Varie, 29 marzo 2002
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Blatter Sepp
• (Joseph) Visp (Svizzera) 10 marzo 1936. Presidente della Fifa • «Nato a Visp, nel Vallese, calciatore amateur, un breve apprendistato da dirigente nell’hockey su ghiaccio, sport nazionale in Svizzera, è nel giro della Fifa dal 1975: partito come direttore dei programmi di sviluppo, è approdato nel 1981 alla segreteria generale, funzione che ha cumulato con la carica di direttore esecutivo dal 1990. La sua crescita da dirigente si è svolta all’ombra del patriarca brasileiro Joao Havelange, al quale è succeduto l’8 giugno 1998, battendo nettamente lo svedese Lennart Johansson. Piccolo di statura, stempiato, sempre di fretta, sfuggente, curatissimo nel vestire, sul lavoro ha modi spicci e diretti (basti vedere come ha sospeso d’imperio l’inchiesta interna sullo stato delle finanze): come tipo, ricorda vagamente Primo Nebiolo, con il quale, peraltro, era diviso da una cordiale antipatia. L’ex boss della Iaaf, promotore nel ”98 di una linea comune dello sport mondiale contro il doping, non perdonava a Blatter di aver rotto il fronte, staccando il calcio dalla problematica comune. Senza calcio, il fronte antidoping era destinato a franare sul nascere. E così fu […] Lo accusano di aver coperto la corruzione, di aver gestito il governo del calcio come se fosse cosa sua. Lo accusa quello che una volta egli considerava una sua creatura, il suo delfino, il segretario generale Michel Zen- Ruffinen. […] Parlando cinque lingue, non fa fatica a farsi un’idea internazionale di quel che avviene nel mondo e intorno a lui. […] Nella sua lunga carriera ha superato momenti molto difficili, come sempre capita agli uomini di valore che inseguono un obiettivo di primissimo livello. E li ha sempre superati grazie a una capacità di lavoro e a un istinto di sopravvivenza davvero formidabili. […] La presenza di Blatter nel Cio è olimpicamente sopportata: le sue ”toccate e fuga”, anche quando si discute dei massimi sistemi, sono mal sopportate. Piace il suo progressismo moderato: ha detto sì alla Coppa del mondo in Africa [...] no all’eccesso di tecnologia in campo. Il colonnello ha attraversato tutte le fasi della crescita recente del calcio: ne è stato buon gestore in termini di immagine, e anche economicamente, sostiene lui, la sua gestione è esente da errori. [...]» (Claudio Colombo, ”Corriere della Sera” 5/5/2002) • Rieletto nel 2007: «Se entra in una stanza, non c’è bisogno di annunciarlo: Joseph Blatter, il colonnello Sepp per amici e non, si riconosce dal profumo. Che è dolciastro e, soprattutto, eccessivo. Il fortissimo aroma lo precede e quando arriva trova tutti in piedi, pronti all’inchino: il bacio sulla guancia è troppo, si rischia lo svenimento. Sorride spesso, come chi vive davanti a telecamere e obbiettivi fotografici. Rotondetto, veste benissimo e in scuro, cravatte dai toni tenui. abituato a comandare e non per il grado di colonnello: Blatter [...] Si è dato alla vita militare e poi allo studio: laurea in Economia all’università di Losanna, tante ore passate in riva a lago con un libro in mano. diventato subito segretario generale della federazione di hockey. Nel 1975 fece il suo ingresso nel vecchio palazzo della Fifa, dove sino al 1981 ha ricoperto il ruolo di direttore tecnico, quindi per diciassette anni ha fatto il segretario generale, fedele e saggia ombra del presidente Joao Havelange. L’otto giugno del 1998 è diventato presidente, battendo allo sprint Lennart Jhoansson. Nel 2002 ha concesso il bis, dribblando il capo del calcio africano, un simpatico principe camerunense, Issa Hayatou. Ha superato scandali e polemiche. Venne attaccato addirittura dal suo segretario, Michel Zen Ruffinen, che lo accusò, diciamo così, di adottare una gestione enonomica della Fifa particolarmente allegra. Adesso non ha rivali: è il solo candidato. Tutto il mondo si è arreso. Troppo bravo lui e troppo deboli gli altri. Eppure ne commette di errori. La gaffe di Berlino fu mondiale e memorabile: non premiò gli italiani e per mesi e mesi ha cercato invano scuse che potessero reggere. Poi, una volta andato in Australia, sentendosi lontano e libero, confessò: meritavate voi di vincere, non gli italiani. Grande, unico, Blatter, capace di cambiare opinione iogni volta che supera una frontiera. Hanno inventato la talevisione, Internet, i giornali: non si può più fare. Lui smentisce, però non basta. Un giorno vuole allargare le porte, un altro aumentare i campi, un terzo diminuire il numero dei giocatori. Combatte una sua personale battaglia a favore dello spettacolo. Odia la moviola e ama gli arbitri. Da tipico svizzero, valuta gli uomini dal portafoglio [...] Il calcio con lui è un affare e lo porta dove può lanciarlo: negli Stati Uniti, in Giappone, in Africa. solo e fa come gli pare» (Roberto Renga, ”Il Messaggero” 31/5/2007).