John McCrone - Macchina del tempo anno 3 n.4 aprile 2002 pagg.124-129, 4 aprile 2002
Il compleanno del bugiardo. Improvvisamente fioriscono le ricerche sulle caratteristiche che presenta il cervello di un mentitore
Il compleanno del bugiardo. Improvvisamente fioriscono le ricerche sulle caratteristiche che presenta il cervello di un mentitore. Sul versante dell’alta tecnologia, il dipartimento statunitense della difesa sta finanziando uno studio sulla funzionalità cerebrale di soggetti che mentono, effettuato tramite la risonanza magnetica da Stephen Kosslyn, psicologo dell’Università di Harvard. Kosslyn riconosce che i primi risultati non sono poi così incoraggianti. Si direbbe che l’attività cerebrale di chi mente non sia affatto coerente, ma è ancora troppo presto per tirare delle conclusioni. Vi sono almeno sei altri laboratori statunitensi che stanno effettuando delle misurazioni dell’EEG. Finora i maggiori successi sono stati ottenuti da Peter Rosenfeld, della Northwestern University, nell’Illinois. Mentre la tecnica di Farwell è imperniata sul test della competenza del colpevole, che rivela se una persona si ricorda o meno di un determinato fatto, Rosenfeld ha scoperto di recente una sensibile distorsione del segnale P300, apparentemente dovuta al fatto che quando si vuol raccontare una balla ci si deve concentrare. Ai soggetti dell’esperimento di Rosenfeld sono state presentate lunghe liste di numeri casuali a quattro cifre, tra i quali era stato inserito anche l’anno di nascita del soggetto: la comparsa di quel numero bastava a determinare un sussulto di riconoscimento nel P300. Alcuni volontari erano stati istruiti a rispondere «No», qualora fosse stato loro chiesto se l’avevano visto. Nell’istante in cui mentivano, si è visto che la distribuzione della potenza del segnale P300 sul cuoio capelluto assumeva una configurazione distintamente riconoscibile. Rosenfeld spera perciò che in futuro i test EEG riveleranno sia un’eventuale competenza del colpevole, sia se le persone stiano cercando di mentire durante l’interrogatorio. Quello che ha colto tutti di sorpresa è stata la pubblicazione, in febbraio, di una versione a bassa tecnologia del test della competenza del colpevole, che non ha bisogno di scanner o di elettrodi, ma si limita a misurare i tempi di reazione. Travis Seymour e Colleen Seifert, dell’Università del Michigan, ad Ann Arbor, hanno replicato con precisione lo stesso scenario spionistico allestito da Danchin e Farwell, ma si sono limitati a cercare i momenti d’esitazione nelle risposte dei soggetti. Seymour afferma di aver riscontrato che coloro i quali dichiaravano la verità sul fatto che un’espressione riusciva del tutto nuova, premevano il bottone del «No» nel giro di mezzo secondo. I soggetti che mentivano, invece, impiegavano più o meno un secondo per farlo. Anche se sapevano che la cosa li stava smascherando, e se avevano avuto l’opportunità di allenarsi, non riuscivano a reagire più velocemente. «Si direbbe che questo sia un modo ultraeconomico e facile per eseguire il test della competenza del colpevole», osserva Seymour. «Tutto ciò che occorre è un comune PC e una tastiera. Non c’è bisogno di elettrodi». Comunque, aggiunge, per approfondire ulteriormente questo studio ci vorrebbe molto più lavoro. In ogni modo si direbbe che i recenti studi sull’EEG abbiano delle genuine potenzialità. I difensori dei diritti civili sono avvertiti. Può anche darsi che un domani avremo ancora il diritto di non rispondere. Ma a quel punto tacere non avrà un gran senso, se l’inquisitore sarà capace di leggerci nel pensiero.