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 2002  marzo 28 Giovedì calendario

Morariu Corina

• . Nata a Detroit (Stati Uniti) il 26 gennaio 1978. Tennista, è stata molto quotata e ha vinto parecchio a livello juniores, ma da professionista ha brillato solo in doppio, facendo coppia con la Davenport. Nella primavera del 2001 le è stata diagnosticata una rara forma di leucemia: dopo un anno di cure pesanti, i medici sono ottimisti sul suo futuro. «Il giorno di primavera del 1995 in cui si procurò una distorsione alla caviglia, fu anche il momento in cui la vita le regalò una lezione decisiva. Piagnucolante e depressa, si presentò nell’ufficio del padre lamentandosi per aver perso l’opportunità di giocare un torneo scolastico importante. Trovò papà Albin al telefono. Le disse: ”C’è qualcuno che ti vuole parlare”. Dall’altra parte c’era Tim Gullikson, il coach di Sampras, che di Corina era stato allenatore. Parlarono alcuni minuti. Tim la rincuorò e la fece ridere, fin quando Corina non ritrovò il sorriso. Poi riagganciò e papà Albin le svelò il brutale segreto: ”Tim ha un cancro al cervello. Morirà”. Quando un anno fa un dottore di Miami disse a Corina Morariu che avrebbe potuto morire, per prima cosa lei pensò al povero Tim che, spacciato, la tirava su di morale. Il medico le rivelò: ”Leucemia, forma rara”. Stavolta Corina non pianse. Disse soltanto: «Bene, ho una sola possibilità: stare meglio”. [...] La chiamano con familiarità Apl, sinistra sigla che sta per ”acute promyelocytic leukemia”, una forma rara di cancro che devasta tessuti sanguigni. Ci si salva nel 20% dei casi. Corina, dunque, è una felice eccezione. La ragazza, sposata col suo allenatore, ricorda quei primi giorni al Jackson Memorial Hospital di Miami: ”Ero scioccata, ma il mio spirito agonistico mi ha aiutato. Ho vissuto questa avventura come se fosse un torneo importante. La mia famiglia e il ricordo di Tim mi hanno poi dato la spinta decisiva”. Chi la conosce, non si stupisce. Corina è sempre stata una ragazzina speciale. Cresciuta a Boca Raton, una sorta di laboratorio per giovani tenniste (Capriati su tutte), la Morariu domina a livello giovanile. Unico problema: non vuole diventare professionista, perché - spiegherà - ”il mio obiettivo era prendere prima il diploma”. Contromano rispetto alle sue colleghe, griffate da contratti miliardari fin da ragazzine, rimane tra i banchi e vince tutto a livello scolastico. Una volta nel giro ”pro”, si sceglie la strada più complessa. Papà Albin la ammonisce: ”Se vuoi diventare brava, non puoi pretendere di giocare i tornei vicini a casa. Devi cominciare a viaggiare”. Pur odiando gli aerei, appende una mappa del mondo nella sua stanza e si mette la valigia in spalla. Storico il torneo satellite vinto in Russia nel ’95: la derubano, la abbandonano in un aeroporto, viene truffata da due tassisti ma alla fine gioca e vince il titolo. Non si lamenta, anzi si diverte: ”Avrei voluto giocare più tornei in Messico, quello è un posto che mi piace”. Ben dotata tecnicamente, entra nel lotto delle migliori giocatrici americane. Il ’97 è il suo anno di lancio con un paio di finali giocate. Il trionfo in doppio (con la Davenport) a Wimbledon ’99 è la prova che ha davanti a sé una carriera luminosa. Il tutto fino alla primavera 2001. Dopo un mese di chemioterapia, viene rimandata a casa e l’unica cosa che riesce a dire, stremata dalle cure, è: ”Mi sento fortunata. Mi lascio l’ospedale alle spalle”. In quei giorni Jennifer Capriati si presenta a Roland Garros brandendo un cartello: ”Corina Get Well”. Poi le ha dedicato il successo finale. Corina ha eseguito. Da giugno in poi non ha fatto che migliorare, lasciando di stucco medici e ricercatori. Il suo modo di rispondere al trattamento ha fatto salire le chance di sopravvivenza subito a quota 80%. Dice il fratello Mircea, a sua volta dottore: ”La preparazione atletica e la forza di volontà di mia sorella sono state decisive”. Così, mentre torna in campo, c’è già chi la classifica come la versione di Lance Armstrong del tennis femminile. La prospettiva della 24enne Corina non è certo quella di entrare nelle prime dieci del mondo: ”Perché forse, se guardo al mio passato, non lo è mai stata veramente. Tantomeno ora. L’unica cosa che so è che esco di casa, guardo il sole, respiro profondamente, e sono felice. Quella è la mia prospettiva» (Riccardo Romani, ”Corriere della Sera” 18/3/2002).