iscritto i risultati della ricerca, significava “l’esplorazione delle conseguenze e del significato”. Per questo numerosi suoi saggi hanno ben poco dell’elaborato tecnico e si risolvono in riflessioni sul senso dell’esistenza e dell’agire umano, incontrando così l’attenzione del pubblico e la diffidenza dell’accademia. Evoluzionista convinto, non era affatto sicuro che l’evolversi di ciò che vive - dalle ere geologiche primordiali ad oggi - sia stato una lenta, continua trasformazione verso forme più progredite. Anzi, può avvenire che un regresso nella gittata della battuta, per stare al paragone con il baseball, non comporti un regresso generale: in un sistema biologico, quindi, l’evoluzione verso il “grande e complesso” rappresenta solo una delle molteplici possibilità di sbocco alla lotta della sopravvivenza fra le specie. Puntava sugli scarti improvvisi determinati da equilibri instabili anziché su progressivi graduali mutamenti. Così, la sua critica all’evoluzionismo tradizionale, gli ha procurato l’accusa di aver dato un contributo involontario alle tesi dei creazionisti, che ha invece combattuto quando i fondamentalisti del Kansas volevano far abolire l’insegnamento di Darwin nelle scuole. Anche in tema di religione, tuttavia, questo scienziato-umanista fu capace di trascendere i luoghi comuni del pregiudizio. In una delle sue ultime opere, I pilastri del tempo (Il Saggiatore, 2000), sostenne che il divario fra scienza e fede, nato con il Rinascimento e culminato nello scontro fra Bibbia e darwinismo, è risolvibile: purché si stabiliscano i pieni poteri delle due forze fondamentali della nostra epoca in ambiti ben distinti. La scienza all’interno del mondo naturale e fisico, la religione nell’ambito dello spirito» (Cesare Medail, “Corriere della Sera” 21/5/2002).