Alberto Papuzzi, "La Stampa" 27/3/2002., 27 marzo 2002
«Perché Levi riuscì a uscire vivo da Auschwitz? "Penso a una combinazione di diversi fattori. Il primo, e più importante, la fortuna
«Perché Levi riuscì a uscire vivo da Auschwitz? "Penso a una combinazione di diversi fattori. Il primo, e più importante, la fortuna. Un secondo fattore fu la peculiare natura dell’intelligenza di Primo Levi: senza saperlo, era una specie di Darwin del Lager. La curiosità di capire l’orrore del campo mantenne agile la sua mente. Imparò a destreggiarsi, a procurarsi più cibo, a rubare per la borsa nera. Verso la fine fu importante la laurea in chimica, che gli permise di passare l’ultimo inverno nel chiuso di un laboratorio. Infine, era giovane e senza legami: non soffrì il trauma di vedere la moglie o i figli dall’altra parte del campo, o avviati al gas. La vita ad Auschwitz era così precaria che bastava un niente per salvarsi o perire. Nel caso di Levi, per esempio, è decisivo l’incontro, e l’amicizia, con Lorenzo Perrone, un operaio civile fossanese che gli porta ogni giorno per sei mesi una seconda razione di rancio insieme a un po’ di pane"» (Ian Thomson, autore di una biografia di Levi).