Lisa maccari - Macchina del Tempo anno3 n.4 aprile 2002 pagg.120-122, 4 aprile 2002
Ma di quanto fu debitore, quest’ultimo, al suo eclettico avo? Lo abbiamo chiesto al professor Marco Vannini, direttore del museo di scienze naturali La Specola di Firenze, ed esperto di zoologia evolutiva
Ma di quanto fu debitore, quest’ultimo, al suo eclettico avo? Lo abbiamo chiesto al professor Marco Vannini, direttore del museo di scienze naturali La Specola di Firenze, ed esperto di zoologia evolutiva. «L’idea che le specie non fossero immutabili era emersa già da tempo» dice il naturalista. «Il più noto, tra i primi evoluzionisti, era stato il francese Jean-Baptiste de Monet, meglio conosciuto come il Cavaliere di Lamarck. Egli sosteneva che gli individui potevano trasmettersi di generazione in generazione i tratti fisici e caratteriali acquisiti nel corso della vita. Oggi sappiamo che questa ipotesi è errata: soltanto i tratti impressi nel nostro patrimonio genetico, per ereditarietà diretta, o per mutazione casuale, possono passare ai discendenti. Ma fu importantissimo l’aver compreso che esiste un’origine comune tra tutti i viventi; che questi non si evolvono in linea retta, dal più primitivo al più sofisticato, ma possono differenziarsi in parallelo, dando origine a più specie diverse». E quali sono stati, dunque, i contributi originali di Darwin senior alla sintesi finale compiuta poi da suo nipote? «Erasmus introdusse il concetto di selezione, e di competizione tra individui per accoppiarsi e riprodursi: i più validi generano più figli, ”migliorando” in tal modo la specie».