Varie, 28 marzo 2002
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JIANG ZEMIN Yangzhou (Cina) 17 agosto 1926. Politico. Ingegnere elettrico, dal 1956 consigliere commerciale presso l’ambasciata cinese a Mosca
JIANG ZEMIN Yangzhou (Cina) 17 agosto 1926. Politico. Ingegnere elettrico, dal 1956 consigliere commerciale presso l’ambasciata cinese a Mosca. Durante gli anni Sessanta e Settanta ha ricoperto varie cariche presso il ministero dell’Industria siderurgica. Nel 1982 è entrato a far parte del Partito comunista cinese, nel 1989 è stato eletto segretario generale del Partito popolare cinese. Nel 1990 presidente della Commissione militare centrale. Dalla sua elezione alla presidenza della Repubblica popolare è al centro delle polemiche internazionali per la violazione dei diritti umani in Cina (’liberal” 24/6/1999) • « uno dei ”boia di Tienanmen”, responsabile del massacro di centinaia di studenti nel giugno 1989 a Pechino. Ma è anche un uomo di mondo, cosmopolita e innamorato dell’America, non perde occasione per parlare inglese, cita a memoria Mark Twain, ha cantato Love Me Tender di Elvis Presley a un pranzo con Bush e ha trascinato in un giro di valzer un’esterrefatta Condoleezza Rice. [...] alla pari del suo padrino politico Deng Xiaoping, passerà alla storia come un personaggio dalle contraddizioni estreme. Se per dodici anni è stato il massimo leader della Cina in uno dei periodi più fortunati per questa nazione, lo deve al peccato originale di un golpe istituzionale. Di fronte al movimento studentesco dell’89 Deng esautorò di fatto gli organi del partito e del parlamento, fece imprigionare il leader riformista Zhao Ziyang [...] promosse Jiang alla guida del partito e gli diede carta bianca per soffocare nel sangue le aspirazioni democratiche. Lo stesso Jiang però è il leader dei favolosi anni ”90, in cui la Cina è diventata campione mondiale della crescita economica e delle esportazioni, ha superato il Pil di Francia Inghilterra e Italia, ha diffuso un benessere di massa e una modernizzazione senza precedenti storici per un paese di queste dimensioni. Ai suoi successori Jiang ha consegnato una Cina afflitta da diseguaglianze crescenti (la distanza tra ricchi e poveri è ormai superiore all’India), da gravi problemi ambientali, con una libertà di espressione ancora limitata e sistematiche offese ai diritti umani delle minoranze. Ma è anche la Cina che nella produzione di scienziati e ricercatori ha superato l’Europa e si colloca dietro gli Stati Uniti. una nazione entrata nel terzo millennio convinta che tutto le è possibile, carica di un orgoglio e di un ottimismo che non hanno eguali nel resto del mondo. A Washington da tempo si considera questa Cina come l’altra superpotenza globale del terzo millennio, l’unica possibile rivale dell’America. Tecnocrate formato nell’Unione sovietica, ex direttore di una fabbrica di auto, legato ai clan politico-economici di Shanghai, Jiang non ha né il carisma né lo spessore strategico di Deng Xiaoping. Ne è stato però un emulo intelligente ed efficace. Con le sue riforme ha dato un altro colpo d’acceleratore all’economia di mercato. Sotto la sua leadership si è diffusa la proprietà privata a tutti i livelli: dalle abitazioni individuali alle grandi imprese. Ha aperto la Cina con una velocità sorprendente alle multinazionali straniere, tanto che oggi questo paese è più aperto e internazionale del Giappone. Ha guidato Pechino verso l´accesso alla World Trade Organization, sanzione istituzionale per l’ingresso di 1,3 miliardi di persone nella sfida dell’economia globale. Ha aperto le frontiere liberalizzando i viaggi all’estero, tanto che oggi ci sono nel mondo più turisti cinesi che giapponesi (21 milioni all´anno). In economia Jiang è talmente ”occidentale” che [...] ha accusato il suo successore Hu di non essere abbastanza liberista: per frenare il surriscaldamento della crescita l’attuale governo ha ordinato alle banche di ridurre il credito; un errore, secondo Jiang, che avrebbe preferito l’uso di strumenti di mercato come l’aumento dei tassi. In politica il bilancio è controverso. Jiang ha consentito per la prima volta nella storia l’iscrizione al partito comunista degli imprenditori privati... come suo figlio, businessman al vertice di varie aziende tra cui il colosso elettronico Grace Semiconductors. La New Left cinese, rappresentata da intellettuali come Wang Hui, sostiene che quella decisione ha sancito la nuova natura del partito comunista, ”ormai più vicino agli interessi dei capitalisti che dei lavoratori”. Nelle relazioni internazionali Jiang è considerato un falco, custode dell’intransigenza sulla questione di Taiwan. In realtà seppe ricucire i rapporti con l’Occidente dopo l’isolamento dell’89. Poi gestì con moderazione esemplare due crisi che potevano diventare gravi: il bombardamento Nato dell’ambasciata cinese a Belgrado nel 1999, e l’aereo-spia americano intercettato sui cieli cinesi nell’aprile 2001. Ma sul suo bilancio politico ciò che pesa di più è proprio l’eredità di Tienanmen. Nella scelta di schiacciare le manifestazioni popolari - contro il parere di un’ala liberal del partito che voleva avviare la Cina verso un’evoluzione simile all’Europa dell’Est - c’è la visione comune a Deng e Jiang secondo cui ”la democrazia occidentale non è adatta alla Cina”. una interpretazione del confucianesimo che giustifica la presunta vocazione paternalista della società cinese. Via via che la parola comunismo perde significato in un paese ormai più capitalista di noi - in fatto di pensioni e sanità la Cina assomiglia più all’America che all’Italia o alla Germania - il modello ideale di Jiang diventa l’autoritarismo di destra di Singapore. (Secondo il sinologo Bruce Gilley, la Cina di oggi assomiglia più alla Spagna verso la fine del franchismo, che non a un paese socialista). In realtà i cinesi non sono allergici alla democrazia. Lo hanno dimostrato nel passato: nel 1911 con Sun Yat Sen, nel 1949 nella breve fase moderata e pluralista del maoismo. [...]» (Federico Rampini, ”la Repubblica” 19/9/2004).